Comando Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #2. Джек Марс
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Читать онлайн книгу Comando Primario: Le Origini di Luke Stone—Libro #2 - Джек Марс страница 16
Poi guardò Trudy. “Vorrei un po’ di contesto, se ce l’hai. Dove hanno portato il Nereus, e quanto sono pronti i russi quando… se… arriveremo.”
La donna annuì. “Ho qualcosa. Il Nereus è stato chiuso nella stiva di una vecchia nave cargo ed è stato portato al Porto d’Adler, appena a sud della città di Sochi, e a nord del confine russo con la Georgia. Stanno cercando di nasconderlo e di fingere di non averlo. Si comportano come se il cargo avesse fatto una normale sosta nel porto. E almeno fino al momento della nostra partenza da Washington, non c’erano prove che avessero spostato l’equipaggio del Nereus in un altro posto. Praticamente non si è mosso nessuno su quei pontili.”
“Sanno che li stiamo guardando,” disse Swann.
“Sembra che sia così,” rispose Trudy.
“E i russi?” domandò Luke. “Quanto sono pronti?”
Trudy strinse le labbra. “Posso dirti la mia teoria.”
“Dimmi,” disse lui.
“È un po’ complicata.”
Luke agitò una mano. “Ancora non è l’ora della nanna.”
Trudy annuì. “Vladimir Putin sta cercando di tenere a bada diversi problemi alla volta. Il disastro del Kursk, il massacro della scuola Beslan. Chi sa quando si calmeranno le acque? Ma nel frattempo sta anche facendo progressi su diversi fronti. Ha una salda presa sul governo. L’economia russa, anche se per i nostri standard è ancora un disastro, gode della massima prosperità degli ultimi quindici anni, principalmente per via degli alti prezzi del petrolio e del gas naturale in tutto il mondo. La valutazione delle minacce del Pentagono suggerisce che il loro esercito sia meglio finanziato, meglio addestrato e che i soldati siano pagati di più di quanto non succeda da molto tempo. Hanno modernizzato il sistema degli armamenti, e in particolare i sistemi missilistici.
“La Russia ha ancora una lunga strada da fare per tornare al posto che un tempo occupava nel mondo. Non è neanche sicuro che ci riesca. Ma non ci sono dubbi che da quando Putin ha preso il controllo, almeno si è messa sulla strada giusta. In passato era più come una macchina rovesciata in un fosso.”
“Che cosa significa per noi?” chiese Luke.
“Significa che hanno preso il sommergibile per avvertirci,” disse Trudy. “Il Mar Nero è stato dei russi per generazioni. A eccezione della costa turca, è stato praticamente la loro vasca da bagno. Per anni non siamo riusciti a metterci dentro neanche una nave. Ora ci stanno dicendo che sono tornati e che non possiamo più mandargli mezzi spia come ci pare e piace.”
“Sì, ma è davvero così?” le domandò lui. “Sono tornati? Se entriamo lì e cerchiamo di salvare quegli uomini, finiamo in una trappola letale?”
La giovane donna scosse la testa, offrendogli un pallido sorriso. “No. Non sono tornati. Non ancora. Hanno tuttora il morale molto basso. Il loro centri di comando hanno poca autorità. La corruzione è ovunque. Moltissime infrastrutture ed equipaggiamento sono degradati o non funzionali. Con un piano intelligente e un attacco rapido, credo che potremo prenderli alla sprovvista. Non voglio sembrare troppo sicura, ma secondo me potremmo riuscire a salvare quegli uomini.”
Lui la fissò. Ripensò al suo piano per arrestare il mercenario rinnegato americano Edwin Lee Parr e i suoi miliziani in Iraq, e la sua valutazione ottimistica delle loro probabilità di vittoria. All’epoca Luke aveva provato ben poco rispetto per lei, per il suo piano e la sua valutazione.
Poi tutto si era svolto quasi come Trudy l’aveva descritto. Luke ed Ed avevano comunque dovuto andare di persona a sbrigare il lavoro, ma quello era scontato.
