Ndura. Figlio Della Giungla. Javier Salazar Calle

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Ndura. Figlio Della Giungla - Javier Salazar Calle

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di svuotarsi sopra mia testa indifesa.

      Ero disperato. Iniziai a pensare che potesse andare avanti così per giorni o addirittura settimane. Mi vennero in mente i monsoni asiatici e i loro effetti devastanti. Non c'era da stupirsi che ci fossero alberi così alti nella giungla se venivano annaffiati così spesso. Ad andare avanti così per tanto, sarebbe sembrato un acquario con scimmie invece di pesci. Era curioso che, con la pioggia, la maggior parte dei suoni e rumori abituali si erano spenti. Doveva essere il frastuono dell'acqua che cadeva a spegnere tutto, o coloro che producevano i suoni erano tornati a casa per rifugiarsi. Tutti tranne me, che ero lì, nel mezzo della tempesta del secolo, senza nemmeno un brutto posto per ripararmi, esposto all’intemperie più estreme. Se avessi continuato a peggiorare così rapidamente, la prossima cosa che avrei scavato sarebbe stata la mia tomba, così avrei potuto essere sepolto quando sarei morto di stanchezza fisica e mentale. In realtà non sembrava un'opzione così brutta, anzi, era quasi un riposo desiderabile.

      Un fulmine colpì un albero a una decina di metri davanti a me, spezzandolo a metà. Il fragore che produsse mi lasciò senza poter udire per alcuni secondi. Il terreno tremò, la fine del mondo stava arrivando ed io ero perso. La cima dell'albero cadde a terra in mezzo a un forte trambusto, colpendo il tronco di un altro albero che si manteneva in piedi e bruciava alla sua estremità. Uno strano odore inondò tutto. All'inizio rimasi pietrificato pensando al pericolo di trovarmi così vicino a un altro albero, immaginando un fulmine che attraversava il mio corpo, friggendomi istantaneamente dall'interno; ma poi fissai il fuoco e decisi che, poiché ero completamente fradicio, e poiché non mi importava stare fermo o no, avvicinandomi al fuoco avrei provato almeno un po' di calore, qualcosa che in quel momento desideravo con tutte le mie forze. Mi alzai e tutte le articolazioni mi fecero male, come se mi infilzassero molti lunghi aghi, specialmente nelle ginocchia. Dovetti provare per tre volte e massaggiarmi molto le gambe fino a quando ottenni po' di mobilità. Mi avvicinai a pochi centimetri dalla fiamma.

      Il calore del fuoco mi colpì in faccia come un'onda, ma fu una sensazione piacevole. Chiusi gli occhi e mi godetti il calore redentore e liberatorio che mi avvolgeva. Anche se non serviva più a nulla, mi rimisi la coperta addosso. Mentre aspettavo che finisse il diluvio, cercai piccoli rami o trucioli nelle vicinanze e li gettai nel fuoco in modo che potesse alimentarsi e che non gli mancasse il combustibile. Quando toccavano il fuoco generavano sfrigolii e producevano un bagliore momentaneo, come lampi, ma poi bruciavano rapidamente. Approfittai anche del fatto che mi ero spostato per prendere altri tre frutti dallo zaino, sbucciarli e mangiarli. Ero stufo di quei frutti anche se non mi avevano saziato completamente, ma non volevo mangiare più la stessa cosa. Mi dedicai a mordicchiare un ramo per depistare il mio appetito.

      Credo che quella notte sarei morto quasi sicuramente se non fosse stato per il calore di quel fuoco tempestivo. Mi addormentai più volte, dando testate alle mie ginocchia, ma subito mi svegliavo per il ruggito di qualche raggio di luce o per l'apparente grido disperato di un bambino. L'acqua, praticamente, non la percepivo più sul mio corpo. Al riparo dell'ardore del mio amico rosso e giallo, passai tutta la notte fino all'alba e, finalmente, smise di piovere.

      

      Un sole raggiante spuntò dalle nuvole accarezzando il mio viso scarno. Guardai l'orologio, erano quasi le otto del mattino. Feci un rapido calcolo, aveva piovuto quasi venti ore di fila. Bevvi un buon sorso d’acqua e mangiai i due frutti rimasti. Non mi sentivo affatto bene. Mi sentivo debole, tremante, con le forze ridotte, quasi svenuto. Potevo sentire come il solito suono di sottofondo di grida, ronzii e simili si impossessasse di nuovo della giungla, questa volta accompagnato dal rumore dell'acqua che scorreva sul terreno, cadendo attraverso le foglie degli alberi in migliaia di cascate e, soprattutto, l'incredibile ruggito che veniva dal fiume alle mie spalle. La solita umidità era aumentata con la pioggia fino a divenire soffocante.

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      1

      Lingua swahili: Enyi! Nitoka Maarusi!: Voi!, Uscite!, Sbrigatevi!

      2

      Lingua swahili: basi: Fermo!

      3

      Lingua swahili: nifyetua!: Sparate!

      4

      Flora: Palme da olio, Elaeis Guineensis.

      5

      Fauna: Pipistrello della frutta paglierino, Eidolon Helvum.

      6

      Fauna: Trogone Narina (o Surucuá), Apaloderma narina.

      7

      Fauna: Pappagallo grigio, Psittacus Erith

1

Lingua swahili: Enyi! Nitoka Maarusi!: Voi!, Uscite!, Sbrigatevi!

2

Lingua swahili: basi: Fermo!

3

Lingua swahili: nifyetua!: Sparate!

4

Flora: Palme da olio, Elaeis Guineensis.

5

Fauna: Pipistrello della frutta paglierino, Eidolon Helvum.

6

Fauna: Trogone Narina (o Surucuá), Apaloderma narina.

7

Fauna: Pappagallo grigio, Psittacus Erithacus.

8

Fauna: Serpente verde, Leptophis Ahaetulla Marginatus.

9

Fauna: Formiche legionarie, Dorylus Spp.

10

Fauna: Tetra del Congo, Phacogrammus Interruptus.

11

Fauna: Cercopiteco mona, Cercopithecus mona.

12

Fauna: Cercopiteco diana, Cercopithecus diana.

13

Flora: Cola digitata.

14

Flora: Menta d’a

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