Un Amore Come Il Vostro . Sophie Love
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“No,” rispose lui rapidamente, guardandola dritta negli occhi. “Non voglio farti sentire in colpa perché devi partire né perché vuoi farlo. Anche io so che la nostra storia deve finire. È solo che è stata un’esperienza davvero magica. Tu mi hai insegnato moltissimo sull’amore e su me stesso.”
Keira si tese e lo baciò teneramente. “Vale lo stesso per me.”
CAPITOLO DUE
Una sveglia acuta e sgradevole tirò Keira giù dal letto il mattino seguente. La giovane donna si coprì la testa con un cuscino, cercando di ignorarla, ma presto si sentì scuotere un gomito da Milo. Lentamente, allontanò il cuscino dal volto e sbirciò fuori. Il sole era appena sorto. L’innamorato le sorrideva, ma c’era tristezza nel suo sguardo.
“È il momento,” disse.
Con un gemito rassegnato, Keira tirò via il cuscino e si alzò a sedere. Scoprì che Milo era già vestito. Accanto a lei, sul comodino, c’era un vassoio con il caffè e la colazione.
“Me l’hai preparata tu?” chiese, commossa.
“Non volevo che ti venisse fame sull’aereo,” rispose lui scrollando le spalle imbarazzato.
Keira si sporse per accarezzargli una guancia ispida e baciarlo con dolcezza. “Grazie,” disse con profondo affetto. Fu di nuovo assalita dalla tristezza che l’attanagliava dal giorno precedente. Aveva lo stomaco sottosopra al pensiero che quello sarebbe stato il loro ultimo giorno insieme. Rapidamente spinse via la coperta, non volendo scoppiare in lacrime davanti a Milo, e prese a raccogliere i vestiti sparsi sul pavimento.
“Keira,” lo udì dire con cautela.
“Che c’è?” rispose senza guardarlo, per evitare che le tremasse la voce.
“La tua colazione.”
Keira radunò i propri prodotti da bagno e li gettò alla rinfusa nella valigia. “Devo fare i bagagli.”
“Non c’è nessuna fretta,” disse Milo. Il suo tono era misurato come al solito, in totale contrasto con quello che lei provava. “Abbiamo il tempo per sederci e bere un caffè.”
“Prima vorrei finire questo,” rispose lei, percependo la tensione nelle proprie parole.
Alle sue spalle, sentì Milo che si alzava. Lui le si avvicinò e la prese per le spalle. Si irrigidì, incapace di sopportare qualsiasi gesto di gentilezza in quello stato di grande vulnerabilità emotiva. Ma era troppo tardi. Bastò la sensazione di vicinanza per spezzare le sue barriere. Dai occhi le scivolarono grosse lacrime.
Si voltò e si lasciò avvolgere dal suo abbraccio. Rimasero fermi in quella posizione a lungo, mentre Keira dava libero sfogo alle emozioni represse. Con una certa sorpresa, scoprì che concedersi di essere vulnerabile e di piangere indeboliva il loro potere. Si riprese on fretta, molto più velocemente di quanto non avrebbe fatto di solito, e poi si sentì molto meglio.
“Caffè?” chiese allora, allontanandosi dall’abbraccio.
Lui annuì e si risedettero insieme sul letto, condividendo un’ultima colazione. Le lacrime sulle guance di Keira si asciugarono.
“Non ho una gran voglia di dire addio ai tuoi,” confessò la giovane donna tra un sorso dalla tazza e l’altro. “Voglio dire, ormai è come se foste la mia famiglia. Farò la figura della scema piagnucolosa.”
Milo alzò le labbra in un sorrisetto. “Andrà tutto bene. Non è un addio definitivo. O almeno non deve esserlo.”
Keira rimase in silenzio, riflettendo. Ancora non era certa di che cosa volesse da quel rapporto, né di come la storia sarebbe proseguita. Non sapeva nemmeno se c’era davvero una relazione tra di loro.
Milo dovette notare la sua esitazione.
“Ma non dobbiamo parlarne adesso,” le assicurò, distogliendo lo sguardo.
Finirono le bevande calde e la colazione, poi Keira si lavò e si vestì per prepararsi al lungo volo che avrebbe preso di lì a poco. In passato non le era piaciuto viaggiare, ma ormai si era tanto abituata che quasi non ci pensava più. Aveva fatto il callo allo stile di vita da viaggiatrice. E con una piccola scintilla d’eccitazione ricordò che a New York l’aspettava il suo nuovo appartamento, il suo primo vero passo verso la totale indipendenza.
Con le valige pronte, lei e Milo scesero al piano di sotto. La famiglia era riunita in cucina, anche loro a metà della colazione. Keira sapeva che avevano fatto lo sforzo di svegliarsi presto solo per salutarla, e fu commossa dal gesto.
Regina fu la prima ad alzarsi. Le si avvicinò per abbracciarla stretta, e la sua espressione normalmente severa si addolcì.
“Mi mancherà la presenza di un’altra donna in questo posto,” disse. “È stato bello avere una sorella per una settimana.”
“Chiamami ogni volta che vuoi,” le promise Keira.
Nils prese il posto di Regina, torreggiando sulla giovane scrittrice dal suo metro e novanta d’altezza. Le diede una solida pacca sulla spalla.
“Sei la benvenuta quando vuoi,” disse. “Non farti problemi.”
“Grazie,” rispose lei.
Poi l’attirò in un goffo abbraccio. Keira si sentì come una bambina, avvolta dalle sue grandi braccia.
Si allontanò dall’uomo e spostò l’attenzione su Yolanta. Tra tutti i familiari di Milo, la madre era quella a cui si era avvicinata di più durante le vacanze, e salutarla sarebbe stato doloroso.
Yolanta le accarezzò una guancia in un gesto materno.
“Stupenda ragazza piena di talento,” mormorò. “Tornerai a trovarci, non è vero?”
Keira arrossì. “Lo farò.”
La donna annuì, soddisfatta, e poi le due si abbracciarono forte.
“Faremo meglio ad andare,” disse Milo dietro di loro.
Keira si allontanò dall’abbraccio e si gettò un’occhiata alle spalle. Il suo innamorato era in piedi alla porta, con il bagaglio ai piedi. Poi riportò lo sguardo sulla famiglia.
“Credo di sì,” asserì, con un lungo sospiro. “Mi mancherete. Grazie per la vostra ospitalità. È stato il miglior Natale che abbia mai avuto. Custodirò per sempre questi ricordi.”
“È stato bellissimo averti con noi,” disse Nils.
“Torna quando vuoi,” aggiunse Regina.
“Ci vedremo presto,” promise Yolanta, enfatizzando l’ultima parola.
Keira annuì. Poi si voltò e si unì a Milo, prendendo una delle sue borse dal mucchio. Il giovane uomo aprì la porta e lei rabbrividì, colpita da una folata gelida del vento invernale svedese. Il compagno uscì nella giornata fredda, diretto verso l’auto. Keira deglutì il groppo che aveva in gola, salutandoli per l’ultima volta con un cenno della mano.
“Arrivederci!” replicarono tutti all’unisono.
Poi seguì Milo, chiudendosi