Prima Che Aneli. Блейк Пирс

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Prima Che Aneli - Блейк Пирс

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La valutazione complessiva della sua sessione era ottantanove percento; il cinque percento in più rispetto alla volta precedente e il nove percento in più rispetto ai centodiciannove risultati ottenuti dagli altri agenti e tirocinanti.

      Devo fare più pratica, pensò uscendo e dirigendosi verso lo spogliatoio. Prima di cambiarsi, prese il cellulare dallo zaino e vide un messaggio di Ellington.

      La mamma ha appena chiamato. Arriverà un po’ in anticipo. Mi dispiace...

      Mackenzie sospirò profondamente. Quel giorno, lei ed Ellington avevano in programma di andare a vedere una possibile sala per il ricevimento, e avevano deciso di invitare la madre di lui. Mackenzie l’avrebbe incontrata per la prima volta e si sentiva di nuovo una ragazzina del liceo che sperava di passare l’esame di una madre protettiva e amorevole.

      Divertente, pensò Mackenzie. Eccezionalmente abile con la pistola, nervi d’acciaio... ma ho ancora paura di incontrare la mia futura suocera.

      Tutte quelle questioni di vita casalinga iniziavano a darle sui nervi. Ciononostante, mentre si cambiava, avvertì un moto d’eccitazione. Stavano per vedere la sala che aveva scelto lei. Poi, fra sei settimane, si sarebbero sposati. Iniziava a sentirsi emozionata. Con un sorriso stampato in viso, si avviò verso casa.

      ***

      A quanto pareva, Ellington era nervoso almeno quanto Mackenzie per quell’incontro. Entrando in casa, lo trovò in cucina che camminava avanti e indietro. Non sembrava esattamente preoccupato, ma i suoi movimenti tradivano una certa tensione nervosa.

      “Sembri spaventato” commentò Mackenzie, accomodandosi su uno sgabello.

      “Mi è appena venuto in mente che oggi sono due settimane esatte da quando le pratiche del mio divorzio sono state chiuse. Tu, io e praticamente ogni altro essere razionale sa che queste cose vanno per le lunghe per via della burocrazia. Ma mia madre... ti assicuro che non si farà sfuggire l’occasione di farmelo notare nel momento meno opportuno.”

      “Sai, in teoria dovresti farmi venire voglia di incontrarla, non farmela passare” disse Mackenzie.

      “Lo so. Di solito è una persona adorabile, ma a volte... insomma, quando vuole sa essere una stronza.”

      Mackenzie si alzò e andò ad abbracciarlo. “È suo diritto in quanto donna. Ce l’abbiamo tutte, sai.”

      “Certo che lo so” replicò lui con un sorrisino, quindi le diede un bacio sulle labbra. “Allora... ti senti pronta?”

      “Vediamo: ho preso assassini, fatto inseguimenti al cardiopalma, guardato nella canna di innumerevoli pistole... No, direi che non sono pronta. Sono terrorizzata.”

      “Allora saremo terrorizzati insieme.”

      Uscirono dall’appartamento tranquillamente, come ormai facevano da quando erano andati a convivere. Mackenzie aveva già l’impressione di essere sposata con Ellington. Sapeva tutto di lui. Si era abituata al suo leggero russare e persino alla sua predilezione per la musica glam metal anni ’80. Inoltre, adorava le spruzzate di grigio che Ellington iniziava a mostrare sulle tempie.

      Insieme avevano passato l’inferno; i casi più difficili Mackenzie li aveva affrontati con lui al suo fianco. Ecco perché era certa che fossero più che pronti per il matrimonio e tutto quello che comportava, suocera lunatica inclusa.

      “Devo proprio chiedertelo” disse Mackenzie entrando in auto. “Ti senti più leggero adesso che il divorzio è chiuso e ti sei tolto quel peso dalle spalle?”

      “Assolutamente. Era un macigno, direi.”

      “Forse avremmo dovuto invitare la tua ex moglie al matrimonio? Credo che tua madre lo avrebbe apprezzato.”

