Olanda. Edmondo De Amicis
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Passando per il Dordsche kil cominciammo a vedere intorno a noi qualche cosa che ci annunziava la vicinanza d’una grande città. Lunghe file di alberi sulle sponde, cespugli, casette, canali a destra e a sinistra, e un via vai di barche e di barconi. Fra i passeggieri si vedeva un certo movimento, si sentiva dire qua e là:—Dordrecht,—vedremo Dordrecht;—pareva che tutti si disponessero a qualche spettacolo straordinario.
Lo spettacolo non si fece aspettare, e fu straordinario davvero.
Il bastimento svoltò un’ottava volta, a destra, ed entrò nell’Oude-Maas, o vecchia Mosa.
Dopo pochi minuti si videro le prime case dei dintorni della città di Dordrecht.
Fu come l’apparizione improvvisa dell’Olanda, la soddisfazione istantanea di tutte le nostre curiosità, la rivelazione di tutti i misteri che ci tormentavano la fantasia; fu come lo svegliarsi in un mondo nuovo.
Si vedevano da tutte le parti altissimi mulini a vento che giravano le braccia; casine sparpagliate lungo le rive, di mille forme strane, come villette, padiglioni, chioschi, capanne, cappelle, teatrini, coi tetti rossi, le mura nere, azzurre, rosee, cinerine, con contorni bianchi come la neve intorno alle finestre e alle porte. In mezzo alle case, canali e canaletti; davanti alle case e lungo i canali, gruppi e file di alberi; bastimenti fra casa e casa; barchette davanti alle porte; vele in fondo alle strade; antenne, bandierine di bastimenti e braccia di mulino sporgenti confusamente di sopra gli alberi e di là dai tetti; ponti, piccoli scali, giardinetti sull’acqua, mille cantucci, bacinetti, seni, sbocchi, crocicchi di canali, nascondigli di barchette, un andare e venire di uomini, di donne e di bambini dal fiume alla riva, dai canali in casa, dai ponti sui barconi; uno spettacolo vario e mobile; per tutto acqua, colori, cose piccine, forme fanciullesche, tutto lustro e fresco, un’ostentazione ingenua di leggiadria, un misto di primitivo e di teatrale, di gentile e di ridicolo, un po’ chinese, un po’ europeo, un po’ di nessun paese; con un’aria beata di pace e d’innocenza.
Così mi apparì per la prima volta Dordrecht, una delle più vecchie, e insieme delle più fresche e allegre città dell’Olanda; regina del commercio olandese nel medio evo; madre feconda di pittori e di dotti; onorata dalla prima assemblea dei deputati delle provincie unite nell’anno 1572; sede in vari tempi di sinodi memorabili; e particolarmente famosa per quell’assemblea dei teologi protestanti del 1618, che fu come il Concilio Ecumenico della Riforma, e definì la terribile controversia religiosa tra Arminiani e Gomaristi, fissando la forma della religione nazionale, e dando principio a quella serie di torbidi e di persecuzioni, che finì col malaugurato supplizio del Barnewelt e il sanguinoso trionfo di Maurizio d’Orange. Dordrecht è ancora presentemente una delle più floride città commerciali delle provincie unite per la sua agevolissima comunicazione col mare, col Belgio e coll’interno dell’Olanda. A Dordrecht arrivano le immense provvigioni di legna che scendono per il Reno dalla Foresta Nera e dalla Svizzera, i vini del Reno, la calce, i cementi, le pietre; nel suo piccolo porto è un via vai continuo di vele, di nuvoli di fumo e di bandierine, che le portano i saluti di Arnhem, di Bois-le-Duc, di Nimega, di Rotterdam, di Anversa e di tutte le sue sorelle misteriose della Zelanda.
Il bastimento si soffermò pochi minuti a Dordrecht, e in quei pochi minuti, guardando le case più vicine, vidi mille piccole cose nuove, inaspettate, prette olandesi, che mi misero addosso una gran smania di scendere, di toccare, di sapere. Ma pensando che avrei visto le stesse cose e molte altre di più a Rotterdam, vinsi la curiosità e stetti a bordo. Il bastimento partì, voltò a sinistra (era la nona svoltata) ed entrò in uno stretto braccio della Mosa chiamato de Noord, uno dei mille fili della inestricabile rete di acqua che copre l’Olanda meridionale.
