Il Ricordo Di Te. Sara Ingardia
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Cantilene fuse in un unico cinguettio ravvivavano la macchia selvaggia, risuonando per chilometri, animando le folte chiome di arbusti erette al cielo tinto di celeste. Maschi di scimmie urlatrici saltavano da un ramo verso l'altro, rincorrendo le proprie compagne esibendo rituali di corteggiamento insoliti e a tratti buffi.
La zona presentava un problema assai comune in quella stagione, le piogge torrenziali che incessantemente tormentavano per giorni e giorni, impedendo lo svolgimento delle attività comunemente effettuate. I più avventurieri, si addentravano nella foresta per continuare il loro lavoro di taglialegna e trasportare il carico presso la cartiera a pochi kilometri di distanza con vecchi pick-up, altri invece rimanevano al Convento ad aiutare le monache e le donne si dividevano i compiti: c'era chi aiutava a medicare le ferite, chi cucinava per la missione e chi invece aiutava i bambini nei compiti scolastici.
Improvvisamente, versi fragorosi e striduli provenirono ai timpani della donna deconcentrando la sua mente da un ricordo angoscioso.
Era sopravvissuta allo spietato potere dell'oceano che inghiotte ogni cosa che si posa sul suo ventre, saziandosi senza commiserazione o pietà alcuna. La morte l'aveva chiamata a sé nelle gelide acque del Golfo del Messico, un vortice prese possesso del suo corpo spingendolo negli abissi e impedendo la sua risalita in superficie.
Precipitò in un oblio tra la vita e la morte, spinta in un tunnel dove la luce diventava sempre più intensa e attirava la sua anima in una dimensione di beatitudine.
Lâanima di Vivienne sembrava ansiosa di staccarsi definitivamente da quel corpo martoriato per ricongiungersi a Dio e trovare la pace eterna lasciandosi alle spalle una vita terrena fatta di insoddisfazione.
Cosa lâaspettava? Non era certa di ciò che avrebbe trovato. Forse il Dio saggio e benevolo lâavrebbe accolta nel suo Giardino oppure sarebbe rimasta in attesa in compagnia di altre anime nel Sheol 1impazienti di conoscere la loro sorte. Inferno o paradiso? Cosa le sarebbe toccato? Nella sua vita commise uno dei peccati la cui gravità era tale da spingerla alla dannazione eterna come Dante narrava nella âDivina Commediaâ ma solo il Creatore aveva il potere di giudicare e se avesse dovuto affrontare delle prove di purificazione per poter accedere al riposo eterno nellâEden avrebbe accolto tale condanna.
In quegli attimi di oblio pensò che la legge della morte segna il mistero che lâavrebbe accompagnata verso lâignoto come unâonda travolgente spinta in un nuovo contesto della quale non ebbe mai tracce visibili, se non quelle descritte nella Bibbia, alla quale saldamente cercava di aggrapparsi nella speranza di trovare una continuità dopo il suo cammino avvenuto sulla Terra, ritrovando chi aveva amato e godendo del suo sentimento eternamente. Nutriva fiducia nellâattesa di ricongiungersi a Nathan anche se talvolta il pensiero religioso entrava in conflitto con la razionalità .
Inaspettatamente venne respinta di nuovo nella realtà , lottando per la sua sopravvivenza tra le acque tormentate.
Una spinta verso il basso la riportò a galla, respirando a fatica tra le onde agitate, fece un paio di bracciate, ma la stanchezza prese il sopravvento. Quando le forze stavano per cedere, da lontano vide una tavola di legno galleggiare alla deriva. Quello fu un segno del destino, non poteva trattarsi dâaltro.
Con le poche energie che le rimanevano a disposizione, cominciò a nuotare, senza fermarsi, determinata a raggiungere quellâultimo tentativo di salvataggio. Forse non sarebbe stato sufficiente, non era nemmeno sicura che quel legno potesse sorreggerla ma doveva provarci.
Si avvicinò sempre più, fino a toccare il bramato legno. Era abbastanza spesso e sembrava poter reggere, ma l'insicurezza gravò sulla sua ragione per cui decise di adagiarvi solo le braccia nella speranza che una linea di terra ferma o una nave potesse accogliere una donna distrutta.
1 nellâebraismo antico fa riferimento al regno delle tenebre.
Navigò alla deriva per giorni lasciandosi trasportare dalle correnti oceaniche, che cullavano il suo corpo quasi esanime, scottato dal bruciante sole che infliggeva i suoi raggi di fuoco sulla cute.
Uno stormo di gabbiani volteggiavano sopra la sua testa in una baraonda di stridulo vociare.
Lâabbandono delle forze prevalse sulla realtà catapultandola in uno stato di incoscienza ed oscurità .
Sforzandosi di non cedere nellâoblio di una dimensione ultraterrena che prepotentemente si stava impadronendo del suo essere.
Il corpo stremato della donna giaceva sulla spiaggia, abbandonato nella solitudine di un mattino limpido di settembre. Le onde sfioravano la battigia colorando il manto sabbioso di un marrone intenso, cancellando ogni traccia presente sulla riva.
Riversa supina sentì il calore del sole bruciargli la pelle raggrinzita dall'acqua, non aveva più sensibilità , riusciva a percepire solo il battito delle sue ciglia. Il suo fisico non reagiva a nessuno stimolo, la sua mente voleva ribellarsi allo stato di immobilità ma il suo corpo non recepiva il comando.
Sentì l'impulso dominante di urlare, ma la stanchezza che cingeva l'intero corpo impediva al fiato di venir fuori, come intrappolata in una stanza eretta da pareti insonorizzate dove la voce non fuoriesce e si arresta al suo interno; ebbe la sola forza di piangere, guardando i minuscoli granelli di sabbia si rese conto che era viva, sofferente e sfinita, ma il destino o la volontà Divina le aveva concesso una seconda possibilità .
Prima Parte
âInaspettatamenteâ
22 gennaio-1981 -2nd Avenue Downtown- New York
Guardò l'orologio. Erano le 09.00, âAccidenti!â mormorò tra sé e sé. Aveva quindici minuti di ritardo e il traffico stava aumentando attimo dopo attimo.
Era in coda a âLe petite café " un frequentatissima Caffetteria dove servivano dell'ottimo caffè accompagnato da deliziosi dolci. Ma quella mattina era di fretta e avrebbe ordinato solo una tazzina di caffè italiano dallâaroma deciso. In attesa del suo ordine, il telefono cominciò a vibrare in borsa per qualche istante, dall'altro capo del telefono câera Christopher, il marito, che innervosito lasciò un messaggio in segreteria:
âVivienne, sto andando in aeroporto a recuperare mia madre. La riunione di questa mattina è stata rimandata alle 11.00â.
Il chiasso nel locale si mescolava alla musica di Bob Dylan che veniva trasmessa alla radio. Era quasi arrivato il suo turno, quando una signora di fronte a lei cominciò a prendere un numero smisurato di ordini che la fece spazientire ancora di più. Picchiettava le dita esili sulla 24 ore che aveva tra le mani cercando di stemperare il nervosismo che cresceva al solo udire la voce roca della donna, incurante della coda che stava creando.
â Mi scusi Signora vado di fretta, le dispiacerebbe cedermi il posto?â chiese cortesemente mostrandole un sorriso.
La donna la osservò da capo a piedi e notò i preziosi anelli che portava al dito sinistro.
â Oh.. mia cara credo che una donna come lei possa attendere qualche minuto in piùâ
â Cosa sta insinuando?â
â