Tre storie di santità femminile tra parole e immagini. Mattia Zangari

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Tre storie di santità femminile tra parole e immagini - Mattia Zangari Orbis Romanicus

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      Tra i verbi usati nella meticolosa descrizione dell’estasia, ricorre decine di volte, prevalendo sugli altri verbi del vedere, «video», quindi il comune verbo del vedere, volendo indicare un evento abituale nella Vita, seppur straordinario. Non sussiste un gioco di sinonimia relativa ai verbi legati alla sfera sensoriale della vista, tuttavia si trovano talvolta «conteplat»,4 che allude a un percorso di meditazione interiore legato all’immagine, e «ruminat», un termine metaforico con il quale è resa bene la continua tangenza di parola e immagine, assimilandola a sé. «Rumino» è usato ad esempio per riportare la dolcezza del sangue fresco assaporato nell’atto di bere alla ferita dell’homo passionatus: «Favus distillans labia tua, Sponsa; et mel divinitatis, et lac humanitatis Christi, etiam tacente lingua, cor interius ruminabat».5 Altri termini della sfera del vedere sono: apparet,6 visio,7 visibiliter,8 fulgor,9 splendor,10 stupefacta,11 admiratio.12 Vale la pena di soffermarsi su «rumino», un verbo che apre un mondo sulla cosiddetta machina memorialis,13 sulla quale si basa la meditazione monastica nel Medioevo, e su tutti quei percorsi mnemonici tipici dell’ortoprassi consolidatasi fra 400 e 1200 nel mondo cristiano.14 Come ben si può vedere nelle Conferenze ai monaci di Giovanni Cassiano (360-435), l’autore dichiara di essersi liberato dai modelli pagani di cui era invischiata la sua formazione di retore (per esempio dalle favole di Ovidio) attraverso la curiositas. Nei cantieri archiviali della sua mente, il monaco autore delle Collationes ha disposto nuovi materiali, riadattando le tecniche di apprendimento da lui assimilate nel corso della formazione scolastica. Il processo di apprendimento dei testi canonici (si pensi ai Salmi), per venire al nostro verbo, era scandito da tre fasi: apprendimento mnemonico del testo (sillaba per sillaba), esegesi e infine ruminazione, che consisteva nella lettura silenziosa.15 Nel testo delle Conferenze ai monaci leggiamo:

      […] in qua [litteratura] me ita uel instantia paedagogi vel continuae lectionis macerauit intentio, ut nunc mens mea poeticis illis uelut infecta carminibus illas fabularum nugas historiasque bellorum, quibus a parulo primis studiorum inbuta est rudimentis […] psallentique uel peccatorum memoria suggeratur aut bellantium heroum ante oculos imago uersetur.16

      L’autore dichiara di essere stato ammorbato dagli antichi poemi e il tutto è spiegato tramite un lessico ricollegabile alla sfera del cibo (nel testo sono menzionati i termini «foraggio», «viscere», ecc.) e questo proprio perché la memorizzazione era considerata un processo fisiologico («Quae cum profunde alteque conceperit atque in illis fuit enutrita, vel expelli priores sensim poterunt uel penitus aboleri»).17 In definitiva:

      La metafora della digestione e della escrezione umana, che sta alla base di tutta questa discussione, è evidente e si basa sull’idea fondamentale che la lettura sia nutrimento, il pensiero sia la sua digestione, la cogitazione la sua ruminazione […].18

      Si guardi anche solamente alle implicazioni della ruminatio, alla compuntio cordis, quindi al ricordo che avviene, come dire, con dolore di cuore, dolore di cui parla Anselmo d’Aosta nelle Orazioni e meditazioni, composte fra i 1070 e il 1080.19 A questo, volendo, potremmo associare il dato della figliolanza spirituale che lega Tommaso di Cantimpré a Riccardo di San Vittore, a sua volta discepolo di Ugo di San Vittore, la famosa abbazia nei pressi di Parigi. Quest’ultimo è autore, si ricorda qui, del trattato De arca Noe mystica, costruito attraverso la presenza di un diagramma, o meglio di una figura della Bildensatz. Si tratta in pratica di una figura della mnemotecnica in cui l’opera, o una sezione di essa, si apre con una pictura (la pictura può essere, a seconda, una mappa, una rosa, uno schema, una ruota…). Il De arca Noe mystica è incentrato sulla figura mentale del quadrato, che si rifà alla rappresentazione biblica (in forma di quadrato appunto) della città celeste.20 Tommaso allora doveva essere bene addentro all’«arte della memoria», come la definiva Ugo di Rouen, ecco perché sembra pertinente applicare una lettura in senso mnemotecnico ai verbi che abbiamo visto qui. Ma riprendiamo a parlare, dopo questa digressione, delle visioni di Lutgarda.

