Rito Di Spade . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Rito Di Spade - Морган Райс страница 2
Presto avrebbe fatto marcia indietro e l’avrebbe fatta pagare a tutti quanti, uno per uno. Ora che lo Scudo era stato riattivato Andronico e i suoi uomini erano in trappola: niente più rinforzi avrebbero potuto raggiungerli e Thor non avrebbe avuto pace fino a che non li avesse uccisi tutti.
Ma non era ancora il momento di uccidere. Il primo punto nella sua tabella di marcia era il suo unico vero amore, la donna per cui si struggeva da quando aveva valicato quei confini: Gwendolyn. Thor non vedeva l’ora di rivederla, di abbracciarla, di sapere se era viva. All’interno della camicia l’anello di sua madre bruciava e lui aveva un intenso desiderio di donarlo a Gwen, di dichiararle il suo amore, di chiederle di sposarlo. Voleva farle sapere che non era cambiato nulla tra di loro, al di là di cosa le era accaduto. La amava ancora tantissimo – e ancora di più – e aveva bisogno che lei lo sapesse.
Micople brontolò sommessamente e Thor percepì la vibrazione attraverso le scaglie. Anche lei desiderava raggiungere Gwendolyn prima che le succedesse qualcosa, Thor lo sentiva. Micople abbassò la testa e volò tra le nuvole, sbattendo le grandi ali. Sembrava felice di trovarsi lì, all’interno dell’Anello, insieme a Thor. Il loro legame si stava facendo sempre più intenso e Thor sentiva che Micople condivideva i suoi medesimi pensieri e desideri. Era come trovarsi in groppa a un’estensione di se stesso.
I pensieri di Thor si scostarono momentaneamente da Gwen mentre entravano e uscivano dalle nuvole. Le ultime parole della regina lo turbavano, continuando a ronzargli in testa anche se avrebbe di gran lunga preferito eliminarle. La sua rivelazione aveva gravato sulle sue spalle più di quanto si possa immaginare. Andronico? Suo padre?
Non poteva essere. Una parte di Thor sperava che fosse solo un altro crudele giochetto psicologico della regina che, dopotutto, lo aveva odiato fin dall’inizio. Probabilmente aveva voluto mettergli in testa pensieri sbagliati per disturbarlo, per tenerlo lontano da sua figlia per chissà quale altra ragione. Thor avrebbe voluto disperatamente crederci.
Ma dentro di sé, quando la regina aveva detto quelle parole, esse si erano da subito radicate nel suo corpo e nella sua anima. Sapeva che erano vere. Anche se avrebbe tanto voluto pensare diversamente, nel preciso istante in cui le aveva pronunciate lui aveva realizzato effettivamente che Andronico era suo padre.
L’idea fluttuava su di lui come un incubo. Aveva sempre sperato e pregato, da qualche parte nei recessi della propria mente, che re MacGil fosse suo padre e che Gwendolyn, in qualche modo, non fosse veramente sua figlia, così da poter stare ugualmente insieme a lei. Aveva sempre pregato che il giorno in cui avesse saputo chi era il suo vero padre, tutto avrebbe avuto senso e che il suo destino sarebbe stato finalmente chiaro.
Venire a sapere che suo padre non era un eroe era una cosa. Poteva accettarla. Ma apprendere che suo padre era un mostro – il peggiore dei mostri, l’uomo che più di tutti Thor avrebbe voluto morto – era troppo. Thor aveva nelle vene il sangue di Andronico. Cosa significava per lui tutto ciò? Significava che anche lui, Thor, era destinato a diventare un mostro? Significava che aveva qualche traccia malvagia nascosta nelle proprie vene? Era destinato a diventare come lui? O era possibile che fosse diverso da lui, nonostante condividessero il medesimo sangue? Il destino scorreva nel sangue? Oppure ogni singola generazione costruiva il proprio?
Thor faceva anche fatica a capire cosa ciò significasse per la Spada della Dinastia. Se la leggenda era vera – che solo un MacGil poteva sollevarla – voleva dire che Thor era un MacGil? E se era così, come poteva Andronico essere suo padre? A meno che Andronico stesso, in qualche modo, non fosse un MacGil.
