La Verticale del Ruolo. Jurij Alschitz

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La Verticale del Ruolo - Jurij Alschitz

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magico, rituale quasi, ma senza pompa: da quel momento inizia a snodarsi un filo invisibile verso la nascita di una nuova vita. Si tratta di un momento delicato, in cui un esagerato senso di concretezza, pragmatismo, noncuranza, pregiudizi o troppo ardore “giovanile” non portano buoni risultati. Ricordiamo che la prima opinione sul testo e sul personaggio ha un grande peso e che cambiarla in seguito è molto più difficile di quanto non sembri. Meglio che questa rimanga per il momento allo stadio di una vaga impressione: anche se imprecisa, ci lascerà più liberi.

      Ogni attore esperto sa che un ruolo interessante non si lascia “scoprire” immediatamente. Al contrario, esso nasconde i suoi lati segreti autenticamente belli, lasciando invece in preda all’esibizionismo dell’attore le parti con le quali quest’ultimo può facilmente mostrare il proprio fascino e temperamento, sfruttando le situazioni comiche o tragiche. Il primo incontro col testo ha sempre un elemento di gioco. Per questo è bene essere leggeri, sinceri, aperti, liberi, ricordando però di non cadere nei tranelli del testo. E’ meglio che il primo incontro rimanga un gioco, che la prima percezione del testo lasci soltanto delle sensazioni. Se si inizia con il gioco, sarà poi più semplice addentrarsi nell’essenza, cercare il suo spirito, il fuoco, la fonte dell’energia del testo.

      Come e dove l’attore deve fare la prima conoscenza del suo ruolo, del suo personaggio? Penso che le letture della pièce in teatro, alla presenza di tutta la compagnia, per quanto possano essere “artistiche” (alcuni registi organizzano le letture del testo accompagnate da musica, versi e album di pittura), servano solo a “contaminare” la percezione personale che ha l’attore del materiale testuale. Anche se la lettura vuole esser neutra, come fosse una semplice relazione o un protocollo, si è comunque in qualche misura influenzati dalla soggettività di chi sta leggendo il testo ad alta voce, dalle sue intonazioni, dal suo timbro. Oso affermare che persino la voce dell’autore è un disturbo nella fase iniziale del lavoro dell’attore. Ma ne torneremo a parlare più avanti.

      A volte, la lettura del testo avviene dopo la distribuzione dei ruoli: in questo caso l’attore è spesso involontariamente “sintonizzato” a sentire solamente il “suo” testo. Questo è il peggior esempio di lettura del testo. Per un determinato periodo della mia attività registica ho cercato di evitare la distribuzione dei ruoli prima della lettura, sperando in questo modo di stimolare l’attore a percepire il testo drammatico nella sua interezza. Ma, col tempo, ho realizzato che durante queste letture l’attore si concentrava ad indovinare il ruolo che sarebbe stato successivamente assegnato a lui e al suo collega, a ragionare sulla convenienza di accettarlo o rifiutarlo a priori e via dicendo. Così facendo, l’attore “misura” su di sé vari ruoli, come se fossero abiti in un negozio. L’artista, in fin dei conti, è egocentrico per natura, e non vedo alcun male in questo tipo di “calcolo”. Sono processi assolutamente inconsci ed è impensabile pretendere di cambiare la natura degli attori.

      Quanto a me, i miei momenti preferiti per leggere un testo sono la mattina, quando la testa è ancora libera dalle preoccupazioni quotidiane. Stacco il telefono e chiedo di non essere disturbato. Anche la notte tarda, quando tutti sono già andati a dormire, è un ottimo momento per far conoscenza con un testo. Leggere la notte è come depositare il testo nel proprio subconscio, per lasciare poi ai sogni il tempo di svolgere una loro prima analisi. La mattina il testo ha già assunto per me un aspetto diverso e ho bisogno di rileggerlo.

      Sulla base della mia esperienza negativa, vi sconsiglio, una volta letto il testo, di affrettarvi in biblioteca in cerca di consultazioni sulla storia e sulla letteratura! Finché non avete instaurato un personale rapporto con il personaggio, non siete in grado di affrontare criticamente l’opinione del regista, di studiosi e specialisti. Questi potranno sicuramente servire più avanti, ma all’ inizio devono esistere solo l’attore e il suo ruolo. E’ un momento tutto loro, il loro segreto. Tutto ciò che è stato detto, letto o sentito sull’argomento, va messo da parte: bisogna partire da un foglio bianco.

      La domanda da porsi davanti ad un testo classico è: quale energia intrinseca al testo lo mantiene vivo ancora oggi? E’ necessario imparare a leggere il testo come se questo fosse scritto da un drammaturgo contemporaneo, per attori con la mentalità di oggi. Per quanto riguarda una pièce contemporanea, il procedimento potrebbe essere inverso: immaginare che siamo davanti ad un testo che è vissuto nei secoli, divenuto un mito, le cui battute si sono trasformate in modi di dire. Provate ad immaginare come verrebbe percepito questo testo tra cento o duecento anni: quali momenti ne rimarranno immortalati per sempre nell’“immaginario collettivo”? Cosa invece rappresenta un semplice tributo alla moda odierna e si dimenticherà il giorno dopo? Solo alla fine di queste riflessioni potrete prendere la decisione di accettare o meno il ruolo che vi è stato offerto. Ogni nuovo ruolo da interpretare pone davanti all’attore domande nuove. Definire l’ambito di queste domande significa scegliere un determinato percorso nella preparazione del ruolo.

      2. Esistenza invisibile del visibile

      Pedagoghi e registi hanno spesso una propria visione del “metodo delle azioni fisiche” di Stanislavskij. Così alcuni suggeriscono di lavorare sul personaggio seguendo un determinato ordine: l’attore deve inizialmente impadronirsi della vita del corpo umano, e solo dopo cercare di penetrare nella vita dello spirito. Dal mio punto di vista, si tratta di un’ interpretazione del metodo non del tutto corretta e, per essere orientata alla creazione della vita in scena, troppo materialista.

      Probabilmente, proprio per questo motivo essa ha riscontrato tanto successo negli Stati Uniti, grazie al lavoro di Lee Strasberg. E’ un percorso allettante, semplice da comprendere: ecco perché l’attore lo preferisce a quello meno chiaro, che suggerisce di

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