Solo Per Uno Schiavo. Svyatoslav Albireo
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“Sarà fatto, Padrone.”
CAPITOLO OTTO
Prima di cena, Aletta fece un clistere -in via preventiva- ad Alon. La Compagnia si diede appuntamento, subito dopo, al ballo. Lì, il giovane Ad stava già dettando legge sulla pista. La Bestia si guardava, erratico, attorno. Era alla ricerca di una persona, una sola, che potesse anche solo lontanamente essere spacciata per un Protettore degno di una tale bellezza. Ne trovò un bel po’ e tutti, -tutti- la fissavano, quella bellezza.
“Eccolo lì,” sibilò, maligno, Amir.
Aletta colpì Alon sulla nuca.
“Datti da fare,” gli disse. “O mi darò da fare io, col tuo amico di gomma.”
Le minacce della Padrona non erano mai vane. Quella, nello specifico, l’aveva già attuata. Lei, placidamente addormentata. E lui, tutta la notte a pecorina, inesorabilmente pieno di quel mostro sintetico.
Si mosse tra la folla, infastidito. L’idea di umiliare -di nuovo- Ad, in pubblica piazza, lo faceva sentire uno schifo. Non era riuscito a salvarlo la prima volta e doveva sottoporlo a nuovi, imbarazzanti, pericoli. Però, quando se lo trovò davanti, non poté fare a meno di essere felice. Era così bello, sarebbe rimasto ore a guardarlo. Ma non fece in tempo ad assaporare quel momento, che venne circondato da dozzine di uomini e donne. Tutti sorridenti, tutti che tentavano di attirare la sua attenzione, tutti che volevano ballare con lui. La Bestia, però, aveva una missione. Non si fermò e si avvicinò ulteriormente al ragazzo. Ballava da solo. O, almeno, ci stava provando. Un tizio assurdo lo stava letteralmente trascinando a sé. Lui resisteva, ma per quell’uomo -essendo maschio- “No” sembrava significare “Sì” e “Sparisci” lo percepiva come “Prendimi, sono tuo”. Ad aprì gli occhi, pronto a graffiare quel proto-stupratore. Quando, d’improvviso, vide Alon. E avrebbe sì voluto graffiare, ma in tutt’altra maniera. I due si guardarono e tutto il resto sparì. Alon abbracciò quel corpo sottile, baciandolo sul collo. L’altro si strusciò lascivo su tutti quei muscoli ondeggianti.
“Dov'è il tuo protettore?”
“Proprio qui.”
Alon annuì, credendo che al Magnaccia piacesse guardare il suo ragazzo venire scopato da estranei. L’innocenza.
Quindi, lo sollevò e -una volta che quelle lunghe gambe furono saldamente allacciate alla sua vita- sussurrò, “Devo strapparteli di dosso o te li togli da solo?”
Ad rise di gusto. Alon si ritrovò a sorridere. Perché si sentiva sempre così bene, quando stava assieme a lui?
“Me li tolgo io,” disse, ma rimase immobile. “Poi, che devo fare? Devo implorarti di smettere e cercare di scappare?”
“Sì,” sospirò Alon, direttamente nell’orecchio di quella graziosa creatura.
E lo show ebbe inizio.
Di nuovo a terra, Ad iniziò a tremare. Sotto lo sguardo della Bestia, lentamente, si tolse i sottili pantaloni bianchi.
Niente biancheria intima.
‘Fanculo l’autocontrollo. Alon lo afferrò, come aveva visto fare a tanti -troppi- padroni e lo risollevò. Il giovane gli si aggrappò alle spalle, sospirando. In un attimo, lo Schiavo lo penetrò.
Senza alcuna fatica.
Quel birichino si era preparato, anche quella volta, in anticipo. Alon, di conseguenza, non si fece problemi a scoparlo -forte- davanti a tutta la sala. In pochi minuti, gli venne dentro.
