Folgorazione. Блейк Пирс
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La stessa Riley si era connessa con molte menti criminali, ma sempre sfruttando il puro istinto intuitivo. La sua capacità era già obsoleta? Johnson aveva ragione a pensare che i semplici numeri e le statistiche potessero rivelare la personalità di un killer?
Forse è persino più intelligente di quanto sembri, pensò.
Fu quasi un volo di quattro ore da Quantico all’aeroporto di Provo, Utah. Appena oltrepassarono gli Appalachi, Riley iniziò ad annoiarsi davanti alla monotonia del paesaggio del Midwest e si appisolò di quando in quando.
Riley fu colta da uno strano e glaciale senso di déjà vu, mentre chiudeva le manette dietro la schiena dell’assassino.
Questo è già successo prima, lei pensò.
Ho fatto esattamente la stessa cosa prima.
Poi, l’uomo che stava arrestando voltò la sua faccia infantile verso di lei, e sorrise con un’espressione di puro male.
“Buona fortuna” mormorò.
Con un violento sussulto, Riley ricordò.
Larry Mullins!
Non solo stava arrestando questo ripugnante mostro assassino di bambini per la seconda volta, ma lui la stava deridendo esattamente come aveva fatto la prima volta.
E, ancora una volta, allungò una mano sulla sua Glock.
Si aspettò che Crivaro la toccasse calorosamente sulla spalla, così come aveva fatto l’ultima volta che era successo questo.
Invece, gli sentì dire: “Va’ avanti. Abbiamo commesso un errore l’ultima volta. Uccidilo pure. È l’unico modo per sbarazzarsi di quel bastardo. Se non lo fai tu, lo farò io.”
Riley afferrò l’uomo ammanettato per la spalla e lo fece girare, per fare in modo che la guardasse. Poi, estrasse la pistola e gli sparò un singolo colpo proprio in mezzo al petto a bruciapelo. Percepì un’ondata di soddisfazione, mentre quello crollava a terra. Ma quando lo guardò, il suo corpo e il suo viso subirono una nauseante trasformazione.
La persona che giaceva ai suoi piedi non era più il mostro tracagnotto e con il viso infantile, ma una ragazza innocente. Aveva gli occhi spalancati, e la sua bocca si muoveva silenziosamente, mentre esalava gli ultimi respiri. I suoi occhi puntarono Riley, con un’espressione di terribile tristezza, e poi restò completamente immobile.
Heidi Wright! Riley realizzò con orrore.
Riley aveva ucciso Heidi Wright all’inizio dell’anno nello stato di New York.
E ora la stava uccidendo di nuovo …
Riley si svegliò con un sussulto, per poi ritrovarsi nella cabina dell’aereo.
“Qualcosa non va?” l’Agente Johnson le chiese, ancora seduto direttamente di fronte a lei.
“No” Riley rispose.
Ma c’era qualcosa che proprio non andava. Aveva appena fatto un sogno, rivivendo in parte la prima e unica esperienza in cui era stata costretta a uccidere. A gennaio, durante il corso di una sparatoria, una ragazza di nome Heidi Wright aveva sollevato la sua pistola per sparare a Riley, a pochi metri di distanza.
Riley non aveva avuto altra scelta che sparare per prima.
Lo sparo era stato legittimo, e nessuno lo aveva messo in dubbio. Nondimeno, Riley era stata perseguitata dal senso di colpa per settimane in seguito all’accaduto. A suo modo di vedere le cose, la povera Heidi Wright era stata una vittima delle circostanze, che non aveva meritato di morire per via di alcune scelte giovanili sbagliate.
Riley pensava di aver risolto il trauma tramite un terapeuta del BAU. Ma, apparentemente, la stava ancora tormentando nel profondo. Riley immaginava che la sua agitazione relativa al verdetto del processo di Larry Mullins avesse accresciuto questo recente trauma.
Ma non poteva permettere che avesse la meglio su di lei. Non ora che era su un nuovo caso con un nuovo partner, che sicuramente non avrebbe compreso il suo stato d’animo nei confronti della morte di Heidi Wright o del verdetto Mullins.
Affrontalo e basta, Riley si disse.
Ora Riley era del tutto sveglia, e l’aereo stava sorvolando gli Appalachi nello Utah. Sebbene in quel periodo dell’anno ci fosse solo un accenno di neve, se non sui picchi dei monti, il terreno le riportò alla mente i ricordi dell’ultima volta in cui era stata in quello stato, soltanto il dicembre precedente. Ci era stata insieme a Crivaro, a lavorare al suo primo caso in quanto agente del BAU a pieno titolo.
Questo caso si sarebbe rivelato altrettanto orribile quanto quello che avevano risolto allora, un serial killer che pedinava le persone nei campeggi? Non sembrava impossibile, dato il metodo in cui erano stati eseguiti gli omicidi. Ma forse, stavolta, avrebbero fermato il killer prima che causasse ulteriori vittime.
E forse almeno il tempo sarà più bello, pensò.
Quando l’aereo si fermò sulla pista, Riley notò che c’era un’ulteriore questione che la stava tormentando. Era abituata a lavorare con un uomo che la chiamava “Riley”, mentre lei lo aveva sempre chiamato “Agente Crivaro”, almeno fino a quella mattina. Era stato perfettamente naturale per entrambi.
Che tipo di formalità doveva aspettarsi dal suo nuovo partner?
Appena lei e Johnson si alzarono dai loro sedili, diretti all’uscita, lei gli disse: “Voglio solo chiarire una cosa tra noi, prima che iniziamo a lavorare insieme.”
“Di cosa si tratta?” Johnson chiese, indossando il suo soprabito.
“Come dovremmo chiamarci?”
Johnson fece spallucce e rispose: “Beh, mi piace mantenere le cose professionali. Ecco, preferirei che si rivolgesse a me come Agente Johnson. Come vuole che la chiami?”
Riley apprezzò che le stesse dando una scelta. A differenza di Crivaro, dubitava che avrebbe considerato quest’uomo una sorta di mentore. Sicuramente non voleva che la chiamasse semplicemente “Riley”.
Lei rispose: “Vorrei che mi chiamasse Agente Sweeney.”
“OK, allora. D’accordo.”
Appena scesero sulla pista, videro un uomo dalla postura cadente, che fumava una sigaretta, in attesa. Riley pensò che assomigliasse ad un detective dal carattere duro di un vecchio film. Aprì il suo impermeabile sgualcito, e mostrò il suo distintivo.
“Sono lo Sceriffo Collin Dawes” disse loro.
“È stato lei a chiedere l’aiuto del BAU?” Johnson chiese.
Dawes annuì, e Johnson presentò se stesso e Riley.
I due uomini si voltarono e camminarono insieme verso il veicolo dello sceriffo, in attesa.
Johnson disse a Dawes: “Sembra che abbiate una situazione insolita qui.”
“Nulla che abbia mai visto prima” Dawes rispose. “Se non avessimo delle foto, sarebbe difficile persino da descrivere.”