l’Arrivo . Морган Райс
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Читать онлайн книгу l’Arrivo - Морган Райс страница 13
“Visto! Vi avevo detto che…”
Si fermò di colpo quando una figura andò a sbattere contro il furgoncino nel tentativo di prenderli.
“Andiamocene da qui,” disse Kevin, e Chloe annuì.
Il furgoncino scattò in avanti mentre lei guidava, apparentemente non curandosi di andare a sbattere contro la gente controllata. Schivarono un’auto e un soldato si lanciò mettendosi davanti alla loro traiettoria. Chloe non rallentò neanche per un momento, e lo schianto quando lo colpirono fu orribile. L’uomo rimbalzò sul cofano e rotolò rimettendosi in piedi, ma a quel punto loro erano ormai lontani.
O più o meno lontani. Non potevano andare tanto più veloci di così sulla strada di montagna, soprattutto con il rischio delle auto abbandonate lungo la via, lasciate ovunque dalle persone che erano state lì quando il vapore le aveva convertite. Chloe stava zigzagando tra esse con destrezza, ma avanzavano comunque tanto lentamente che la gente controllata che li stava inseguendo di corsa stava guadagnando terreno.
“Non si arrenderanno,” disse Luna dandosi un’occhiata alle spalle.
“Non si stancano, non si fermano,” disse Chloe, e qualcosa nel modo in cui lo disse fece capire che lo aveva imparato di persona. “Tenetevi forte.”
Kevin si aggrappò al cruscotto mentre acceleravano e il furgoncino slittava pericolosamente mentre schivavano gli ostacoli che avevano davanti. Kevin era certo che sarebbero andati a sbattere da un momento all’altro, ma in qualche modo, incredibilmente, non accadde. Chloe ruotava il volante da una parte all’altra, e il furgoncino rispondeva con prontezza.
Scivolarono vicini al ciglio della strada, e Kevin non aveva idea di cosa potesse essere peggio: schiantarsi o essere catturati. Chloe sembrava aver deciso, però, perché non rallentò. Scesero a tutta velocità dalla montagna, e ora Kevin poteva vedere la gente controllata che era sempre più lontana.
“Ce l’abbiamo fatta,” disse. “Siamo sopravvissuti.”
Luna lo abbracciò. Davanti a sé Kevin poté vedere il volto di Chloe mentre l’amica lo stringeva.
“Ora tutto quello che dobbiamo fare,” disse Luna, “è arrivare in città, entrare nell’istituto da cui siamo a malapena usciti e trovare un messaggio da parte di un secondo gruppo di alieni senza essere catturati dai primi.”
Messo così, sembrava un compito impossibile. Kevin faceva fatica a immaginarsi capace di entrare alla NASA tutto intero, ma doveva.
Era l’unica speranza che il mondo avesse.
CAPITOLO CINQUE
“Sono tentata di dire che ci siamo quasi,” disse Luna guardando Kevin con un sorriso.
Kevin avrebbe dovuto immaginare che uno dei più grossi pericoli di un viaggio su strada come quello non era solo il rischio di andare a sbattere, o di finire in un’imboscata da parte della gente controllata dagli alieni, o niente del genere. Era che Luna potesse iniziare ad annoiarsi e cominciasse a pensare a dei modi per passare il tempo. Non aveva alcun dubbio che ciò sarebbe risultato in una discussione con Chloe, e dato che Chloe stava guidando, la cosa non sembrava particolarmente un bene.
C’erano un sacco di altre cose che suonavano sbagliate, dalla navicella spaziale sospesa come una luna minacciosa in cielo, al vuoto silenzioso delle strade. Tutto ciò non faceva che ricordagli quanto strana fosse l’intera situazione, e quanto il mondo fosse cambiato quasi dal giorno alla notte.
“Non puoi guidare un po’ più veloce?” chiese Luna.
“Vuoi andare più veloce?” chiese Chloe, e premette sull’acceleratore.
Kevin si aggrappò. Quando erano scesi dalla montagna, le strade si erano aperte un poco, ma ciò non significava che potessero proseguire veloci come volevano. Prima di tutto Kevin dubitava che Chloe, come lui e Luna, avesse più che una semplice idea di come guidare.
E poi c’erano ancora troppe auto in mezzo alla strada per rischiare di fare le corse.
“Rallenta,” disse Kevin mentre sfrecciavano schivando una Chevrolet parcheggiata in mezzo alla carreggiata, il proprietario scomparso da tempo. Scansarono per un pelo una motocicletta che era stata lasciata a terra, praticamente abbandonata. “Chloe, per favore rallenta.”
Rallentarono un poco, e forse fu veramente un bene che lo facessero. C’erano auto disseminate ovunque adesso, per lo più lasciate dove i loro proprietari erano stati trasformati, ma alcune di loro erano poco più che rottami di metallo accartocciato laddove si erano ovviamente schiantate. Un’autocisterna era rovesciata sul fianco sul ciglio della strada, il gas che colava sul terreno tutt’attorno. Una semplice scintilla l’avrebbe innescato, e Kevin in quel momento capì come dovevano andare le cose.
“Bisogna che lavoriamo insieme,” disse, cercando di calmare un poco le acque. Cercò di pensare a cosa avrebbe potuto dire sua madre in una situazione come quella, o Ted o la dottoressa Levin. L’unico problema con quei pensieri era che faceva troppo male ricordare tutte le persone che erano state prese, che magari proprio in questo momento erano già sulla nave spaziale che incombeva su di loro come una seconda luna in mezzo al cielo.
“Abbiamo… tutti gli altri sono spariti,” disse, cacciando indietro il dolore. “Abbiamo tutti perso delle persone. A tutti noi sono capitate delle brutte cose.” Dirlo non gli sembrava una cosa sufficientemente grande da contenere l’intero orrore della situazione. “Tutti noi stiamo soffrendo, e non possiamo litigare solo perché le cose vanno male. Riusciremo a cavarcela solo se lavoriamo insieme.”
Le ragazze rimasero in silenzio per un po’.
“Ok,” disse Chloe alla fine.
“Sì, immagino che sia così,” ribadì Luna.
Proseguirono, il vecchio furgoncino che sferragliava e sobbalzava lungo strade disseminate di detriti lasciati all’ultimo momento dalla gente, prima che gli alieni li prendessero. C’erano cartoni di fast-food abbandonati insieme ai veicoli, animali che vagavano a bordo strada e persone che giacevano a terra dove le auto le avevano colpite, così immobili che era ovvio che non ci fosse nulla da fare per aiutarle, anche se Kevin avesse saputo qualcosa di medicina.
Sollevò lo sguardo osservando la nave aliena in orbita al di sopra del mondo. Sua madre era lassù o si trovava su una delle navicelle che lui e Luna avevano visto sospese sopra ad altre città del mondo? Forse era stata lasciata a terra, in attesa di qualcos’altro, proprio come gli escursionisti e i soldati della montagna. Kevin non era certo di quale di quelle opzioni dovesse sperare. Nessuna delle due gli pareva una buona cosa.
“Guardate,” disse Luna indicando.
Kevin vide immediatamente ciò che stava guardando. La piccola nave spaziale che si era posizionata sopra San Francisco era ancora lì, improbabilmente sospesa sopra la città mentre di tanto in tanto delle forme molto più piccole scendevano da essa. Dopo tutta quella quiete sulle strade, quel movimento era scioccante quasi come il fatto che ci fosse una navicella spaziale.
Quasi.
“Stiamo