Tutte Le Signore Amano Coventry. Dawn Brower

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      Tutte le Signore Amano Coventry

TUTTE LE SIGNORE AMANO COVENTRY DAWN BROWER TRADOTTO DA VALENTINA GIGLIO EDITO DA TEKTIME

      Questo è un lavoro di finzione. Nomi, personaggi, luoghi e incidenti sono prodotti dall'immaginazione dell'autore o sono usati fittiziamente e non devono essere interpretati come reali. Qualsiasi somiglianza con luoghi, organizzazioni o persone reali, vivi o morti, è del tutto casuale.

      Copyright © 2018 Dawn Brower

      Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta elettronicamente o stampata senza autorizzazione scritta, tranne nel caso di brevi citazioni incorporate in recensioni.

      CAPITOLO 1

      Aprile 1800

      Lady Abigail Wallace fissò la propria gonna bianca insignificante e corrugò la fronte. L’unica cosa colorata che le era concesso di indossare, era una fusciacca color zaffiro legata intorno alla vita. Non rendeva la sua gonna molto più bella. Almeno il colore della fusciacca si intonava ai suoi occhi. Tuttavia il bianco rendeva la sua pelle quasi malaticcia. Aveva la carnagione chiara ed una spruzzata di lentiggini sul viso. Nessuno avrebbe potuto scambiarla per una signorina bionda inglese, specialmente con i suoi sfacciati capelli rossi.

      Perché aveva lasciato che suo padre la convincesse a passare la stagione Londra? Non c’era niente che la città potesse offrirle e che non potesse trovare a casa- in Scozia. Cosa c’era di male nel trovare un buon Lord Scozzese come marito? La residenza della sua famiglia si trovava nelle Lowlands e suo padre si identificava più con i fratelli inglesi che con gli Highlanders scozzesi, ma Abigail avrebbe preferito avere una possibilità ad Edimburgo.

      “Smettila di agitarti”, sua sorella, Belinda, le sussurrò sottovoce. Il suo accento scozzese era evidente anche quando fuoriusciva a bassa voce. “No, nessuno ci chiederà di ballare con questo atteggiamento”.

      Voleva rispondere che ciò l’avrebbe resa felice. Nessuno dei gentiluomini la attraeva. Tutto quello che voleva, era sopravvivere alla stagione e tornare a casa. Se fosse tornata senza un marito, suo padre avrebbe acconsentito ad una stagione ad Edimburgo. Dopotutto, voleva che la sua figlia maggiore si sposasse. Avrebbe concesso molte stagioni a Belinda. Lei era la vera bellezza ed avrebbe avuto molti pretendenti. Sua sorella aveva dei bei capelli biondi e gli occhi azzurri. Sembrava più una lady inglese e non assomigliava affatto ad Abigail. Se Belinda assomigliava alla madre, inglese per nascita, Abigail aveva preso i suoi capelli castano ramati da suo padre. Non era solo quello che aveva preso da lui. Il suo carattere era un risultato diretto del suo sangue scozzese. Non si sarebbe mai trovata bene nella buona società. Abigail non sopportava gli stupidi e la maggior parte degli elegantoni al suo seguito corrispondevano a quella descrizione.

      “Non devi preoccuparti, cara sorella”, iniziò a dire Abigail. “Ci sono un sacco di gentiluomini che ti hanno messo gli occhi addosso. Non ci vorrà molto perché qualcuno sia abbastanza coraggioso da chiederti un ballo”. Anche quella era la verità. Molti uomini guardavano nella loro direzione, ma i loro occhi si soffermavano sempre un po’ più a lungo su Belinda. Abigail aveva compiuto ventuno anni prima di partire per la stagione a Londra. Belinda era tre anni più giovane. Entrambe avrebbero già dovuto essere almeno fidanzate, ma quando la madre era morta, il padre era stato riluttante a lasciarle andare. Adesso era determinato a trovare un marito ad entrambe, come era giusto, secondo lui. Abigail avrebbe voluto dirgli dove poteva mettersi le sue idee sul matrimonio, e non si trattava di un posto piacevole.

      “Forse”, concordò sua sorella. “Se la finisci di guardarli storto, faranno questo sforzo”. Sua sorella la guardò con un cipiglio sul suo viso stupendo. “Forse tu non desideri sposare un uomo con dei mezzi, ma io sì. Non togliermi questa possibilità.

