Olanda. Edmondo De Amicis

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Olanda - Edmondo De Amicis

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       Edmondo De Amicis

      Olanda

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066072049

       ZELANDA.

       ROTTERDAM.

       DELFT.

       L’AJA.

       LEIDA.

       HAARLEM.

       AMSTERDAM.

       UTRECHT.

       BROEK.

       ZAANDAM.

       ALKMAAR.

       HELDER.

       IL ZUIDERZEE.

       FRISIA.

       GRONINGA.

       DA GRONINGA AD ARNHEM.

      Chi guarda per la prima volta una grande carta dell’Olanda, si meraviglia che un paese così fatto possa esistere. A primo aspetto, non si saprebbe dire se ci sia più terra o più acqua, se l’Olanda appartenga più al continente che al mare. Al vedere quelle coste rotte e compresse, quei golfi profondi, quei grandi fiumi che, perduto l’aspetto di fiumi, par che portino al mare nuovi mari; e quel mare che, quasi cangiandosi in fiume, penetra nelle terre e le rompe in arcipelaghi; i laghi, le vaste paludi, i canali che s’incrociano in ogni parte, pare che un paese così screpolato debba da un momento all’altro disgregarsi e sparire. Si direbbe che non possa essere abitato che da castori e da foche, e si pensa che gli abitanti, poichè c’è gente tanto ardita da starvi, non ci debbano dormire coll’anima in pace.

      Pensai queste cose la prima volta che guardai una grande carta dell’Olanda, e mi venne il desiderio di sapere qualche cosa intorno alla formazione di questo singolare paese; e siccome quello che ne seppi mi determinò a fare il libro, lo scrivo qui, colla speranza che possa determinare altri a leggerlo.

      Di un paese che non si conosce, si suol fare a chi lo vide questa domanda:—Che paese è?

      Che paese sia l’Olanda l’hanno detto molti in poche parole.

      Napoleone disse ch’è un’alluvione di fiumi francesi,—il Reno, la Schelda e la Mosa,—e con questo pretesto l’aggregò all’Impero. Uno scrittore la definì una sorta di transazione fra la terra e il mare. Un altro, un’immensa crosta di terra che galleggia sulle acque. Altri, un annesso del vecchio continente, la China dell’Europa, la fine della terra e il principio dell’oceano, una smisurata zattera di fango e di sabbia; e Filippo II—il paese più vicino all’inferno.

      Ma sur un concetto furon tutti d’accordo, e lo espressero tutti colle stesse parole:—L’Olanda è una conquista dell’uomo sul mare,—è un paese artificiale,—lo fecero gli Olandesi,—esiste perchè gli Olandesi lo conservano,—sparirebbe se gli Olandesi lo abbandonassero.

      Per rendersi ragione di questa verità, bisogna raffigurarsi l’Olanda com’era quando andarono ad abitarla le prime tribù germaniche che erravano in cerca di una patria.

      L’Olanda era un paese quasi inabitabile. Eran vasti laghi tempestosi, come mari che si toccavano l’un l’altro; paludi accanto a paludi; sterpeti dietro sterpeti; immense foreste di pini, di quercie e d’ontani, percorse da stormi di cavalli indomiti, nelle quali, come dice la tradizione, si sarebbe potuto far delle leghe passando d’albero in albero senza toccare la terra. Le baie profonde portavano fin nel cuore del paese la furia delle tempeste boreali. Alcune provincie sparivano una volta all’anno sotto le acque del mare, ed erano pianure fangose, nè terra nè acqua, sulle quali non si poteva nè camminare nè navigare. I grandi fiumi che non avevano inclinazione bastante per discendere al mare erravano qua e là come incerti della via da seguire e s’addormentavano in grandi stagni fra le sabbie della costa. Era un paese sinistro, corso da venti furiosi, flagellato da pioggie ostinate, velato da una nebbia perpetua, nel quale non s’udiva che il muggito delle onde e le voci delle fiere e degli uccelli marini. I primi popoli che ebbero il coraggio di piantarvi le tende, dovettero innalzare colle proprie mani dei monticciuoli di terra per salvarsi dagli straripamenti dei fiumi e dalle invasioni dell’oceano, e vivere su quelle alture come naufraghi su isole solitarie, scendendo al ritirarsi delle acque per cercare un nutrimento nella pesca e nella caccia, e raccogliere le uova deposte dagli uccelli marini sulle sabbie. Cesare, passando, nominò pel primo quei popoli. Gli altri storici latini parlarono con pietoso rispetto di que’ barbari intrepidi che vivevano su «terre galleggianti» esposti alle intemperie d’un cielo spietato e alle collere del misterioso mare del Nord; e l’immaginazione si compiace a raffigurarsi i soldati romani che dall’alto delle estreme cittadelle dell’impero percosse dalle onde, contemplavano con tristezza e con meraviglia le tribù erranti per quelle terre desolate come una razza maledetta dal cielo.

      Ora, se si pensa che una tal regione è diventata uno dei più fertili, dei più ricchi e dei meglio ordinati paesi del mondo, si capisce come sia giusto il dire che l’Olanda è una conquista dell’uomo.

      Ma bisogna aggiungere: è una conquista continua.

      A spiegare questo fatto, a mostrare come l’esistenza dell’Olanda, malgrado le grandi opere di difesa che gli abitanti vi costrussero, richieda ancora una lotta incessante e piena di pericoli, basta rammentare di volo alcune fra le vicende principali della sua storia fisica, a partir dal tempo in cui gli abitanti l’avevano già ridotta una terra abitabile.

      Le tradizioni parlano già di una grande inondazione della Frisia nel sesto secolo. D’allora in poi, ogni golfo, ogni isola, e si può dir quasi ogni città dell’Olanda ricorda una catastrofe. Da tredici secoli si conta che vi sia seguita una grande inondazione ogni sette anni, oltre le piccole; e perchè il paese è tutto pianura, queste inondazioni furon veri diluvii. Verso la fine del tredicesimo secolo il mare disfece

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