Le Novelle della Pescara. Gabriele D'Annunzio

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Le Novelle della Pescara - Gabriele D'Annunzio

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nell'ombra, altre zone emergevano illustrate; e, come l'ombra era turchina e mobile, la campagna così dava apparenza di un arcipelago che galleggiasse copioso d'alberi e di fromento. Il canto degli uccelli lodava la maturità delle biade.

      Al primo spettacolo Orsola ebbe un insolito ristoro; poichè la libertà della campagna, la felicità della luce sul fogliame, gli odori cordiali dell'aria circondandole d'un tratto la persona le mossero il sangue, e la nuova speranza in lei al dispiegarsi dell'orizzonte si fortificò ed esultò. Ella si alleggeriva di tutte le angosce, vivendo per due sentimenti soli, per la speranza della salvazione corporea e pel desiderio di raggiungere la meta. In fondo, alla meta, ella vedeva nella sua fantasia sorgere il vecchio benefico e illuminarsi misticamente. Per una nativa tendenza superstiziosa, ella trasformava quella figura, la ingigantiva e la vestiva di una dolcezza cristiana, la cingeva di nimbo. Allora tutte le dicerie che correvano tra il volgo le tornarono alla memoria confusamente e gittarono sprazzi di luce meravigliosa su la fronte di Spacone. Allora ella si rammentò che Rosa Catena, in un giorno lontano della malattia, aveva parlato del Vecchio con una reverenza devota citando miracoli. — Un cieco di Torre de' Passeri era andato a San Rocco ed era tornato dopo tre dì con gli occhi che ci vedevano e con una cifra turchina su la tempia. Una femmina di Spoltore, invasa dagli spiriti maligni, era tornata mansueta come un'agnella, dopo aver bevuto due sorsi d'un'acqua custodita in una piccola zucca secca.

      Così a poco a poco, lungo il cammino, pel concorso di tanti elementi sparsi si venne formando nella mente di Orsola una specie di leggenda. E a poco a poco, giacchè nulla possono gli uomini senza l'assistenza di Dio, sorse anche la persuasione che il vecchio fosse un inviato del cielo, un redentore delle anime dalla dipendenza corporale, un distributore di grazie celesti su la terra ai caduti. — La speranza estrema non era discesa su la peccatrice improvvisamente, quasi per influsso divino, fra i segnali accesi nell'aria? E nella Pentecoste la colomba non aveva balenato dall'alto, agli occhi della pregante, un lampo di buona promessa?

      La promessa ora si compiva nel santo giorno del Corpus Domini. Orsola dunque, tutta calda di fede e di giubilo, andava su la polvere della via nuova, non curando la fatica dei passi. Ai due lati, le siepi biancheggiavano come coperte di escrementi d'uccelli. Gruppi di pioppi sonori stavano su i limiti; e i tronchi inargentati riverberavano le variazioni della luce. Le contadine della Villa del Fuoco, nane, co 'l naso camuso, con le labbra schiacciate, femmine cafre dalla pelle bianca, venivano incontro a due, a tre. Le vicende delle nuvole occupavano l'immenso teatro della campagna.

      Orsola passò il Mulino, passò la Villa. Una energìa nervosa le animava il passo. Ella si sentiva battere il vento su la nuca e sentiva sul capo a intervalli stormire i pioppi. Ma l'oscillare delle ombre e la polvere cominciavano a turbarle un poco la visione; il calore del moto le affluiva alla testa; la volontà era tutta occupata nell'insolito sforzo materiale dell'incedere. Ella così andò innanzi in una specie di stordimento crescente che si mutava in malessere; e, vinta dalla fatica e dal caldo, si lasciò allettare da un mucchio di olivi messi in salita a sinistra.

      Passavano quattro o cinque zingari seminudi, bronzini, con amuleti luccicanti sul petto, a cavalcioni di certi asini rossastri. Uno di loro fischiava urtando con le calcagna il ventre della sua bestia. Tutti avevano in mano canne e portavano bisacce di pelle su le cosce. Guardarono la donna rifugiata sotto gli olivi e mormorarono ridendo.