Cosa ancora peggiore, come avrebbe fatto Thor a condividere tutto ciò con Gwendolyn? Come poteva dirle che lui era il figlio del mostro che lei odiava più di tutti? Dell’uomo che l’aveva aggredita? Sicuramente avrebbe iniziato a odiare anche lui. Avrebbe visto la faccia di Andronico ogni volta che guardava Thor. Eppure doveva dirglielo: non poteva mantenere un tale segreto con lei. Avrebbe rovinato così la loro relazione?
Il sangue di Thor ribolliva di rabbia. Avrebbe preso Andronico a colpi di mazzafrusto solo per il fatto di essere suo padre, per avergli fatto una cosa del genere. Mentre volavano Thor guardò in basso e perlustrò il territorio dall’alto. Sapeva che Andronico era là sotto da qualche parte. Molto presto lo avrebbe visto faccia a faccia. Lo avrebbe trovato. Si sarebbe scontrato con lui. E l’avrebbe ucciso.
Ma prima doveva trovare Gwendolyn. Mentre passavano sopra la Foresta Meridionale, Thor sentì che era vicina. Aveva il terribile presentimento che stesse per accaderle qualcosa di terribile. Spinse Micople ancora più veloce, sentendo che ogni momento sarebbe potuto essere l’ultimo per Gwen.
CAPITOLO DUE
Gwendolyn era sola vicino al parapetto superiore della Torre dell’Asilo, vestita con gli abiti neri che le avevano dato le suore, con la sensazione di trovarsi in quel luogo ormai da un’eternità. L’avevano salutata in silenzio. Solo una suora – la sua guida – le aveva parlato una sola volta per istruirla sulle regole del posto: non si doveva parlare né interagire con nessuno. Ogni donna viveva lì sola con se stessa, nel proprio universo personale. Ogni donna voleva essere lasciata sola. Era una torre di ricovero, un luogo dedicato a coloro che cercavano la guarigione. Gwendolyn sarebbe stata al sicuro da ogni pericolo e offesa là dentro. Ma anche sola. Completamente sola.
Gwendolyn capiva tutto benissimo. Lei stessa voleva essere lasciata sola.
Ora se ne stava lì, in cima alla torre, e guardava fuori verso la vasta distesa delle cime degli alberi della Foresta Meridionale dell’Anello, sentendosi più sola che mai. Sapeva che doveva essere forte, che era una combattente. La figlia di un re e la moglie – o quasi – di un grande guerriero.
Ma doveva ammettere che, per quanto desiderasse essere forte, il suo cuore e il suo spirito erano ancora feriti. Sentiva tantissimo la mancanza di Thor e temeva che lui non avrebbe mai più voluto stare insieme a lei.
Si sentiva anche svuotata sapendo che Silesia era stata distrutta, che Andronico aveva vinto e che tutti quelli che lei amava erano già stati catturati o uccisi. Ora Andronico era ovunque. Aveva occupato tutto l’Anello e non era rimasto un solo angolo libero dove trovare riparo. Ora si sentiva privata di ogni speranza, esausta, troppo sfinita per una persona della sua età. Peggio di tutto, si sentiva come se avesse abbandonato tutti, si sentiva come se avesse vissuto ormai troppo tempo e non avesse più voglia di viverne dell’altro.
Fece un passo in avanti, fino al bordo, il bordo estremo del parapetto, oltre il quale non era permesso a nessuno di andare. Sollevò lentamente le braccia e tenne le mani in fuori, ai lati. Sentì una fredda folata di vento, la gelida brezza dell’inverno. Le fece perdere l’equilibrio e lei barcollò sull’orlo del precipizio. Guardò in basso e vide la ripida caduta a piombo sotto di lei.
Sollevò gli occhi al cielo e pensò ad Argon. Si chiese dove fosse, intrappolato nel suo universo, a scontare la propria punizione per il suo bene. Avrebbe dato qualsiasi cosa per vederlo ora, per sentire le sue sagge parole un’ultima volta. Magari la potrebbero salvare e la farebbero tornare sui propri passi.
Ma se n’era andato. Anche lui aveva un prezzo da pagare e non poteva tornare indietro.
Gwen chiuse gli occhi e pensò un’ultima volta a Thor. Se solo lui fosse stato lì: questo avrebbe potuto cambiare tutto. Se solo lei avesse avuto una persona al mondo rimasta in vita e che realmente la amasse, magari questo le darebbe un motivo per vivere. Scrutò l’orizzonte, sperando profondamente