“Speriamo che tu abbia ragione.”
* * *
Luke era caduto in un sonno agitato. Fece sogni strani, spaventosi e mutevoli. Un salto nel vuoto notturno. Quando si buttò, il paracadute non si aprì. Sotto di lui c’erano le vaste acque di un fiume nero. Alligatori, a decine, lo guardarono cadere dal cielo. Si gettarono verso di lui. Ma aveva le gambe legate a una corda per bungee jumping. Rimbalzò, un salto al rallentatore, appena sopra l’acqua. Rimase con le braccia tese verso il basso e gli alligatori cercarono di morderlo.
Poi divenne giorno. Un elicottero Black Hawk era stato abbattuto e stava precipitando giù dal cielo. Il rotore sulla coda era sparito, il mezzo roteava fuori controllo e stava crollando verso terra. Luke stava correndo in mezzo a un campo, un vecchio stadio da calcio, in direzione dell’elicottero. Se fosse riuscito a raggiungerlo prima che arrivasse al suolo, avrebbe potuto prenderlo e salvare gli uomini a bordo. Ma l’erba cresceva tutto intorno a lui, si alzava e si arrotolava, afferrandogli le gambe, rallentandolo. Spalancò le braccia, sporgendosi… ma arrivò tardi. Era troppo tardi.
Dio, l’elicottero stava atterrando su un fianco. Ecco… che… arriva…
Si svegliò di colpo nel bel mezzo di una turbolenza. L’aereo sobbalzò, e seguì le correnti d’aria come se fosse sulle montagne russe. Luke si guardò intorno. Le luci erano spente. Per un momento non capì se era sveglio o se stava ancora dormendo. Poi notò il resto della sua squadra, stesi e addormentati in vari punti della cabina buia.
Guardò fuori dal finestrino, ma non vide nulla oltre alle luci lampeggianti sull’ala. Molto più in basso, l’oceano era vasto, infinito e nero. Si erano lasciati il sole alle spalle da parecchio, il giorno era ormai finito.
Volavano da ore, e il viaggio era ancora lungo.
Tra diverse ore, mano a mano che si fossero avvicinati a est, il cielo avrebbe iniziato a rischiararsi. Controllò l’orologio. A DC era appena passata la mezzanotte, che significava che a Sochi erano passate da poco le otto del mattino.
Fissare l’orologio gli diede il senso degli eventi che precipitavano. I russi potevano spostare quegli uomini quando volevano. Magari lo avevano già fatto quella notte.
Era frustrante essere intrappolato su quell’aereo mentre le lancette correvano.
Non aveva dormito molto, ma sapeva che non si sarebbe riaddormentato. Aveva molti pensieri per la testa. I fantasmi del suo passato. Becca e Gunner. Il futuro incerto di un bambino nato in un mondo terribile. Quella missione pericolosa.
Si alzò, andò nel piccolo cucinotto in fondo all’aereo. Superò Ed Newsam e Mark Swann, che stavano sonnecchiando sui lati opposti del corridoi, uno di fianco all’altro. Senza accendere la luce, riempì metà tazza di acqua calda e la mescolò con la polvere di caffè istantaneo. Lo preparò nero con solo un po’ di zucchero. La assaggiò. Eh. Non era cattivo. Prese una mela Danish avvolta nella plastica e tornò al suo posto.
Accese il faretto sopra la sua testa.
Guardò dall’altra parte del corridoio. Trudy dormiva, raggomitolata su se stessa. Era giovane per quel lavoro. Doveva essere bello sapere tante cose a quell’età. Ripensò a come era stato quando aveva avuto vent’anni. Era stato una specie di supereroe dozzinale, che reagiva correndo a testa bassa attraverso i muri. Non era stato un tipo molto riflessivo.
Scosse il capo e abbassò lo sguardo sui documenti che aveva in grembo. La ragazza gli aveva consegnato molti dati utili. C’erano immagini satellitari del cargo, inclusi i primi piani delle passerelle in cima e delle stanze dove si riteneva