Una Canzone Per Gli Orfani . Морган Райс

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Una Canzone Per Gli Orfani  - Морган Райс Un Trono per due Sorelle

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il punto dove si trovava il carro, il cerchio di luce dei fuochi praticamente l’unico elemento di salvezza in un mondo che improvvisamente non aveva fondamenta. Lì c’erano Cora ed Emeline, l’ex serva vincolata al palazzo e la trovatella con il talento di toccare le menti, entrambe che guardavano Sofia come se si fosse trasformata in un fantasma.

      In quel momento Sofia non era certa che non fosse veramente così. Si sentiva priva di consistenza, irreale come se il minimo soffio d’aria potesse spingerla via e sparpagliarla in decine di direzioni diverse, senza mai più permetterle di tornare intera. Sofia sapeva che il tragitto in mezzo agli alberi l’avrebbe trasformata in qualcosa di selvaggio. Si sedette appoggiata a una delle ruote del carro, guardando fissamente davanti a sé mentre Sienne le si accoccolava accanto, quasi come avrebbe fatto un gatto domestico, piuttosto che il grosso predatore che invece era.

      “Cosa c’è?” chiese Emeline. È successo qualcosa? aggiunse mentalmente.

      Cora le si avvicinò, mettendo una mano sulla spalla di Sofia. “C’è qualcosa che non va?”

      “Io…” Sofia rise, anche se ridere era tutt’altro che la risposta appropriata a ciò che stava provando. “Penso di essere incinta.”

      Mentre lo stava dicendo, la risata si trasformò in lacrime e una volta iniziate Sofia non poté più fermarle. Le sgorgavano fuori, e anche se non era in grado di dire se fossero lacrime di felicità o di disperazione, dovute alla tensione al pensiero di tutto quello che poteva capitarle adesso o a qualcosa di completamente diverso.

      Le altre le si avvicinarono e la abbracciarono, stringendosi attorno a Sofia mentre il mondo si appannava nel caos di tutta quella situazione.

      “Andrà tutto bene,” disse Cora. “Faremo funzionare le cose.”

      Sofia non poteva vedere come le cose potessero funzionare in quel momento.

      “Sebastian è il padre?” chiese Emeline.

      Sofia annuì. Come poteva pensare che fosse qualcun altro? Poi si rese conto… Emeline stava pensando a Rupert, si stava chiedendo se il suo tentativo di stupro fosse andato oltre quello che pensavano.

      “Sebastian…” riuscì a dire Sofia. “È l’unico con cui sia mai andata a letto. È suo figlio.”

      Loro figlio. O lo sarebbe stato, a suo tempo.

      “Cosa intendi fare?” chiese Cora.

      Quella era una domanda alla quale Sofia non aveva risposta. Era la domanda che minacciava di travolgerla ancora una volta, e che le faceva salire le lacrime agli occhi al solo pensiero. Non riusciva ad immaginare cosa sarebbe successo adesso. Non poteva neanche iniziare a immaginare come sarebbero andate le cose.

      Lo stesso fece del suo meglio per pensarci. In un mondo ideale, lei e Sebastian sarebbero stati sposati adesso, e lei avrebbe scoperto che era incinta, circondata da gente che l’avrebbe aiutata, in una casa calda e sicura dove avrebbe anche cresciuto il suo bambino.

      Invece era fuori al freddo e al bagnato, e veniva a sapere della novità solo con Cora ed Emeline con cui poterla condividere, senza neanche sua sorella ad aiutarla.

      Kate? inviò il segnale nel buio. Puoi sentirmi?

      Non ci fu alcuna risposta. Forse era la distanza, o forse Kate era troppo impegnata per rispondere. Forse una decina di altri motivi, perché la verità era che Sofia non sapeva abbastanza del talento che lei e sua sorella possedevano per comprendere cosa avrebbe potuto limitarlo. Tutto quello che sapeva era che il buio inghiottì le sue parole non appena le ebbe gridate.

      “Magari Sebastian verrà a cercarti,” le disse Cora.