      Orsola ebbe paura di quegli occhi che mostravano il bianco nello sguardo, e stette sbigottita finchè il gruppo non si allontanò. Lo scoraggiamento incominciava a impadronirsi di lei; la solitudine cominciava ad esserle paventosa, poichè nella campagna correva per lunghi brividi l'annunzio della pioggia e un silenzio quasi lugubre scendeva nell'aria dalle nuvole raccolte. Ella s'era appoggiata ad un tronco: freschi soffi intermessi le investivano la persona e le gelavano il sudore nei pori, soffi che accorrevano a lei co 'l fruscìo di un animale furtivo nell'erba; mentre in torno il tremolìo del sole pareva un riverbero d'acque lontane. Pallidi fiori d'un giallo sulfureo facevano onda a pie' degli olivi.

      Un ricordo scese allora dai buoni alberi su l'animo della donna. — La chiesa era tutta piena di palme benedette e di aromi, quel giorno; ed ella andava tra il popolo sorretta dalle braccia di Marcello, in un gran tremore... Ma, come ella si soffermò in quel pensiero, le si smarrì la memoria; tutto le sfuggì in una incertezza di sogno. Soltanto, colpi sordi le batterono il cuore, sussulti d'angoscia le affannarono il respiro. Ella aveva ora la sensazione ottusa di un sopore che le cadesse sul cervello con la pesantezza d'un colpo di maglio. Un resto di volontà vigile le bastò a scuotersi debolmente e a discendere nella strada.

      Le nuvole raccolte verso la Maiella avevano preso il colore diafano e grigio di una massa pendula d'acque. Larghe trombe si avvicinavano dalla marina più cariche; e ancora qualche azzurro campo si dilatava nell'alto. Un odore di umidità già saliva dalla polvere, da tutta la campagna ansante nell'aspettazione. Gli alberi immobili parevano assorbire la luce, si levavano anneriti in mezzo alla fumea dell'aria, popolavano di forme incerte la lontananza.

      Orsola camminava con una fatica immensa, sentendo che le forze stavano per abbandonarla. — Ecco, pensava, arriverò a quell'albero e poi cadrò. — Ma non cadeva. Si scorgevano a destra le case di San Rocco. Un contadino veniva in contro a corsa.

      — Buon uomo, è quello San Rocco?

      — Sì, sì, voltate alla prima scorciatoia.

      Grosse gocce sonanti cominciarono a cadere; poi d'un tratto la pioggia crescente rigò l'aria di lunghe frecce bianche, di lunghe sferze che percotendo schioccavano. Un sommovimento mostruoso agitò allora le nuvole: sprazzi di raggi eruppero di qua, di là. Tutte le colline, in fondo, a traverso le liste della pioggia si accesero un attimo e si rispensero. Una fievole serenità d'argento si levò su la Maiella, parve acuirsi come una spada sottile.

      Orsola tentava di correre verso la quercia distante un tiro di schioppo. Le gocce le battevano su la nuca, le scivolavano per la schiena, le colpivano la faccia; e già le vesti erano tutte molli sino alla pelle. I passi le mancavano sul terreno sdrucciolevole. Ella cadde e si rialzò, due volte. Poi, quasi folle, si mise a gridare verso la casa.

      — Aiuto! aiuto!

      Una femmina uscì dalla porta e venne a sorreggerla, seguita da due cani che abbaiavano.

      Orsola si lasciò condurre senza poter più proferire una parola a traverso i denti serrati, livida, con la faccia stravolta. Non si riscosse se non dopo qualche tempo, per le domande che l'ospite le faceva. E allora, repentinamente, all'udire il nome di Spacone, si ricordò di tutto.

      — Ah, dov'è Spacone? — chiese.

      — È a Popoli, donna santa: l'hanno chiamato.

      Orsola non resse più: cominciò a singhiozzare e a strapparsi i capelli.

      — Che volete, donna santa? che volete? Io sono la moglie; ci son qua io... — miagolava la strega, trattenendole i polsi, incitandola a parlare.

      Orsola esitò un momento; poi disse tutto, a precipizio, tra i singulti, coprendosi la faccia.

      — Aspettate. Il rimedio c'è; ma costa cinquanta soldi, donna santa — fece la strega in quel suo idioma tutto molle di vocali, cantando quel bello appellativo per intercalare.

      Orsola sciolse un nodo nel fazzoletto e offerse cinque piccole monete d'argento. Poi aspettò, più calma.

      La stanza era vasta, ma bassa. Le pareti, su cui qua e là il salnitro fioriva, apparivano scagliose e verdastre. Rozzi idoli cristiani di maiolica popolavano quel fondo di spelonca; forme strane di utensili e di stromenti ingombravano le tavole. Era come un aspro santuario custodito da un semplicista monaco.

      La

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