L'Ascesa Di Mercurio. Rebekah Lewis
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CAPITOLO DUE
Hermes camminava davanti all'ingresso del tempio di Zeus. Perfino lui non poteva fare irruzione e andare ovunque, se indesiderato. Per vendetta, suppose; per tutti i soprannomi stupidi con cui aveva chiamato suo padre, di fronte ad altre persone, quando Zeus non poteva reagire. E non gli avrebbe certo dato fastidio se Melancton e Daphne non avessero ricevuto una risposta immediata.
In un momento di disperazione, Melancton aveva stretto un accordo con Apollo. Ancora. Satiri, scosse la testa tristemente, non imparano mai. Aveva promesso di non tentare mai più di salvare la vita di Daphne. Non che Melancton potesse entrare nell'Olimpo, ma comunque ... Di tutti gli dei con cui fare un accordo, Apollo era tra i più scorretti quando era arrabbiato.
Non c'era possibilità che Hermes vedesse un uomo d'onore, ehm ... un satiro, soffrire d’amore mentre Apollo torturava ancora il suo tesoro. Per secoli, Apollo aveva tenuto Daphne incatenata all'albero di alloro nel suo tempio olimpico. Senza i benefici della terra sottostante – l’Olimpo era separato dal regno umano, il luogo in cui fiorivano le ninfe del legno - Daphne si era indebolita, unendosi per sopravvivere all'albero a cui era legata. Anche le ninfe prosperavano sul sesso, che piaceva a loro in modo esagerato, ma lei amava Melancton e quindi si era rifiutata di abbassarsi alle richieste di Apollo.
Gli amanti erano condannati a vivere lontani per sempre o condannati ognuno a imminenti castighi.
Noioso. A nessuno piaceva un finale infelice. Tranne forse ad Apollo. E a Dioniso. E ad Hera. E ad Ade. E a Poseidone. E ... Ok, la sua famiglia si divertiva a guardare gli altri soffrire. Non era quello il punto.
"Vedo che tuo padre non ti ha ancora chiamato". Hybris apparve alla sua destra, appoggiata su un fianco e la sua mano sulla pericolosa curva, con sfacciataggine. Merda.
"È occupato".
"Giusto". Lei aveva indossato un nuovo paio di tacchi: rosa acceso. Un colore così femminile. E su di lei ... Smettila, amico!
"Hybris, perché non continuiamo questa conversazione in un altro momento. Diciamo, tra qualche secolo?"
"Davvero non penserai che io sia d'accordo, vero?"
Hermes sospirò. "No, ma ne valeva la pena".
"Ora, guarda qui". Hybris avanzò di nuovo su di lui, un'unghia rosa calda affusolata lunga - aveva intonato il colore delle unghie e il rossetto con le scarpe - picchiettandolo sul petto. "Ti avevo detto che non volevo che Pan sapesse di me e tu gli hai dato il mio numero di cellulare. Come hai potuto?"
Sebbene non la vedesse da secoli, Zeus si era assicurato che Hermes avesse i numeri di tutti gli Dei dell’Olimpo per rendere più facile la consegna dei messaggi. L'uso della tecnologia umana nel loro regno non aveva semplificato il processo di invio di una circolare a tutti. No. Lui aveva mandato un messaggio ad Hermes e Hermes l'aveva inviato a tutti gli altri. Ridicolo, sì, ma il suo lavoro dipendeva dall'inoltro dei messaggi di Zeus.
Tuttavia, Hybris si era comportata come se ammettere di aver avuto un bambino significasse esibire il peggior tipo di sconfitta. Avevano creato un bellissimo bambino insieme di cui non poteva essere più orgoglioso. Hermes socchiuse gli occhi. "Perché ti disturba così tanto?"
Hybris increspò le labbra e contemplò la sua domanda. "Perché l'ho affidato a te. Bel lavoro che hai fatto anche su questo. Lasciare che nostro figlio venisse maledetto come un satiro. Un satiro, Hermes!" Lui balbettò indignato; non poteva prendersi la colpa per Pan che aveva inchiodato una donna che Dioniso voleva. "E conosci i limiti dei miei poteri". Lei distolse lo sguardo, la furia si ridusse rapidamente alla tristezza. "Non posso mai dire le cose che vorrei".
