Il Viaggio Del Destino. Chris J. Biker

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Il Viaggio Del Destino - Chris J. Biker

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figlia le qualità del falco, perché possa crescere coraggiosa e forte, generosa e altruista.

      I colpi dei tamburi echeggiarono nell'aria, lo Sciamano intonò un Canto Sacro al quale si aggiunsero le voci di tutta la Tribù, accompagnando alle parole la Danza Sacra.

      Capitolo 3

      Otto inverni dopo la nascita di Ulfr, oltre alla sorella di sangue Isgred, si aggiunse un nuovo membro alla famiglia: Thorald, suo coetaneo, figlio di Harald, Jarl del vicino villaggio di Oseberg.

      Tra i due Clan vi era, già da generazioni, un legame solidissimo.

      Harald, in seguito alla perdita della moglie Sigrid, morta insieme alla secondogenita dandola alla luce, era un uomo distrutto.

      Decise di affidare per qualche anno l'istruzione e l'addestramento del suo unico figlio alla famiglia del suo grande amico Re Olaf e della moglie Herja.

      I due guardavano preoccupati l'amico. Harald era un bell'uomo di 30 anni, ma il dolore per la grave perdita, lo si poteva vedere nel suo viso, provato e stanco, che lo faceva sembrare molto più vecchio.

      Olaf appoggiò una mano sulla spalla dell'uomo.

      - Fatti coraggio, amico mio! Non preoccuparti per Thorald, starà bene qui, penseremo a tutto noi - cercò di rincuorarlo.

      - Ne sono certo! - a ffermò l’uomo, usando un tono di voce che non facesse trapelare lo sconforto che, invece, lo affliggeva.

      Harald posò lo sguardo sul figlio, seduto al suo fianco, il capo chino e gli occhi fissi sulle piccole mani. Sentì una stretta al cuore e gli accarezzò la testa. Il bambino sollevò il capo per guardare il padre, serrando le giovani labbra per non piangere.

      Herja prese due recipienti, ricavati da corni naturali di mucca, decorati con incisioni e piastre d’oro, li riempì di idromele e li porse ai due uomini, poi si rivolse a Thorald.

      - Vieni! - lo esortò, con la dolcezza di una mamma, tendendogli la mano. - Ulfr ti sta spettando. -

      Il bambino si voltò verso il padre che asserì con il capo.

      - Andrà tutto bene. - lo rassicurò, sforzandosi di apparire sereno.

      Thorald prese la mano di Herja e insieme attraversarono la stanza, ma prima di uscire, il bambino si voltò ancora verso il padre e gli sorrise, come per rassicurarlo a sua volta,

      Olaf attese che uscissero e poi innalzò il corno, imitato da Harald.

      - Beviamo! Alla memoria di Sigrid e di tutti i nostri avi - propose all'amico.

      - Drekka Minni! - brindarono all'unisono, svuotando il corno in una sola volta.

      Olaf si passò il dorso della mano sui baffi.

      - Adesso devi pensare a superare questo momento, potresti partire per un lungo viaggio - gli suggerì.

      - Ci ho pensato, se Thorald fosse stato più grande lo avrei portato con me. -

      - Possiamo invece fare così; tu viaggerai e farai commerci anche per me, mentre io mi occuperò di crescerlo istruito, sano e forte - propose Olaf.

      - Amico mio, non mi hai mai deluso! - dichiarò Harald.

      I due uomini si scambiarono uno sguardo, carico di profondo affetto e rispetto reciproco.

      - Sono sicuro che tu faresti lo stesso per me! - affermò Olaf, senza il minimo dubbio, porgendogli il palmo della mano destra. Gesto che l’amico ricambiò.

      Harald viaggiò per molti anni, molti dei quali li svernò lontano da casa.

      Per i due bambini iniziarono da subito l'istruzione e l'addestramento. Vennero istruiti sulle leggi, la storia, la lavorazione del legno e del ferro e su tutti i segreti della metallurgia.

      Impararono a familiarizzare con le armi, praticando quotidianamente varie discipline.

      Nelle lunghe sere del gelido inverno norvegese, tutta la famiglia si radunava nel tepore del focolare domestico. Mentre le donne tessevano e gli uomini intagliavano il legno, ai bambini veniva tramandata, attraverso i racconti degli anziani, la conoscenza del passato della famiglia e del Clan, insieme ai principi, ai valori e al codice d'onore che un buon Vichingo non dovrebbe mai infrangere.

      Ulfr e Thorald crescevano sani e forti, insieme studiavano e si addestravano, e tra i due si creò un legame di affetto fortissimo. Come i loro padri prima di loro, diventarono Fratelli Giurati, secondo un antico rito magico…

       L’inverno era passato, le navi vichinghe solcavano le acque scandinave e i Vichinghi che avevano svernato lontano da casa, finalmente, rientravano dalle loro famiglie. Anche Harald, con grande sorpresa di tutti, fece ritorno quella primavera.

       Cadeva il nono misseri d’estate per i due piccoli Vichinghi, intorno alla metà di Aprile, quando consacrarono la loro fraternità.

       Quel giorno, era il loro primo addestramento con l’arco e tutto era stato allestito all’esterno, sul retro della casa, da dove si estendeva il panorama di tutta la proprietà.

       - Portate avanti la gamba sinistra, vi aiuterà a prendere meglio mira e potenza - suggerì Bjorn, il miglior arciere del Clan. - Puntate…-

       I due bambini si posizionarono come suggerito, impugnando l’arco con la freccia pronta, e tesero la corda con tutta la loro forza, stringendo gli occhi per concentrarsi sull’obiettivo da colpire.

       Due sacchi riempiti di paglia facevano da fantocci, con il bersaglio dipinto all’altezza del cuore.

       - Ora! - ordinò Bjorn.

       I due piccoli arcieri scoccarono il loro primo dardo e un’espressione delusa si dipinse sui loro volti seguendone il volo, di molto lontano dal bersaglio.

       - Per l’occhio buono di Odino! - imprecò la voce di un uomo.

       Tutti gli sguardi erano fissi in quella direzione, mentre Leif, un omone dai capelli rossi, sbucava dai cespugli con una capra morta, infilzata dalle frecce.

       Bjorn guardò stupito Olaf e Harald.

       - L’hanno fatta secca, al primo colpo! - disse, incredulo.

       L’espressione fiera e soddisfatta dei due bambini suscitò simpatia e divertimento tra gli uomini.

       - Che cosa ci faceva questa capra fuori dalla stalla? - chiese Olaf mentre estraeva le frecce dalla povera bestiola.

       - Era scappata e io stavo cercando di riportarla dalle altre - spiegò l’uomo.

       - Sei stato fortunato, avresti potuto esserci tu al posto della capra - constatò Harald.

       - Già! - esclamò Leif, spalancando gli occhi grigi. - Le frecce l’hanno colpita mentre la stavo afferrando - aggiunse, rivolgendo lo sguardo ai due bambini, che abbozzarono un mezzo sorriso di scuse.

       - Sono sopravissuto a mille battaglie in gioventù e non voglio certo raggiungere il Valhalla per

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