      «Mirandis plus miranda succedunt»,21 per usare le parole dell’agiografo, si verifica a metà del primo libro, nel capitolo intitolato «Varie estasi e visioni divine. Passaggio dall’Ordine benedettino a quello cisterciense»,22 una visione funzionale alla comprensione della «meccanica» del procedimento estatico, riportiamo allora la scena:

      Cum aliquo incommodo cordis aut corporis gravaretur, stabat ante imaginem Crucifixi: et cum diu fixis oculis imaginem inspexisset, clausis oculis et resolutis in terram membris, instar Danielis viri desideriorum, super pedes suos stare non poterat; sed elanguens prorsus rapiebatur in spiritu, et videbat Christum cum vulnere lateris cruentato.23

      Ci viene detto in modo manifesto che Lutgarda sosta davanti al Crocifisso per una lunga contemplazione, con gli occhi fissi sull’immagine; successivamente è rapita in spirito e vede il Christus humanatus e passionatus con la ferita del costato, come persona viva e presente in tutto il suo essere divino. Subito dopo ecco la monaca baciare la piaga assieme al Battista, il quale sopraggiunge in forma di aquila bianchissima.24 Nei colloqui divini si assiste sporadicamente ad esiti sorprendenti: ella si offre, supplica, ma anche si impone con audacia a Cristo, come in II, 1: «O libera lui o separe me da Te».25 Chiede continue conferme del suo lavoro d’intercessione per la salvezza dell’uomo e affronta travagli intensi, fintantoché non le viene chiaramente rivelato come il suo impegno spirituale aiuterà Dio a perdonare l’umanità.26 Un altro aspetto relativo all’esito di questi colloqui è il superamento delle paure della Santa rispetto all’ira divina, un concetto espresso secondo la tradizione medievale e veterotestamentaria (« […] calice irae eius», II, 20), così come pure l’attaccamento alle sofferenze di Cristo come pena interiore «in fletibus rugiens».27 Le appaiono le anime liberate grazie alla sua preghiera d’intercessione, tra queste quella di papa Innocenzo III, che ha ottenuto la grazia di pentirsi prima di morire,28 ma le appaiono pure i demoni tormentatori, i quali puntualmente fuggono, snervati dalle sue preghiere.29

      Come si diceva, il testo di Tommaso può risultare interessante anche dal punto di vista delle apparizioni della Madonna.30 È da notare come la Vergine venga indicata, nelle glosse al testo, come «Deipara», vale a dire «generatrice di Dio», dal verbo latino «pario» (appunto «genero»). Alla fine del secondo libro leggiamo:

      Accidit ergo nocte quadam, ut dum in Cantico, Te Deum laudamus, versum illum, Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum, diceret; ei beatissima Virgo Maria, quasi congratulans appareret: intellexitque versum istum beatissimæ Virgini fore gratissimum, per quem memoratur suscepisse Dei filium. Hoc ergo mihi ipsamet sicut filio dilecto revelans; admonuit, ut quoties versum istum dicerem, me toto corpore ad laudem gloriosæ Virginis inclinarem.31

      Ogni volta che le monache cantano il Te Deum laudamus, si legge, c’è un luogo di questo inno particolarmente gradito alla Vergine: la Madonna le appare e facendole un gesto di riverenza si congratula con la monaca.32 Non si può certo pensare che Lutgarda conoscesse l’iconografia della Madonna dell’Umiltà, tuttavia c’è traccia di statuette lignee appartenute a monasteri di monache cisterciensi, nelle quali è possibile vedere la Madonna che palesa un atteggiamento di deferenza nei confronti di Suo Figlio, il piccolo bambino in braccio, quasi come se la Vergine santa stesse specchiandosi nel volto del pargolo. Diamo in figura un esempio del 1300, ma ricordiamo che la presenza di quest’iconografia è appurato esistesse già prima del 127033 (fig. 1). A nostro modo di vedere quindi l’iconografia (quale potrebbe essere quella della Madonna specchiantesi) sembra fare da linea-guida nell’implementare il meccanismo della visione.

      Libri e immagini per Lutgarda

      Se analizziamo sistematicamente le visioni di santa Lutgarda, si ha l’impressione, ad un certo punto, che la mistica abbia potuto avere davanti a sé uno dei messali miniati o uno dei codici contenenti la rappresentazione della Carità vista da sant’Ildegarda di Bingen e in seguito da lei rappresentata (fig. 2). Come si può

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