Folgorazione. Блейк Пирс
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Versando del vino nel bicchiere, disse: “Spero che non le dispiaccia, mi sono preso la libertà di aprire una bottiglia di Le Vieux Donjon Châteauneuf-du-Pape, di soli un paio di anni fa. Suppongo che sia stato piuttosto presuntuoso da parte mia. Per quanto ne so, potrebbe averlo conservato per una futura occasione. So che questa annata matura piuttosto bene.”
Sollevò il bicchiere fino alla luce, e osservò attentamente il vino.
Disse: “Ero tentato di aprire un Opus One del 1987, ma naturalmente sarebbe stato del tutto inappropriato. Inoltre, sono molto curioso nei confronti di questa annata.”
Lo sconosciuto bevve un sorso, degustandolo con attenzione.
“Senza dubbio è all’altezza della sua reputazione” disse. “Accenni di bacche di ginepro, more, uvetta, castagne arrostite. Un gusto piuttosto consistente, corposo, audace. Non che io sia un esperto, ma direi che ne è valsa la spesa.”
Julian si sentiva ancora disorientato e confuso.
Non gridare, s’impose. Nessuno avrebbe potuto sentirlo, e la cosa avrebbe soltanto agitato quell’uomo. Invece, forse poteva appellarsi alle sue capacità di terapeuta. Soprattutto, era importante restare calmo, o almeno apparire tale.
“Bene” disse, “visto che ci siamo, forse potresti parlarmi un po’ di te.”
Lo sconosciuto sogghignò. “Che cosa vorrebbe sapere, Dottore?” gli chiese.
“Ad esempio” Julian rispose, “c’è qualcosa che vorresti dirmi sul perché … ecco… che cosa ci ha condotti a questa particolare situazione.”
Lo sconosciuto emise un suono roco, che non sembrava una risata. “Temo che sia una storia piuttosto lunga e complicata” disse. Con ciò, improvvisamente si alzò in piedi e fece infrangere il delicato bicchiere di vino, scagliandolo contro la parete. Poi, ripose la bottiglia di vino su un tavolino ornamentale.
Comprendendo che le sue tattiche professionali non stavano funzionando, Julian iniziò a pensare ad un altro approccio.
“Mia moglie sarà a casa presto” disse.
Lo sconosciuto rimase imperturbabile.
“Davvero? Beh, allora devo portare a termine il mio compito.”
“Chi diavolo sei tu?” Julian chiese.
Un’espressione ferita si palesò sul volto dell’uomo.
“Oh cielo, avevo sperato che mi riconoscesse ormai. In effetti, non c’era da aspettarsi il contrario. Ma sono sicuro che si ricorderà presto di me. Ho un modo sicuro per farglielo tornare in mente.”
Ancora una volta, Julian pensò di aver notato qualcosa di leggermente familiare nel mento dell’uomo. Ma non riusciva a riconoscerlo. L’unica realtà su cui riusciva a concentrarsi era il fatto di essere prigioniero nella sua stessa cantina, alla mercé di un uomo, certamente folle.
Non sapeva come avesse fatto a finire legato alla sua sedia, ma si sentiva davvero a disagio. Qualcosa di stretto era legato intorno al suo petto e gli rendeva difficile la respirazione. Ora si rese conto di avere i piedi nudi, freddi e bagnati.
Scrutò verso il basso. Sebbene avesse le ginocchia legate insieme, vide che uno dei suoi grandi vassoi d’argento era sul pavimento. Quando mosse leggermente i piedi, li sentì sguazzare nell’acqua bassa.
“Sì” lo sconosciuto commentò. “Ho preso un vassoio d’argento dal suo mobile di graziose porcellane. È perfetto per lo scopo. Contiene circa mezzo centimetro d’acqua, e acqua e argento sono entrambi eccellenti conduttori.”
Eccellenti conduttori? Julian si chiese.
I suoi occhi guizzarono intorno, provando a cogliere quanto più possibile di quello che stava accadendo intorno a sé. Vide che lo sconosciuto indossava quello che sembrava un paio di stivali con la suola di gomma.
Poi, l’uomo iniziò a infilarsi un paio di pesanti guanti di gomma.
Che diavolo … ? Ancora una volta, Julian s’impose di non gridare.
Lo sconosciuto sparì dal raggio visivo di Julian per un istante. Un rumore sordo giunse dal quadro elettrico della cantina, poi l’uomo riapparve con un robusto e lungo cavo isolato nella mano. Quel cavo era stato tagliato e mostrava i cavi elettrici al suo interno.
Julian sentì il corpo iniziare ad elaborare il puro terrore.
Lo sconosciuto gli si avvicinò e lo guardò negli occhi.
“È sicuro di non riconoscermi, Dottor Banfield?” gli chiese con quel suo sorriso permanente.
Julian fissò attentamente il volto dell’uomo, notando ancora una volta una strana familiarità riguarda alla forma del mento. Rifletté attentamente, provando a riconoscere quel viso, mentre un flusso di pensieri gli scorreva nella mente.
Elettricità … elettrodi … conduttore …
Poi, la verità lo colpì in un battibaleno. Sebbene non riuscisse a ricordare il nome, quel volto era inconfondibile persino dopo tanti anni.
“Sì!” mormorò con sorpresa. “Sì, so chi sei!”
“Oh, bene!” L’uomo disse. “Sapevo di poterle rinfrescare la memoria.”
Il cuore di Julian batteva dolorosamente.
“Mia moglie tornerà presto” ripeté.
“Sì, sono certo sia così” l’estraneo disse. “E ne sarà sorpresa!”
L’estraneo gettò accuratamente i fili esposti sul vassoio d’argento, e Julian gridò, mentre la sua mente esplodeva in un infuocato turbinio bianco.
CAPITOLO TRE
Riley stringeva il telefono cordless nella mano, mentre andava avanti e indietro sul pavimento del piccolo appartamento nel seminterrato che condivideva con il suo fidanzato, Ryan Paige. Stava provando a contattare l’Agente Crivaro.
E, ancora una volta, il partner non stava rispondendo alla chiamata. Il suo telefono continuava solo a squillare e squillare.
Non riesco nemmeno a raggiungere la segreteria, pensò.
Ryan chiese: “Non ha ancora risposto?”
Non si era resa conto che il fidanzato non stava prestando attenzione a ciò che lei stava facendo. Era seduto in cucina, intento a studiare alcuni documenti, che aveva portato a casa dalla Parsons & Rittenhouse, lo studio legale con cui stava lavorando; era un avvocato agli inizi della carriera.
“No” Riley rispose. “Sento che impazzirò. Forse dovrei tornare a Quantico e …”
Ryan la interruppe gentilmente. “Riley, no. A che cosa servirebbe?”
Riley sospirò. Naturalmente, Ryan aveva ragione. Dopo il processo e la sparizione di Crivaro, aveva riportato il loro veicolo dell’FBI a Quantico, sperando di ritrovarlo alla sede del BAU, ma non c’era traccia di lui. L’Agente