La Lista Dei Profili Psicologici. Juan Moisés De La Serna

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La Lista Dei Profili Psicologici - Juan Moisés De La Serna

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non aveva ancora abbassato l’arma.

      –I profili!, quando e dove deve consegnarli?― chiese l’autoritario, avvicinando ancora di più l’arma.

      –Non lo so, non l’hanno detto― risposi, cercando di essere il più convincente possibile.

      –Vuole dirci che è venuto qualcuno a darle un incarico, e non sa se la pagherà, nè quando e dove deve consegnare il frutto dell’incarico?― chiese, sarcastico, il secondo uomo con la giacca.

      –Sì!― cercai di dire con voce strozzata.

      –Non è credibile, ci sta facendo perdere tempo, ma crede che siamo scemi?― chiese di nuovo l’uomo nervoso mentre camminava da un lato all’altro della stanza.

      –Vi ho detto tutto quello che so, cos’altro volete da me?

      –La verità!, per cominciare― disse l’uomo che mi teneva la pistola puntata con voce autoritaria.

      –Ve l’ho già detta. E’ venuto, mi ha dato l’incarico,mi ha dato la busta, e poi se n’è andato. Dentro ho trovato le schede di tre persone e i biglietti.

      –Molto astuto, lei è un corriere― affermò quello che aveva la voce autoritaria mentre abbassava l’arma.

      –Un cosa?― chiesi, confuso.

      –Un corriere, qualcuno che va in qualche posto senza conoscere la sua destinazione, così se la prendono non può dire nulla― spiegò in tono euforico l’uomo nervoso.

      –E’ una buona cosa?― chiesi, senza sapere se era l’uscita da quella situazione.

      –Non creda che per questo è libero, è colpevole come gli altri, solo che è meno informato― affermò l’uomo autoritario.

      –Allora?― chiesi, vedendo che la situazione si stava tranquillizzando.

      –Allora lei finisce il suo lavoro, ma noi saremo lì, non la perderemo mai di vista. Il problema è che è fuori dalla nostra giurisdizione, e non ho alcuna autorità in qiesti paesi, quindi le assegneremo un compagno.

      –Un compagno?― chiesi senza sapere di cosa si trattasse.

      –Sarà il suo cane guardiano e ci darà buon conto della sua performance. Se si comporta bene e collabora, potrebbero ridurre la pena.

      –Ancora con la pena!― protestai contro quella minaccia.

      –Non crederà mica che verrà liberato?― chiese l’uomo nervoso mentre guardava l’arma.

      –Domattina avrà visite, e da lì deve fare quello che dico, intesi?

      –Sí, certo, ho capito― risposi, mentre vidi che il nervoso raccoglieva i biglietti che aveva ritirato.

      –Nel caso ci voglia fregare ci portiamo via i fogli con i biglietti, la sua carta di identità e il passaporto, certo, dov’è?

      –Sul comodino― risposi mentre allungavo le mani unite con le fascette di plastica a mo’ di manette.

      Dopo avermi sequestrato il passaporto e aver tagliato le fascette, mi dissero:

      –E’ come un’operazione sotto copertura, non deve fare sciocchezze, nè far sospettare la nostra presenza, collabori e tutto andrà bene.

      Detto questo, uscirono dalla stanza da letto, camminando all’indietro proprio come avevo visto fare a quelli che avevano i mitra.

      Dopo aver respirato profondamente diverse volte, uscii dalla stanza da letto e vidi che sulla porta c’era una receptionist con la testa dentro la stanza, ma senza entrare.

      –Va tutto bene?― chiese, vedendomi uscire dal dormitorio.

      –Sí, credo di sì.

      –Che è successo?― chiese ancora.

      –Un equivoco― risposi, cercando di defilarmi.

      –Mi hanno obbligata ad aprirgli― disse in tono di scuse.

      –Va bene così!, non si preoccupi― dissi, mentre osservavo il disordine che avevano fatto entrando con la forza.

      Uscii dalla stanza e mi diressi alla sedia dove ero solito stare a leggere i giornali e come se fosse una notte qualsiasi, mi lasciai cadere sopra di essa. Guardandomi attorno, dissi tra me e me “in che guaio mi sono cacciato?”.

      E abbassando la testa, mi sono accorto che sopra il comodino c’erano ancora i resti del sigaro del mio primo visitatore.

      CAPITOLO 2. LEI

      La giornata era iniziata come una qualunque. Ricordavo a malapena i dettagli del giorno precedente, anche se quando misi mano al portafogli vidi che mancavano i documenti e ricordai quello che era successo la notte precedente.

      A dir la verità, non riuscivo a ricordare i dettagli su quegli agenti che erano entrati con le armi, ma ricordavo che l’unica cosa che avevano fatto era minacciarmi e dirmi che mi avrebbero messo in prigione. Nessuno dei loro discorsi aveva senso, e i loro modi non mi sembravano molto professionali.

      In qualunque paese civile che si rispetti, si ha bisogno di un mandato per entrare in una casa, e perchè avevano così tante armi?

      Chiusi il portafoglio e finii di vestirmi quando sono uscito nel piccolo corridoio della mia stanza, dove per terra c’era ancora qualche oggetto , rotto da quegli agenti, dei quali non ricordavo bene a quale organo di governo avevano detto di appartenere.

      Presi una valigetta che usavo per trasportare i libri, e guardai l’orologio, “se mi sbrigo riesco ancora a prendere il treno delle 7:00”.

      Detto questo, uscii in fretta dalla mia stanza d’albergo, quando all’improvviso vidi, appoggiata a una delle pareti vicine all’ascensore, una donna vestita con una gonna plissettata rossa.

      –Buongiorno― le dissi, pensando che fosse un’altra cliente dell’hotel.

      –Buongiorno?, è così che tratta i suoi clienti? ― rispose con tono di disprezzo.

      –Cliente?, deve esserci un errore. Non ho mai portato nessuno qui. Se ha un appuntamento faccia come gli altri, vada alle mie sedute, infatti, sto andando proprio lì.

      –Un appuntamento?, non mi serve un appuntamento― rispose con quel tono di sfida.

      –Beh, sarà per un’altra volta, ho dei clienti che mi stanno aspettando. Buongiorno― risposi, dirigendomi verso l’ascensore.

      –Dove crede di andare?― chiese la donna, mettendosi accanto a me, con l’ascensore alle spalle.

      –L’ho appena detto― risposi, mentre premevo il tasto di chiamata. ―E, se non le spiace, mi piacerebbe che si facesse da parte.

      –No― disse categoricamente.

      –No?― chiesi, stuito per quell’atteggiamento.

      –Vedo che non si ricorda di me― disse la donna.

      –No, non credo, ho una buona memoria e se l’avessi vista probabilmente potrei dirle dov’era e

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