      Emeline la guardò incredula. “Pensi davvero che succederà? Che un principe verrà a cercare una qualche ragazza che ha messo incinta? Che gliene importerà qualcosa?”

      “Sebastian non è come la maggior parte degli altri al palazzo,” disse Sofia. “Lui è gentile. È un brav’uomo. Lui…”

      “Ti ha fatto andare via,” sottolineò Emeline.

      Sofia non poteva mettere in discussione quell’affermazione. Sebastian non aveva veramente avuto scelta quando aveva scoperto che lei gli aveva sempre mentito, ma avrebbe potuto tentare di trovare un modo per aggirare le obiezioni che la sua famiglia avrebbe sollevato, o avrebbe potuto seguirla.

      Era bello pensare che avrebbe potuto tentare di seguirla, ma quanto era veramente probabile? Quanto realistico era sperare che potesse mettersi in cammino in mezzo alla campagna alla ricerca di qualcuno che lo aveva ingannato su tutto, anche sulla propria identità? Pensava forse che si trattasse di una qualche canzone, dove il principe galante attraversava valli e colline nello sforzo di trovare la sua amata? Non era così che andavano davvero le cose. La storia era piena di bastardi di corte, quindi cosa contava uno in più?

      “Hai ragione,” disse. “Non posso contare sul fatto che mi segua. La sua famiglia non lo permetterebbe, neanche se avesse intenzione di farlo. Ma devo sperare, perché senza Sebastian… non penso di poterlo fare senza di lui.”

      “Ci sono persone che crescono i figli da soli,” disse Emeline.

      Era vero, ma Sofia poteva essere una di loro? Sapeva di non poter mai, mai, cedere un bambino a un orfanotrofio dopo tutto quello che lei aveva passato alla Casa degli Indesiderati. Eppure come poteva sperare di crescere un figlio se non poteva neanche trovare un posto dove stare al sicuro lei stessa?

      Forse c’erano risposte anche per quello da qualche parte nel suo futuro. La grande casa non era visibile adesso nel buio, ma Sofia sapeva che era lì e che la attirava a sé con la promessa dei suoi segreti. Era il posto dove erano vissuti i suoi genitori, e il luogo i cui corridoi ancora infestavano i suoi sogni con mezzi ricordi di fiamme e fuoco.

      Ci stava andando per tentare di scoprire la verità sulla propria identità e su quale fosse il suo posto nel mondo. Forse quelle risposte le avrebbero dato abbastanza stabilità da essere capace di crescere il suo bambino. Magari le avrebbero offerto un posto dove le cose sarebbero andate al loro posto. Magari avrebbe anche potuto chiamare Kate, raccontare a sua sorella che aveva trovato un posto per tutte e due.

      “Hai… delle opzioni,” disse Cora, l’esitazione nella voce che lasciava intuire quali opzioni potessero esserci prima che Sofia desse un’occhiata ai suoi pensieri.

      “Vuoi che mi sbarazzi del mio bambino?” chiese Sofia. Solo il pensiero… non era sicura di poterlo fare. Come poteva?

      “Voglio che tu faccia qualsiasi cosa tu pensi sia il meglio,” disse Cora. Mise la mano in una sacca che aveva alla cintura, vicino a quella con i trucchi. “Questa è polvere di rakka. Qualsiasi donna vincolata arriva presto a fare la sua conoscenza, perché non può dire di no al suo padrone, e la moglie del padrone non vuole in giro dei figli che non siano suoi.”

      C’era una sfumatura di dolore e amarezza che Sofia avrebbe voluto capire. Istintivamente si portò nei pensieri di Cora, e vi trovò dolore, umiliazione, un nobiluomo che era finito nella stanza sbagliata durante una festa.

      Ci sono cose nelle quali neanche noi dovremmo intrometterci, le disse Emeline con il pensiero. La sua espressione tradì un accenno di quello che provava, ma Sofia poteva sentire la sua disapprovazione. Se Cora vuole parlarcene, ce lo dirà.

      Sofia sapeva che aveva ragione, ma lo stesso non le pareva giusto non poter fare

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