      “Giuro che un giorno riderò alle tue battute. Davvero.”

      “Lo spero bene” ribatté Mackenzie. “Sarà una convivenza noiosa se non imparerai a riconoscere il mio genio comico.”

      Ellington allungò la mano per stringere quella di Mackenzie e le sorrise raggiante, come se fossero una coppia che si era appena innamorata. Poi mise in moto e si avviarono verso quello che Mackenzie era quasi sicura sarebbe stato il luogo in cui si sarebbero sposati. Entrambi erano talmente al settimo cielo che gli sembrava quasi di vedere il loro futuro oltre il parabrezza, luminoso e brillante.

      CAPITOLO DUE

      Quinn Tuck aveva un semplice sogno: vendere il contenuto di alcuni di quei magazzini a qualche stupido, come quelli che vedeva nel reality Affari al Buio. Quello che faceva gli fruttava guadagni niente male: ogni mese portava a casa quasi seimila dollari al mese per i depositi che gestiva. E, da quando aveva estinto il mutuo sulla sua casa l’anno prima, era riuscito a risparmiare quel tanto che bastava per portare sua moglie a Parigi – cosa di cui lei non aveva mai smesso di parlare da quando avevano iniziato a uscire insieme venticinque anni prima.

      A dirla tutta, gli sarebbe piaciuto vendere tutta la casa e traslocare altrove. Magari in Wyoming, uno stato che non interessava a molti, ma che era al tempo stesso molto bello e anche economico. Sua moglie però non ci sarebbe mai voluta andare, anche se sarebbe stata ben felice se lui avesse lasciato il giro d’affari dei magazzini.

      Innanzitutto, i clienti erano quasi tutti dei coglioni snob. Del resto, erano persone che avevano così tanti oggetti da non sapere dove metterli e dover prendere in affitto dello spazio extra. In secondo luogo, sua moglie non avrebbe certo sentito la mancanza di tutti quegli affittuari pignoli che lo disturbavano di sabato per le cose più stupide. Quella mattina a telefonargli era stata un’anziana donna che aveva in affitto due unità, sostenendo di aver avvertito un odore disgustoso provenire dal magazzino di fianco al suo.

      Solitamente, Quinn avrebbe detto che sarebbe andato a controllare, per poi invece non fare niente. Ma quella era una situazione complicata. Due anni prima aveva ricevuto una lamentela simile; aveva aspettato tre giorni prima di andare a controllare, per poi scoprire che un procione era riuscito a intrufolarsi in uno dei box senza più uscire. Quando Quinn l’aveva trovato, era gonfio e morto da almeno una settimana.

      Ecco perché, quel sabato mattina, si era recato al deposito dove si trovavano i magazzini, invece di restarsene a letto a cercare di convincere la moglie a fare sesso con lui con la promessa di quel viaggio a Parigi.

      Quinn scese dal suo camion e si avviò tra i magazzini. Ogni blocco conteneva sei unità, tutte delle stesse dimensioni. Raggiunto il terzo blocco, si accorse che la signora non aveva affatto esagerato. Percepiva già un lezzo terribile, a due box di distanza. Tirò fuori il mazzo di chiavi e cercò fino a trovare quella del numero 35.

      Giunto alla porta, aveva quasi paura di aprirla. La puzza era davvero tremenda. Cominciò a chiedersi se qualcuno ci avesse accidentalmente chiuso dentro il proprio cane, e nessuno l’avesse sentito abbaiare. Quell’immagine spazzò via dalla sua mente ogni residuo pensiero sui suoi programmi con la moglie.

      Con una smorfia di disgusto per il fetore, Quinn inserì la chiave nella serratura dell’unità 35. Una volta udito lo scatto, Quinn la tolse e sollevò la saracinesca.

      La puzza lo investì con tale violenza da farlo arretrare di qualche passo, minacciando di farlo vomitare. Quinn si coprì bocca e naso con una mano, quindi fece un passo in avanti.

      Ma non ne fece altri. Riusciva a vedere l’origine del fetore

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