Scherzi Del Diavolo. Marco Fogliani
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Dario gli consegnò la carta di identità mentre riceveva le chiavi. “Ma… come facevi a sapere che mi chiamo Dario?“
Abdul gli mostrò di nuovo l'abbonamento. “Sono uno a cui non sfugge quasi nulla, caro mio.”
Quella macchina era una cosa dell'altro mondo: una tenuta di strada formidabile, un'accelerazione da brivido, un sedile avvolgente. Dario ne fu veramente entusiasta. Il gusto della guida e, perché no, la benzina non pagata gli fecero dimenticare lo scorrere del tempo. La targa di prova, poi, ma anche l'affidabilità, la potenza e l'elasticità che andava sperimentando nella Diablo, gli fecero osare qualcosa in più di quanto non avrebbe fatto. In una occasione, in mezzo a una curva presa con decisione, si trovò di fronte un gatto nero sulla carreggiata, ma con un ottimo riflesso e grazie anche all'ottima tenuta di strada della Diablo riuscì a scartarlo come nulla fosse, senza il minimo segno di sbandata o rumore di frenata.
Era passata quasi un'ora e Dario, più che soddisfatto dal suo lungo giro di prova, era già sulla via del ritorno quando gli si presentò un nuovo imprevisto. Stavolta era un motorino, che viaggiava disciplinatamente accostato al bordo della strada; e anche se lo raggiunse dopo una curva non gli era sembrato un ostacolo quanto un gioco, come un birillo messo lì perché lui potesse divertirsi a scansarlo come aveva già fatto col gatto. Però stavolta tardò un attimo di troppo, o prese male le misure: fatto sta che lo urtò leggermente sul di dietro, mandandolo giù nel fossato. La Diablo, in accelerazione, non ne risentì minimamente e si dileguò. Il motorino finì nell’erba. Probabilmente il motociclista non si era fatto niente, e non era riuscito a vedere chi l’avesse urtato. Però … chissà, meglio non rischiare e accertarsene, pensò Dario, che decise così di rientrare al più presto dal concessionario per poi tornare sul luogo dell’incidente con la sua vecchia macchina facendo finta di niente.
Prima di entrare nell'autosalone Dario fece un paio di giri attorno alla Diablo, osservandola con soddisfatta ammirazione da varie angolature. Il contrasto con la sua vecchia utilitaria, parcheggiata accanto, la metteva ancor più in evidenza.
“Bellissima, veramente”, disse mentre riconsegnava le chiavi al signor Abdul. “Senti, avevo dimenticato di dover fare una commissione. Mi serve ancora un po’ di tempo”.
“Usa pure la Diablo, se ti pare”, gli rispose Abdul.
“No, grazie. Non è il caso, almeno in questa occasione. Ah: ho notato un piccolo graffio sul paraurti, vicino al faro anteriore. Suppongo che anche questo abbia fatto scendere un po' il prezzo…”
“Un graffio? Strano.”
“Te l'assicuro. Guarda tu stesso.”
Abdul, i cui lenti movimenti manifestavano la stessa ponderatezza e solennità delle sue parole, trovò ed esaminò sul paraurti anteriore il piccolo segno, a stento visibile, appena lasciato dal motorino.
“Capisco. Ma non è affatto un problema: come vedi ce ne ho un'altra a disposizione, se preferisci.”
In effetti un'altra vettura esattamente uguale occupava ora lo stesso posto da cui, circa un'ora prima, Dario aveva preso la Diablo in prova.
“Allora a tra poco, per la firma del contratto. Mi raccomando, tienimela da parte.”
Il luogo dell’incidente era poco distante dal concessionario. Il motorino, in non buone condizioni, era stato appoggiato ad un albero e vicino ad esso stavano due persone, una delle quali seduta sull’erba e in apparenza dolorante.
