Vicolo Cieco . Блейк Пирс

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Vicolo Cieco  - Блейк Пирс Un Thriller Psicologico di Chloe Fine

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      ***

      Qualche ora dopo si svegliò sentendo Moulton alzarsi dal divano. Chloe si tirò su appoggiandosi ad un gomito. A un certo punto della serata si era ritrovata senza camicia, ma niente di più. Era stato strano addormentarsi sul divano con ancora indosso i pantaloni, ma provava un bizzarro orgoglio per il proprio autocontrollo. Lanciò uno sguardo all’orologio appeso al muro e vide che erano le 5:10 del mattino.

      “Tutto bene?” gli chiese.

      “Sì, è solo... che mi sembrava strano restare ancora. Non volevo che le cose fossero strane al risveglio, così ho pensato che fosse meglio andarmene. Almeno non c’è l’imbarazzo del sesso.”

      “Magari era questo il mio piano fin dall’inizio” scherzò lei.

      “Devo andarmene di corsa e fingere che non sia mai successo?” volle sapere Moulton.

      “No, credo di preferire se resti. Posso preparare del caffè.”

      “Davvero?”

      “Sì. Anzi, ne sono sicura.”

      Si rinfilò la camicia e andò in cucina. Mentre anche Moulton si rimetteva la sua, Chloe si dedicò al caffè.

      “E così è giovedì” disse lui. “Non so perché, ma sembra sabato.”

      “Forse perché una serata come quella di ieri di solito si riserva per il venerdì sera? Sai, per inaugurare il weekend.”

      “Non saprei. È un bel po’ di tempo che non faccio cose del genere.”

      “Ma sparisci” replicò Chloe accendendo la caffettiera.

      “No, davvero. Dalla prima liceo, credo. Quello è stato un ottimo anno per me, per quanto riguarda le pomiciate senza sesso.”

      “Be’, a quanto pare non hai perso la mano. Ieri sera è stato... insomma, è stato molto più di quello che mi aspettassi.”

      “Anche per me.”

      “Ma sono contenta che sia successo” aggiunse in fretta. “Tutto quanto.”

      “Bene, potremmo anche rifarlo. Questo fine settimana, magari?”

      “Magari” ripeté lei. “Ma il mio autocontrollo ha già subito un duro colpo.”

      “Forse era quello il mio piano fin dall’inizio” disse Moulton con un sorriso languido.

      Chloe arrossì e distolse rapidamente lo sguardo. Era un po’ spiazzata da quanto le piacesse vederlo flirtare con lei.

      “Senti” disse poi. “Devo farmi una doccia. Se vuoi fare colazione, serviti pure. Anche se non c’è molto in frigo, in realtà.”

      “Grazie” disse Moulton, incapace di staccarle gli occhi di dosso.

      Chloe lo lasciò in cucina e andò in camera da letto, che era comunicante con il bagno più grande. Si spogliò, aprì l’acqua ed entrò nella doccia. Quasi le veniva da ridacchiare per come era andata la serata. Si era sentita come un’adolescente. Aveva potuto godersi la sensazione di avere Moulton lì con lei sapendo che non le avrebbe fatto pressioni per fare sesso. Era stato romantico in modo strano e c’erano stati un paio di momenti in cui era stata sul punto di fare marcia indietro sul suo proposito di non andare a letto con lui. Con una sensazione gioiosa a cui non era abituata, sperò dentro di sé che decidesse di farsi coraggio e raggiungerla sotto la doccia.

      Se lo fa, tanti saluti a quel poco autocontrollo che mi rimane, pensò.

      Aveva quasi finito di lavarsi, quando effettivamente sentì Moulton entrare in bagno.

      Meglio tardi che mai, pensò. Tutto il suo corpo si tese, eccitato, e Chloe non vedeva l’ora che lui entrasse nella doccia.

      “Ehi, Chloe?”

      “Sì?” rispose lei in tono provocante.

      “Il tuo cellulare ha appena suonato. Forse sono stato un po’ ficcanaso... ma ho guardato e ho visto che era il Bureau.”

      “Ah sì? Chissà, forse è successo qualcosa...”

      In quel momento si sentì di nuovo il trillo di un telefonino, ma stavolta era più vicino, forse addirittura in mano a Moulton. Chloe sbirciò fuori dalla doccia, scostando leggermente la tenda. Si scambiarono un’occhiata, poi Moulton rispose.

      “Pronto, qui Moulton” disse, poi uscì dal bagno andando in camera da letto. Avendo capito il motivo, Chloe chiuse l’acqua. Afferrò un asciugamano e uscì, rivolgendogli un sorrisetto mentre si avvolgeva velocemente nel telo. Solo perché la scorsa notte avevano amoreggiato per un’ora e mezza non significava automaticamente che le stesse bene che lui la vedesse completamente nuda.

      Non ci fu una grande conversazione, per lo più Moulton restò in ascolto, dicendo un paio di volte “D’accordo... sì, signore...”.

      La telefonata durò circa un minuto e, una volta finita, Moulton si affacciò nel bagno.

      “Posso entrare?”

      Poiché l’asciugamano copriva tutto quello che c’era da coprire, Chloe annuì. “Sì. Chi era?”

      “Il vicedirettore Garcia. Ha detto che ha provato a chiamarti, ma che probabilmente dormivi.” Le sorrise, poi aggiunse. “Mi ha detto di provare a telefonarti o passare a svegliarti di persona. Ha un caso per noi.”

      Chloe ridacchiò uscendo dal bagno. “Credi che ieri sera influirà sul nostro lavoro insieme?”

      “Potrei infilarmi di nascosto nella tua stanza d’albergo. A parte quello... non saprei. Vedremo.”

      “Ti dispiace versarmi una tazza di caffè? Intanto mi vesto.”

      “In realtà, speravo di poter usare la doccia.”

      “Ma certo. Anche potevi chiedermelo dieci minuti fa, quando c’ero ancora io sotto.”

      “Lo terrò a mente per la prossima volta” disse lui.

      Mentre lui si infilava sotto la doccia e Chloe iniziava a vestirsi, si accorse di essere felice. Molto felice, anzi. Se si aggiungeva a quello che era successo la sera precedente un nuovo caso... sembrava quasi che la sua vita non fosse davvero stata sconvolta dall’arrivo improvviso di suo padre.

      Ma se vivere in una famiglia disgregata come la sua le aveva insegnato qualcosa, era che non riuscivi mai a sfuggirle del tutto. In un mood o nell’altro, riusciva sempre a raggiungerti.

      CAPITOLO QUATTRO

      Più o meno negli stessi istanti in cui Chloe ricordava cosa volesse dire perdersi in un uomo, sua sorella era nel bel mezzo di un incubo.

      Danielle Fine stava sognando di nuovo sua madre. Era un sogno ricorrente che faceva da quando aveva dodici anni, e in ogni fase della sua vita sembrava assumere un significato diverso. Il sogno in

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