Il che aveva dimostrato il motivo per cui non avrebbe mai funzionato tra di loro. Il potere di Hybris la rendeva fisicamente incapace di ammettere di aver sbagliato. Lei avrebbe avuto sempre "ragione" e nulla di ciò che uno di loro avrebbe detto o fatto avrebbe potuto cambiarlo. Non avrebbe mai potuto scusarsi e non avrebbe mai concesso a lui di avere ragione su una discussione. Se lui avesse sollevato un punto a suo favore, l'orgoglio di Hybris si sarebbe dimostrato troppo grande per permetterle di riconoscere il fatto. Avrebbe continuato ad attaccarlo a prescindere perché non poteva accettare la sconfitta.
"Quindi non rinvangare il passato, concentrati solo sul presente e sul futuro".
Lei non sembrava convinta. "Perché lo fai?"
Hermes si guardò attorno, cercando aiuto da una folla inesistente. "Tu mi hai cercato. Non voglio niente da te, né mi aspetto nulla. Pan doveva conoscere l'identità di sua madre, fine della storia. Mi sono stancato di evitare la domanda".
L'ingresso al tempio si aprì, la nebbia si aprì in modo melodrammatico per salutarli. Zeus aveva tirato di nuovo fuori gli sparanebbia. Per qualche ragione, suo padre credeva che la nebbia gli desse un'aria più eterea e intimidatoria. Lo faceva sembrare un cretino, Hermes glielo aveva detto e poi aveva dovuto passare due settimane a zigzagare sul pianeta mortale per evitare un incontro con un fulmine. Per renderlo ancora più tragico, Zeus avrebbe potuto manipolare il tempo. Non aveva bisogno di quelle macchine stupide! Oh, come sono caduti nella pigrizia e nell’agiatezza i potenti.
"Ehi, il ragazzaccio è pronto a vedermi. Immagino che tu devi andare adesso. Beh -ciao". Le fece un cenno con la mano ed entrò nel tempio a passo lento, volutamente e deliberatamente pomposo.
Hybris sbuffò e, a giudicare dai click delle sue scarpe, lo seguì nel tempio. "Qualunque cosa. Vengo anche io. Forse Zeus ti dirà che asino sei stato per aver infranto la tua promessa. Ti terrò persino fermo in modo che possa colpirti meglio".
"Non lo faresti". Aspetta ...
Lui era l’asino che aveva infranto la promessa? Come se lei non avesse colpa per questo? Che cosa?
"Non tentarmi".
Zeus si adagiò su un trono d'oro e di marmo, la guancia appoggiata al suo pugno mentre si appoggiò su un lato. Di questi tempi, portava i capelli corti e il loro colore scuro contrastava con la lunga tunica bianca dell'Olimpo che copriva la sua larga figura.
Hermes superò Hybris e si inginocchiò. "Zeus, un onore essere convocato oggi davanti a te".
Zeus fece un cenno di saluto, annuendo a Hybris che chinò la testa. Lui si raddrizzò e disse: "Vedo che hai buone maniere oggi, Hermes. Non sono sicuro che sia perché vuoi qualcosa da me o se stai cercando di impressionare la madre di tuo figlio, o entrambi". Zeus era una delle poche persone che conosceva la verità sui genitori di Pan.
"Chi?" Hermes si guardò intorno e fece finta di essere stupito di trovare lì Hybris - sollevò un sopracciglio finemente tagliato in risposta alle sue buffonate - "Lei? Non è importante". Lui poteva sentire il mortale sguardo corrosivo che lo trafiggeva quando le voltò le spalle, ma avrebbe potuto occuparsene più tardi. Lui aveva richiesto un’udienza con Zeus e non voleva rovinare tutto a causa di una dea assatanata. "Hai avuto il tempo di considerare la mia richiesta?"
Lui aveva promesso a Melancton di riportare indietro Daphne, ma anche se lo avesse fatto, Apollo non avrebbe mai permesso a lei e Melancton di scappare insieme al tramonto. Se Zeus non fosse intervenuto, Hermes sarebbe comunque riuscito a trovare un modo per liberarla dall'Olimpo ... fintanto che Zeus non gli avesse proibito di farlo. Ciò che Melancton