      Un trambusto si diffuse nella sala da ballo affollata. Si girarono tutti a guardare verso l’entrata. Doveva essere arrivato qualcuno di importante per farli tutti fermare e fissare con trepidazione. Abigail avrebbe voluto dire che non le interessava, ma la sua curiosità ebbe la meglio. Molte delle signore iniziarono a sussurrare dietro ai ventagli, squittendo quasi per l’eccitazione. Stava per fare la sua apparizione il Principe Reggente in persona? Nient’altro aveva senso per lei.

      Uno dei domestici dei Loxton aprì le porte sopra l’ampia e lunga scalinata ed annunciò, “Il conte e la contessa di Harrington.” Un uomo alto con i capelli scuri ed una donna eterea con i capelli biondo argento stavano scendendo le scale. Dietro di loro veniva un uomo. Quell’uomo catturò la sua attenzione. Era bello- se si poteva descrivere così un uomo. Non una bellezza classica, ma in un modo da toglierle il fiato. Aveva le mascelle alte e le labbra più baciabili che lei avesse mai visto in un uomo di buona famiglia. I suoi capelli scuri erano del colore del cielo a mezzanotte e lei si trovò ad essere curiosa riguardo la sfumatura dei suoi occhi. L’uomo non era stato annunciato, ma sembrava essere quello che tutti stavano aspettando. Tutti trattennero il fiato mentre lui procedeva dietro il conte e la contessa. Chi era?

      “Oh, è bello”, sua sorella quasi sussurrò quelle parole. “Chi pensi che sia?”.

      “Non ne ho idea”, disse lei. Anche le sue parole uscirono quasi come un sussurro, come quelle di sua sorella. “Forse dovremmo scoprirlo”.

      “Come?” Belinda alzò un sopracciglio. “Non conosciamo nessuno a cui chiedere e la nostra chaperonne non sarà molto di aiuto”. Indicò verso la matrona che le aveva accompagnate. Stava russando su un divano vicino, senza interessarsi di cosa stessero facendo le sue protette. Non che Abigail e Melinda facessero molto. Nessuno le aveva invitate a ballare o aveva veramente provato a parlare con loro. Facevano già da tappezzeria al loro debutto in società. Odiava dirlo a Belinda, ma forse non sarebbero tornate con dei mariti. Era Belinda ad avere ancora le migliori possibilità. Forse Abigail sarebbe dovuta rimanere a casa la prossima volta, così gli elegantoni sarebbero stati più a loro agio nell’avvicinare Belinda.

      “Ascoltiamo quello che dicono le signore. Sembrano tutte innamorate di lui”, rispose Abigail. “Sono veramente rapite dalla sua presenza”. Non poteva biasimarle. L’uomo era veramente bello da vedere, ma avrebbero dovuto avere un po’ di pudore. Chiaramente l’uomo le ignorava perché sapeva di avere la loro attenzione. Fu allora che lei si rese conto che era tanto vanitoso quanto bello. Ciò significava che si sarebbe aspettato che una donna stravedesse per lui. Forse Abigail poteva trovare il suo viso affascinante, ma rifiutava di essere la pedina di qualsiasi uomo. “Potrebbe essere un corteggiatore adatto a te”.

      “Lo pensi veramente?” chiese Belinda piegando da un lato la testa. “Sembra ancora più improbabile che lui mi noti di quanto lo facciano gli altri uomini.”

      Abigail non rispose a sua sorella. Era troppo impegnata a cercare di sentire la conversazione tra due delle signore vicino a loro.

      “Non è bello?”, tubò una delle donne.

      “E da sogno”, disse la sua compagna. “Non dimenticarlo”. Sospirò mentre fissava l’uomo che si faceva strada nella sala da ballo.

      Abigail alzò gli occhi al cielo. Erano ridicole e troppo ovvie nei loro interessi. Non voleva pensare a come fosse stata momentaneamente colpita da quell’uomo. Ma non importava, visto che aveva il buon senso di darci un taglio. Eppure stava attenta alla loro conversazione perché non avevano ancora fatto il nome dell’uomo. Lo voleva per Belinda. Almeno era quello che continuava a ripetersi…

      “Nessuno sa mai se verrà ad un ballo. E’ uno degli scapoli più appetibili”. La donna alzò il ventaglio e se lo sventolò davanti al viso. “Pensi che se porgo i miei omaggi a Lady Harrington, lei ci presenterà? Tutti sanno che non partecipa ad alcun evento sociale se non insieme al conte e sua moglie.”

      Le signore avevano la lingua lunga ma, anche se

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