L’Efebo si riversò tutto sui suoi addominali.
Ma non era finita.
La Bestia lo buttò a terra, ma non si sdraiò sopra di lui. Rimase in ginocchio, imponente e dominante, ad osservarlo dall’alto. Poi, allungò le mani sui suoi capezzoli turgidi. Ad si ricordò all’ultimo di dover fingere di stare subendo una violenza e lo spinse via. Alon non si fece intimorire e continuò. Il giovane si lamentava e la sua voce era così dolce che quasi ci credette. Quasi. Ma la folla, invece, si lasciò fregare. Alcuni ridevano, alcuni incitavano, alcuni applaudivano, tutti approvavano.
“Ti prego! Lasciami, ti prego!” implorava il ragazzo.
Alon non obbedì. Le spinte si fecero veloci e violente. Ad cercò in tutti i modi di allontanarsi, costringendolo a bloccargli i polsi. Così sottili che gli servì una sola mano. L’altra la usò per chiamare uno dei camerieri. A quei balli, servivano sempre un cocktail speciale. Lo Sborratore, si chiamava. Un nome, una garanzia. Ne trangugiò due di seguito. Al terzo, però, non ingoiò. Si chinò a baciare Ad e passò il liquido nella sua bocca.
Gli effetti ebbero subito presa sul ragazzo. Divenne più lascivo, più trattabile.
Lo Schiavo, subendo gli effetti sia del drink che dell’amante, ne approfittò subito.
I due divennero un groviglio di carne, sudore e singhiozzi. Tutto era delizioso. Talmente delizioso che Al quasi si scordò dell’unica richiesta, più o meno, sensata di Gene. Coronò quella scopata epica pisciando addosso al bellissimo giovane. Quello non si lasciò scappare nemmeno una goccia. O, almeno, così aveva pianificato. Pioggia dorata cadde sulla sua pelle ambrata. Quando un fiotto gli finì negli occhi, si ricordò il patto. Iniziò quindi a urlare e tentare di allontanarsi. Poi, colpì l’inguine della Bestia con un pugno. Faceva tutto parte della performance. Esattamente come la reazione che ne seguì. Un frustino apparì letteralmente dal nulla -e con nulla si intende uno dei Padroni lì accanto- e venne abbattuto sulle membra di quell’impertinente. Il tutto continuando a svuotarsi la vescica. Una volta finito, gli diede un buffetto sulla guancia. Si girò e se ne andò. Il ragazzo rimase in mezzo alla sala, nudo, le mani a coprire il volto. Un uomo sulla cinquantina fece cenno a un cameriere che si avvicinò subito al ragazzo in lacrime. Alon pensò si trattasse del suo Protettore. Sembrava un tipo tosto. E si allontanò tranquillo.
“Bravo! Ottimo lavoro!” si complimentò Aletta.
Amir non aggiunse nulla.
Era fatta, poteva rilassarsi. Per modo di dire.
La serata proseguì come al solito, tra cocktail afrodisiaci e sessioni coatte di BDSM. Dopo, la donna affidò Alon a Stine. Sarebbe stato lui a condurlo in cabina. Lei aveva da fare, ma li avrebbe raggiunti. Ciò significava che Alon non avrebbe nemmeno potuto pensare di rilassarsi, quella sera.
Stine si accese una sigaretta, mentre si guardava attorno.
“Vieni qui, mettiti a quattro zampe e alza il culo,” gli ordinò.
Alon obbedì. La noia che lo assaliva di già.
***
Ad, coincidenza, stava leggendo proprio lo stesso libro che aveva appassionato Alon quella mattina. Solo che a lui nessuno lo avrebbe portato via. Nessuno lo avrebbe interrotto. Tranne Aletta. La donna piombò nella sua cabina, senza bussare né annunciarsi. Il giovane era talmente scioccato da tanta superbia che nemmeno reagì.
“Ma ciao, sgualdrina,” salutò.