Vittorio Il Barbuto. Guido Pagliarino
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Più volte, dopo lâabbandono, Vittorio mâaveva parlato di âBimbaâ come usava chiamarla durante il matrimonio, durato appena un anno; oppure di âmia moglieâ, come ancora la definiva dato che lui, cattolico rigoroso diversamente da me, agnostico, continuava a considerarsene il marito: âIl matrimonio in chiesa è un sacramento e non lo si può sciogliere!â mâaveva detto con enfasi in un paio dâoccasioni. Adesso, era vedovo.
I media sâerano detti convinti che vittima designata fosse stato il governatore Donald Montgomery e non la povera signora White: âCome per Bob Kennedy, ma hanno sbagliato mira!â intitolava il quotidiano che avevo comprato allâaeroporto. Avevo pensato: Una gran pubblicità politica, per lui. Lâunica domanda che i mezzi di comunicazione sâerano posta era stata: âPerché lâassassino sâè tirato il passamontagna sul viso solo dopo avere sparato, nellâiniziare a fuggire?â Già , perché?
La notizia era certamente già arrivata in Italia, data la notorietà del giovane candidato alla Presidenza, forse con la foto della signora White, e in questo caso Vittorio poteva già sapere del suo assassinio, nonostante il nuovo cognome della defunta moglie. Se sì, chi sa come aveva accolto la notizia? Con dolore? Io sospettavo che di Bimba fosse ancora innamorato, nonostante lâabbandono di lei, il quindicennio trascorso dalla separazione e una decennale relazione del mio amico con unâaltra donna, durata fino a tre anni prima. Riflettendoci durante il volo, avevo pensato che, dopotutto, la morte della moglie fosse stata per Vittorio una liberazione, in quanto gli aveva aperto la via per un nuovo, eventuale matrimonio religioso. Peraltro non mi risultava che avesse unâamica dopo il passato rapporto, durato finché lâamante aveva, inaspettatamente, sposato un altro.
Ero giunto allâaeroporto torinese di Caselle verso le 3 di notte. Mâero ficcato a letto ma, a causa del diverso fuso orario e avendo già dormito per qualche ora in aereo, avevo riposato poco. Verso le 8 e mezza ero già vestito e pronto a mettermi alla scrivania; prima però avevo telefonato a casa dellâamico vice questore per salutarlo. Inaspettatamente mâaveva risposto una voce femminile. Forse Vittorio ha assunto una domestica a ore? mâero chiesto mentre attendevo che venisse lui allâapparecchio. Quandâera stato in linea: âCiaoâ, gli avevo detto, âsono tornato da un viaggio: vuoi che ci vediamo?â.
âSìâ, mâaveva risposto il DâAiazzo nel suo forte accento napoletano e, come faceva sovente, interpolando qualche parola del suo dialetto, ânâaggio piacere assai, è âna vita che non ci vediamo. Dove sei stato di bello?â
âA New York.â
âA New⦠ma guarda tu la combinazione! Anche noi eravamo a New York! Tu quando sei ripartito?â
âIeri mattina col volo Alitalia delle 10.â
ââ¦e noi con quello notturno precedente: per poco non si pigliava lo stesso aereo, Ran. Senti qua, perché non vieni a cena da noi stasera? Puoi?â: era allegrissimo; poi, come rivolto ad altri: âHmm⦠e va bbuoâ; quindi, ancora a me: âSenti, Ran, facciamo unâaltra cosa, sei invitato al nostro solito ristorante di corso Palestro per le venti, così ti presento anche la persona che tâha risposto prima. Dâaccordo?â
Evidentemente la sua amorosa non aveva voglia di spignattare per me: âDâaccordo, ci vediamo stasera alle 8â, avevo confermato.
Sâera presentato al ristorante solo soletto.
Io ero già seduto al nostro tavolo. Non appena s'era accomodato, gli avevo chiesto: ââ¦e la persona che dovevi farmi conoscere? Senti un poâ: oggi è il 1° di aprile: non sarà mica cheâ¦?â
âNo! Son mica ânu fesso da pesci! e poi da uno come me che va per i cinquantacinque⦠No, Marina lâhai sentita al telefono stamattina. Il punto è⦠che aveva lâemicrania; ma ti conoscerà volentieri a casa nostra, unâaltra di queste sere; e poi⦠va beh, ti dico la verità , lei vuole sempre predisporre tutto con molto anticipo. Mi piace anche per questo: Marina è âna femmina precisa come me; hmm⦠cioè, lei è femmina, ma⦠beh, mâhai capito, no?â
ââ¦e coabitate more uxorio?â avevo chiesto malizioso con un sorrisino calcando bene su more uxorio, ben conoscendo le idee sul matrimonio e sul peccato del cattolicissimo amico; ma era arrivato il cameriere per lâordinazione e Vittorio mâaveva fatto un cenno con la mano perché soprassedessi.
Quando lâaltro sâera allontanato mâaveva risposto: âSissignore, viviamo insieme; ma solo da un paio di giorni. Prima abbiamo voluto farci un viaggio dâun paio di settimane, per conoscerci meglio. Mi son preso ânu poco âe ferie e siamo stati a New York e nei dintorni; anche alle cascate del Niagara che sono âna robaâ aveva cadenzato, âter-ri-fi-can-te! Le hai viste, no?â
âVeramente noâ.
Nemmeno mâaveva ascoltato e aveva continuato entusiasta: âMarina, lâavevo già conosciuta al funerale del marito, ma lâho poi incontrata in più lieta circostanza, circa due mesi fa: indovina dove?â
âA un ballo in mascheraâ, avevo buttato là sorridendo.
âCome fai a saperlo?!â
âBeh, veramente⦠era una battuta.â
âAh! Però era proprio un ballo in maschera, quello di Carnevale al nostro circolo⦠Uhei! che volevi insinuare con quel âmascheraâ? Châaggio trovato âna racchia? O che âo scorfano son io?â.
âMa dà i, era una battuta scema, senza senso.â
Mâaveva subito rassicurato stringendomi il polso sinistro: âAnchâio ho reagito per scherzo, Ran, che ti credevi? Mica hai pensato che me la prendessi per cose così, no?â
âNâ¦no, figúrati.â
In realtà sì: mâera venuta in mente una scenata tremenda che, sia pure per ragioni assai più serie, Vittorio mâaveva piantato tre anni prima.
Gli avevo chiesto: âComâè âsta Marina?â
Aveva spalancato bocca e occhi e guardato in alto per un paio di secondi, come estasiato da celeste visione; poi, tornato a una normale espressione di contentezza: âGuarda, ti dico solo che chista