Alla loro vista Dario rallentò, cercando di ricordare se potessero esserci stati due passeggeri sullo stesso motorino. Poi addirittura fermò la sua utilitaria e fece per andare loro incontro, fingendo di voler prestare aiuto; ma fu vero stupore quando riconobbe nel più malconcio dei due il suo amico Giorgio.
“Giorgio! Sei tu? Ma cosa ti è successo?”
“Andavo tranquillamente in motorino e sono stato urtato da dietro, non ho visto né come né da chi.”
“Un mascalzone, un pirata della strada l’ha investito ed è scappato senza prestare soccorso”, aggiunse l’altro signore. “Ma voi vi conoscete?” E ricevendo dai due risposta affermativa, costui si congedò: “Allora può prendersi cura lei del suo amico, vero? Ho un impegno e devo proprio andare, ma vado via tranquillo sapendo che è in buone mani”.
Così Dario rimase solo con Giorgio. Lo aiutò ad alzarsi e, sostenendone il passo zoppicante, a raggiungere la sua utilitaria, dove lo fece sedere. Qui Giorgio scoppiò in lacrime.
“Oh, Dario, che sbaglio che ho fatto. È tutta colpa di quella maledetta Diablo!”
“Vuoi dire che è stata una Diablo ad investirti?”, chiese Dario in cuor suo preoccupato.
“No, non credo, anche se non mi sorprenderebbe. Voglio dire che quella macchina porta una jella pazzesca. Da quando l’ho comprata non me ne è andata bene una. Ho litigato coi miei e soprattutto con mia moglie, da cui mi sono quasi separato. In ufficio ora tutti mi detestano. Prima ero un uomo felice; poi non so cosa mi è successo. Sono diventato vuoto, arido, crudele. Tutto è andato allo sfascio. Per questo oggi sono venuto a riconsegnarla, a strappare quel maledetto contratto; ma evidentemente non è bastato. E sì che mi sembrava di aver fatto un così grande affare. Pensa che l’ho addirittura consigliato a destra e a manca, spargendo la voce a tutti i miei amici.” Qui Giorgio si interruppe e, preoccupato, guardò Dario. “A proposito, tu che ci fai qui? Non mi dirai che sei venuto anche tu fin quaggiù per comprarla?”
Dario fece il vago. “L’offerta sembrava buona, da come l’avevi descritta.”
“No, non ti fidare. Ti farà un contratto scritto a caratteri piccolissimi: leggilo tutto con attenzione. Purtroppo io l’ho fatto troppo tardi. Firmandolo, rinuncerai alla tua anima: c’è scritto proprio così! In un impeto d’ira l’ho strappato in mille pezzi, altrimenti te lo farei leggere, perché capisco che sia difficile da crederci. Ma devi credermi. E oggi, tornando a consegnargli la macchina, ho preteso che strappasse la sua copia del contratto. Sta qui a due passi, e sospetto che sia stato lui volontariamente a investirmi.”
“Adesso calmati. Sei già stato tanto scosso per la botta. Se ti agiti non migliori certo la situazione. Ti accompagno alla fermata dell’autobus, non è molto lontana da qui.”
“Forse sarebbe meglio se mi portassi all'ospedale, a un pronto soccorso, a farmi visitare”, ribatte Giorgio un po’ confuso.
“Suvvia, non esagerare. Non buttarti troppo giù: sei giovane, una tempra forte, cosa vuoi che ti sia successo? Vedrai che a casa, con un po’ di riposo, ti riprenderai subito.”
Per Giorgio, che in cuor suo pensava di meritarsi ben altro trattamento (magari essere riaccompagnato a casa, non certo scaricato subito), fu un altro duro colpo al morale, già a terra dopo l’incidente. Non insistette più di tanto mentre scendeva, zoppicando, alla fermata dell'autobus.
“Ci sarebbe anche da recuperare il motorino, devo portarlo ad aggiustare. Puoi occupartene tu, visto che sei già qui con la macchina?”
“Certamente”, gli rispose Dario. “Adesso vado e lo