Vivere La Vita. Lionel C

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Vivere La Vita - Lionel C

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mi ha riportato nel duro presente mia mamma, che con la mia nuova divisa in mano, mi indicava la fila per la cabina di prova.

      Appena vestito, ho visto che era un po' diversa di quella degli anni passati.

      Aveva di diverso poche piccole cose, ma quelle cose l'ha rendevano un po' più elegante e forse più matura.

      Guardandomi nello specchio, non ero più un piccolo bambino, ma un mezzo ometto.

      Da quel momento non avrei più potuto piangere.

      Non perché non avrei più voluto, ma perché dentro ero diventato come un pezzo unico di ghiaccio, come congelato ed il mio cuore, le mie lacrime, erano congelate insieme a me.

      Quella, era la prima prova pratica, già toccata con mano, che un altro periodo nella mia vita, era appena cominciato.

      Ero costretto a crescere più in fretta di quanto e di come lo volevo.

      Appena arrivati a casa, è stato per la prima volta da quando avevo cominciato la scuola, che non ho provato di nuovo la mia nuova divisa. Per vederla bene in tutta tranquillità, per capire come mi stava, così come ho sempre fatto con tanto entusiasmo in tutti gli anni prima.

      Mi sono cambiato e sono sceso di casa, dicendo che andavo fuori, d'avanti al condominio con i miei amici.

      Scendendo le scale, speravo e pregavo di non incontrare nessuno.

      Volevo sparire, non vedere più niente e nessuno.

      Mentre facevo questi pensieri, capivo che un'altra cosa era veramente cambiata dentro me.

      Avevo visto già da un po' di tempo, che mi piaceva molto pensare, girare le cose da tutte le parti per capirle bene, per comprendere tutto più che potevo, ma quello che succedeva in quei momenti, era una cosa ancora più nuova, mai vissuta prima.

      Totalmente diversa.

      Era per la prima volta nella mia vita che volevo stare completamente solo.

      In silenzio.

      Non sapevo cosa volevo fare, ma volevo stare da solo.

      Mentre dal sesto piano, scendevo le scale a piedi come sempre, perché mi piaceva cosi, e provavo a darmi da fare per gestire nel migliore dei modi tutto quello che mi veniva di dentro come un fiume in piena, mi è venuta dentro me, una cosa che senza neanche valutarla mezzo secondo, l'ho considerata subito la cosa migliore da fare in quel momento.

      Appena attraversato il portoncino d'ingresso, mi sono trovato in mezzo agli amici ed alle amiche del condominio.

      Come sempre, ci si stavano raccontando le nuove impressioni per le divise appena comperate, per i quaderni, matite, pene stilografiche e tutto il materiale didattico, per il nuovo anno scolastico.

      I sogni e le speranze.

      Succedeva ogni anno, come un rito.

      Si condivideva tutto con tutti.

      Le nostre cose.

      Dalle più in vista, alle più intime, nascoste nelle nostre menti e nei nostri cuori. Era il nostro mondo aperto a tutti noi, ma chiuso agli adulti, che non ci perdevano di vista, ma sempre da lontano.

      Non venivano mai a disturbare il nostro mondo.

      Erano i momenti in qui tutti ci sentivamo i fratelli di tutti.

      Tutti insieme, eravamo uno soltanto.

      Era per la prima volta che non volevo partecipare.

      Mi dispiaceva moltissimo, perché erano le persone a me più care e vicine, ma in quel momento, il desiderio di stare da solo, era il più forte in assoluto. Senza quasi pensare, mi è venuta una scusa per non restare. Mi era venuta in modo naturale e convincente, che nessuno mi ha chiesto nulla, dopo averla sentita.

      Ho attraversato il corso, sono sceso nella vallata, attraversato il letto del piccolo fiumiciattolo, per poi salire sulla collina dove mio padre mi aveva portato per la prima volta, dopo quel mio primo incontro con la maestra compagna comandante.

      Nel fra tempo, la collina era diventata il posto dove noi tutti gli amici, andavamo lontano dai grandi quando volevamo essere tranquilli, per raccontarci le nostre cose.

      Stare insieme indisturbati.

      Dalla base della collina e fino al nostro posto, dove avevamo anche costruito una piccola capanna sopra un albero ed un'altra un pochino più grande sotto lo stesso albero, c'erano dieci minuti di salita tranquilla.

      Mentre salivo, sentivo soltanto il rumore dei miei passi ed il mio respiro.

      Quando ho cominciato a sentire sempre meglio il mio respiro, ho capito che era affannato e rigido, anche se su quella piccola salita, non mi stancavo mai.

      Mi sentivo diverso.

      Non tranquillo e sereno come sempre.

      Rigido.

      Abbastanza rigido, da chiedermi se prima i miei amici non mi avevano fatto domande perché la mia scusa è stata convincente, oppure perché ero stato rigido nei loro confronti.

      Sarebbe stato per la prima volta.

      Non vedevo l'ora di arrivare al nostro posto, alle nostre capanne.

      Per troppe volte in quel giorno ho dovuto dire: “è per la prima volta nella mia vita che mi succede”, questo o quell'altro e purtroppo per me, ogni volta erano cose che non mi piacevano affatto.

      Appena, arrivato al nostro albero, ho cominciato a salire ed appena su, d'avanti alla nostra piccola capanna, mi sono fermato e seduto.

      Senza entrare.

      All'improvviso, il mio respiro è diventato meno affannato ed in poco tempo è ritornato ad essere come sempre. La grande tempesta che sentivo dentro, piano, piano è scomparsa, lasciando il posto alla pace, alla tranquillità ed alla serenità che tanto amavo.

      Poco dopo, mi sono reso conto che stavo già sentendo ed ascoltavo con tanto piacere il profondo silenzio che mi avvolgeva.

      Ogni tanto, un leggerissimo colpo di vento, muoveva le foglie degli alberi, aggiungendo al grande silenzio, quel qualcosa che lo faceva diventare la miglior sinfonia da ascoltare, forse la più grande, bella e delicata mai esistita. I buoni profumi che portava con sé, insieme ai canti degli uccelli che ogni tanto sentivo, hanno fatto il resto.

      Mi hanno riportato alla tranquillità assoluta.

      Il sereno, ha preso il posto di tutto il resto.

      Seduto, godevo in pieno tutto.

      Da beato.

      Ho alzato gli occhi e cominciato a vedere quanto era bella la parte della città che riuscivo a vedere.

      Osservare le finestre del nostro alloggio, senza che nessuno dei miei famigliari lo sapesse.

      Andare

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