Vae victis!. Annie Vivanti
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E' un fatto che c'è qualche cosa di strano nel contegno di Fritz. Questa sera, per esempio, quando ci portò il giornale rimase lì a guardarci mentre l'aprivamo. Aveva un fare insolente e le mani in tasca.
Io lessi forte dal giornale: «I tedeschi entrano nel granducato di Lussemburgo e s'impossessano delle linee ferroviarie...» All'esclamazione [pg!44] costernata di Lulù alzai gli occhi, e allora scorsi Fritz che ci fissava con un risolino strano. Sotto ai nostri sguardi stupiti egli si tolse le mani di tasca; ma continuò a guardarci fisso.
«Questa è una notizia spaventosa,» mormorò Lulù.
Fritz disse: «Sissignora,» e aveva sempre sul volto quel suo strano sorriso di coniglio.
Vi fu un istante di silenzio: poi Lulù sospirò tra sè e sè: «Chi l'avrebbe mai detto?... Dieci giorni fa nessuno pensava alla guerra...»
«Oh!» fece Fritz. «La signora si sbaglia. C'era — c'era chi ci pensava.»
«Da dieci giorni...» balbettò Lulù.
«No. Da dieci anni!» rispose Fritz, con un sinistro balenìo negli occhi.
Seguì un nuovo silenzio. Indi Lulù domandò con voce-un po' tremante: «Vi disse qualche cosa il padrone l'altra notte quando l'accompagnaste alla stazione?... Lo lasciaste nel treno, non è vero?»
«Sissignora,» rispose Fritz, secco.
«E che cosa vi disse?» ridomandò Luisa.
Fritz attese un gran pezzo prima di rispondere. Poi crollò le spalle. «Ne disse tante di cose.»
[pg!45] «Ditemele!» ordinò Luisa. «Ripetetemi le sue precise parole.»
Fritz si rimise le mani in tasca e si appoggiò in atteggiamento insolente allo stipite della porta. «Mi disse: — Fritz, tu sei un servitore devoto e fedele! —» Ancora gli balenò sul volto quello strano sorriso.
«Già...» mormorò Luisa impallidendo un poco.
«Mi disse: « — Lascio qui tutto ciò che ho di più caro — mia moglie, mia figlia, mia sorella....»
«Sì...» ansò Luisa.
«Mi disse» — e Fritz alzò la voce — «difendile, Fritz, se vengono quelle belve. — Già. Ha proprio detto così: quelle belve! — Quelle belve!» egli ripetè forte e pareva volesse fulminarci cogli occhi.
Lulù divenne bianca come un lino, ed anch'io mi sentii venir freddo.
In quel mentre era entrata saltarellando la piccola Mirella, e udì le ultime parole di Fritz.
«Ma di che belve parlate?» chiese lei, un poco impressionata.
Fritz si rivolse alla piccina e la fissò con uno sguardo terribile.
«Di belve feroci!» disse lui. «Belve tedesche!... E ne sentirete le zanne!»
[pg!46] Poi girò sui tacchi e se ne andò, lasciandoci esterrefatte e mute.
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Che cosa significa tutto ciò?
Lulù ha scritto una lunga lettera a Claudio. Ma gli giungerà? E se pur gli giunge, potrà egli ritornare a noi?
[pg!47]
IV.
Dal diario di Mirella.
Questo è un giorno importante: il quattro agosto — giorno di nascita di Chérie. Lulù le ha regalato un orologio d'oro e una sciarpa di seta lunga lunga color cielo. Io le ho regalato una scatola di cioccolatini, quasi piena. Anche una testa di clown dipinta su un pezzo di gomma; è una faccia molto comica che se si preme di qua o di là fa delle boccacce e delle smorfie. Le ho anche regalato il mio salvadanaio vuoto, un po' rotto. Ma abbastanza bello. E' foggiato ad elefante, e ciondola la testa quando vi si mette dentro del denaro, e poi seguita a ciondolarla per un pezzo come se ne domandasse ancora.
Cecilia e Jeannette hanno mandato delle rose; Lucilla e Cricri una scatola di fondants; Verveine [pg!48] Mellor, da cui non ci si aspettava nulla, mandò un parasole rosso. Veramente non avevamo invitato Verveine per questa sera perchè abita così lontano, quasi fuori del paese; ma visto il parasole, la inviteremo.
C'è mancato poco che mammà non lasciasse venire nessuno, tanto essa e Chérie si tormentano all'idea dei tedeschi; ma io ho pianto — e so che detestano di vedermi piangere — allora la mamma ha finito col dire che, dopo tutto, lasciar venire quelle cinque ragazze che vediamo tutti i giorni non era poi un ricevimento. Dunque verranno; ed io metterò il mio vestito rosa.
Il grande avvenimento di quest'oggi è stato l'arrivo di Amour nel suo cesto con quattordici franchi da pagare. Siamo molto contente di riaverlo; Chérie ha detto ch'era quasi come se le avessero regalato un cane nuovo per la sua festa. L'unica contrarietà riguardo ad Amour è che ha preso subito tra i denti la faccia di gomma dipinta che io aveva regalata a Chérie e non c'è stato verso di fargliela lasciare. E' scappato via e si è nascosto per rosicchiarla in pace. Difatti, quando l'abbiamo poi ritrovata sotto al letto, tutti i colori erano stati leccati via e non era più che un pezzo di gomma informe. [pg!49] Chérie mi assicura che le piace lo stesso, e Marietta dice che può servire molto bene come gomma da cancellare.
Marietta e Maria oggi se ne vanno; dicono che hanno paura a star qui. Si portano via poca roba e vanno a Liegi, dove si sentiranno più al sicuro. Maria ha raccomandato che andassimo via anche noi, e mammà ha detto che se le cose arrivassero a quel punto, certamente ce ne andremmo.
Mammà ha pianto due o tre volte oggi. E Frida fa finta di essere ammalata e s'è chiusa in camera sua. Da iersera non abbiamo più visto Fritz. Insomma, tutto è molto spaventoso e interessante. A pranzo dovremo servirci da noi e non ci sarà gran che da mangiare perchè nessuno ha fatto la cucina; ma non importa poichè vi sono molte paste e dolci preparati per la festa di questa sera. Anche delle tartine al foie-gras. Tutto è bene accomodato con fiori su una lunga tavola. Da bere avremo aranciata e granatina. Dovevano esserci anche i gelati, ma il pasticciere è andato a fare il soldato avant'ieri e sua moglie dice che ha troppi fastidi e troppi bambini per stare a fare i gelati. Essa ci raccontò che suo marito con tanti altri soldati stavano scavando dei fossi tutto intorno al Belgio [pg!50] per impedire ai tedeschi di entrare. Adesso vado a vestirmi. Chérie si fa molto bella. Mette il suo vestito di velo bianco come una sposa. Si fa anche una pettinatura nuova, tutta a girigoggoli che pare una torta — quella torta col rhum che Frida chiama «Kugelhopf.» Mammà ha promesso di farsi bella anche lei. Ha anche promesso che fino a domani non penserà più alla guerra nè ai tedeschi per non guastarci la serata, perchè — come le ha fatto osservare Chérie — non si compiono i diciotto anni che una sola volta nella vita!
Adesso che ci penso, anche gli undici non si compiono che una sola volta nella vita. Mi ricorderò di dirlo anch'io il giorno del mio compleanno; ho visto che mammà se ne è molto commossa....
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Così scriveva Mirella seduta al tavolo in sala da pranzo; e il suo atteggiamento — dalla testa molto inclinata