Il Mistero Della Serendipità. R. F. Kristi
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“Avevo programmato di andarla a vedere durante la visita al Museo”
Alzai gli occhi con interesse.
Da quando avevo costituito la mia agenzia investigativa ero interessata a qualsiasi tipo di crimine.
La misteriosa scomparsa o il furto di una vecchia spada era proprio il mio genere.
La mamma si accigliò non appena il suo telefono cominciò a suonare come un moscerino arrabbiato.
Si allontanò da noi per rispondere al telefono e ne approfittai per chiedere al resto del gruppo cosa volessero fare quella mattina.
Risposero all’unanimità.
Tutti volevano tornare sulla spiaggia per giocare e vedere di nuovo le enormi tartarughe di mare del giorno prima.
Le tartarughe arrivarono verso le 10 del mattino, proprio come il giorno prima, per sdraiarsi sulle alghe vicino alla casetta.
Si muovevano tutte intorno molto ma molto lentamente ed erano pure molto chiacchierone.
Si dilettavano a trascorrere molte ore galleggiando sulla superficie dell’oceano, apparentemente dormivano oppure si crogiolavano al sole. Molto spesso gli uccelli di mare si poggiavano sul loro dorso.
Dopo che mangiarono, trascorsero un po’ di tempo riposandosi o dormendo incastrate tra i coralli o le rocce.
Tutto ciò era molto interessante da osservare.
Attaccai a parlare con una delle più piccole che si chiamava Rani.
Mi aveva paragonato ad una sirenetta e mi chiese se volessi indossare le pinne e fare una nuotata con lei.
Mi misi a ridere e le dissi che non ero una sirenetta ma un gattino di razza Siberiana.
Poi mi raccontò un po' di lei e della sua famiglia. Alcuni di loro erano vecchi, avevano quasi cent’anni.
Queste tartarughe vecchie erano pure molto sagge e conoscevano i migliori posti tutto intorno a Galle dove trovare squisite alghe.
Tutto questo secondo la mia amica tartaruga Rani.
Io non avevo mai assaggiato delle alghe prima d’ora e non avevo intenzione di farlo adesso.
Rani mi disse che a loro piaceva molto quel tratto di spiaggia e, in particolare, il fatto che quella casetta accogliesse pochi ospiti, a differenza dei grandi hotel sulla spiaggia, un pò più in là.
Qui potevano davvero riposare indisturbate.
Rani, la piccola tartaruga, era rimasta affascinata dal fatto che arrivavamo da un luogo così lontano.
Era molto curiosa e voleva sapere tutto di Londra.
A me piace essere ascoltata e avevo raccontato a Rani tutte le nostre precedenti avventure e della mia agenzia investigativa – Inca &Company.
Fromage, ovviamente, aveva raccontato a Rani della sua formaggeria a Londra e di quella a Parigi, dove era nata.
Mentre chiacchieravamo di Londra e Parigi e dei nostri amici, la Mamma corse fuori per informarci che Solo e Terrance erano appena arrivati all’aeroporto e ci avrebbero raggiunto presto.
Saltammo di gioia!
Eravamo proprio felici di avere Terrance lì con noi.
Terrance era davvero un amico e lo ammiravamo tanto, nonostante fosse un cane.
Solo era stato invitato dal Direttore del Museo Colombo per investigare sul caso della spada rubata.
Solo aveva una buona reputazione che riguardava la soluzione di crimini internazionali e locali. Terrance era il suo abile assistente.
Sapevo che avrei ricevuto informazioni dirette da Terrance e, forse, avrei avuto una buona opportunità per aiutarlo e Solo avrebbe trovato il colpevole e recuperato la spada preziosa.
Tutto ciò era già accaduto in passato.
Inoltre, ero ansioso di sapere come se la stessero passando il resto di Inca e Company a Londra.
Poveretti Monk e Polo! Come saranno tristi, li abbiamo lasciati soli nella fredda, freddissima Londra.
Lunedi’ Pomeriggio
Quel pomeriggio sentimmo un forte rumore oltre il muro della casetta.
Mentre il resto del gruppo rimase lì e cercava di guardare, Io, poiché sono curiosona, saltai in cima al muro per vedere cosa fosse quel rumore.
Per poco non caddi giù per lo stupore che provai.
Stavo subito per scendere quando una voce stridula disse:
“Ciao!
“Sei un gattino carino!
“Come ti chiami?
Una piccola montagna grigia mi guardava con occhi intelligenti.
Era un cucciolo di elefante che mi parlava accanto alla sua enorme mamma-elefante, che era troppo impegnata a masticare foglie per accorgersi di me.
Non osai saltare per parlare con il piccolo elefante e, pensando a me stesso e alla piccola montagna che aveva gusti raffinati, gli risposi:
“Ciao, Mi chiamo Inca, e tu come ti chiami?
“Mi chiamo Meena, perché non vieni a farti una corsetta sulla schiena di Mamma? Mi disse.
Cominciai a deglutire.
Arrampicarmi per farmi una corsetta sulla schiena di Mamma-elefante?
E se Mamma-elefante mi avesse afferrato con la sua proboscide?
● Mi avrebbe schiacciata come un insetto?
● Mi avrebbe appiattita come un pancake?
● Mamma-elefante avrebbe starnutito e infine mi avrebbe soffiata via fino in Cina?
● Sarei sopravvissuta all’incontro ravvicinato con quella enorme signora-elefante?
Lanciai un’occhiatina a Meena.
Lei aveva gli occhi luminosi e scintillanti e, sul suo viso enorme, un adorabile sorriso.
Ma la sua proboscide che terminava in una piccola bocca era qualcosa che non potevi perderti facilmente.
Era una proboscide e lo era per davvero. Una volta che l’hai vista non la dimentichi mai più.
In effetti era un mezzo di trasporto comodo che si muoveva tutto intorno come se fosse un essere vivente a sé.
La osservavo con ammirazione.
Poi