Il capitano mi si avvicinò; io lo cercavo per pregarlo di spiegarmi sulla carta la situazione di Dordrecht, che, così a occhio, mi pareva singolarissima. È singolarissima in fatti. Dordrecht è posta sull’estremità d’un tratto di terra separato dal continente, che forma un’isola in mezzo alle terre, un crocicchio di fiumi, metà fatto dalla natura, metà dall’uomo, un pezzo di Olanda circondato e imprigionato dalle acque, come un battaglione sopraffatto da un esercito. Da una parte lo cinge il fiume Merwede, dall’altra la vecchia Mosa, dall’altra il Dordsche kil, dall’altra l’arcipelago di Bies-bosch, attraversato dalla nuova Merwede, largo corso d’acqua formato dalla mano dell’uomo. L’imprigionamento di questo spazio di terra su cui giace Dordrecht, è un episodio d’una delle grandi battaglie dell’Olanda coll’acqua. L’arcipelago di Biesbosch non esisteva prima del secolo decimoquinto, e si stendeva in quel luogo una bella pianura sparsa di villaggi popolosi. Nella notte del 18 novembre del 1421, le acque del Waal e della Mosa ruppero le dighe, distrussero più di settanta villaggi, annegarono quasi centomila abitanti e frastagliarono quella pianura in più di cento isolette, lasciando ritta, in mezzo a tante rovine, una sola torre, chiamata casa Merwede della quale si vedono ancora gli avanzi. Così Dordrecht fu separata dal continente, e fece la sua comparsa sulla terra l’arcipelago di Biesbosch, il quale tanto per mostrare che ha una ragione qualunque di esistere, offre del fieno, delle canne e dei giunchi a un piccolo villaggio che si formò come un nido di rondini sur una delle dighe circostanti. Ma non è tutta qui la singolarità della storia di Dordrecht. La tradizione racconta, molti credono e qualcheduno sostiene che Dordrecht, tutta la città di Dordrecht, si noti bene, colle sue case, coi suoi mulini, coi suoi canali, abbia fatto, al tempo di quella memorabile inondazione, una breve passeggiata, si sia cioè trasportata di sana pianta da un luogo all’altro come l’accampamento d’un esercito; e che per conseguenza gli abitanti dei paesi vicini che si recarono dopo la catastrofe alla loro città, non ce l’abbiano più trovata, e sian rimasti, figuriamoci come! E questo prodigio si spiega col fatto che Dordrecht è fondata sur uno strato d’argilla, e che questo strato d’argilla sarebbe scivolato sulla massa di torba che forma la base del suolo. E io la scrivo qui come l’ho udita e come l’ho letta.
Prima che il bastimento uscisse dal canale de Noord, la mia speranza di vedere il primo tramonto di sole in Olanda, fu delusa da un altro improvviso cangiamento di tempo. Il cielo si oscurò, le acque si fecero livide e l’orizzonte scomparve dietro un velo denso di vapori.
Il bastimento sboccò nella Mosa e voltò, per la decima volta, a sinistra.
In quel punto la Mosa, che travolge con sè prigioniere le acque del principal braccio del Reno, il Vaal, e riceve quelle del Leck e dell’Yssel, è larghissima e le sue sponde son fiancheggiate da lunghe file di alberi e sparse di case, di officine, di opifici, di arsenali, che spesseggiano via via che ci s’avvicina a Rotterdam. Per poco che si conosca la storia fisica d’Olanda, la prima volta che si vede la Mosa, e che si pensa agli straripamenti memorabili, alle devastazioni, alle trasformazioni, alle mille calamità e alle vittime infinite di quel fiume capriccioso e terribile, si guarda con una sorta di curiosità inquieta, come si guarda un brigante famoso, e si giran gli occhi sulle dighe con un sentimento quasi di soddisfazione e di gratitudine, come, al veder passare un brigante ammanettato, si giran gli occhi sui carabinieri. Mentre io cominciavo a cercar cogli occhi Rotterdam, un passeggiere olandese raccontava che quando la Mosa è gelata, la corrente che sopraggiunge dai paesi men freddi, investe lo strato di ghiaccio che copre il fiume, lo spezza, ne solleva con un terribile fracasso dei massi enormi, li scaglia contro le dighe, li ammonta in mucchi smisurati che arrestano e fanno straripare le acque. Allora segue una battaglia strana. Alle minaccie della Mosa gli Olandesi rispondono col fuoco. Accorre l’artiglieria, e a scariche di mitraglia risolve in una tempesta di scheggie e in una pioggia di brina le torri e le barricate di ghiaccio che si oppongono alla corrente. “Noia” concluse il passeggiere “che abbiamo noialtri Olandesi soltanto, questa di dover pigliare i fiumi a cannonate.”
Quando si arrivò in vista di Rotterdam, imbruniva e piovigginava; quindi vidi appena come a traverso un velo una confusione immensa di bastimenti, di