Pagine sparse. Edmondo De Amicis

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Pagine sparse - Edmondo De Amicis страница 9

Автор:
Серия:
Издательство:
Pagine sparse - Edmondo De Amicis

Скачать книгу

con me, senza dar il menomo segno nè di rincrescimento, nè di allegrezza.

      Io lo guardai mentre scendeva le scale.

      Tutt'a un tratto si voltò.

      — Stiamo a vedere, — pensai, — che il suo cuore s'è svegliato e che ritorna a congedarsi in un altro modo.

      — Signor tenente, — disse: — il pennello per la barba l'ho messo nella cassetta del tavolino più grande.

      E disparve.

       Indice

      Un giorno un mio amico mi disse: — Tu non studii abbastanza; tu leggi; leggere non è studiare; leggere è un piacere, e studiare è una fatica: infatti tutti leggono e pochissimi studiano. Quali sono le ore della giornata che tu dedichi a uno studio profondo? a quel lavoro di figgersi nella mente le cose lette, di pensarle, di rimestarle, di raffrontarle, di spremerne il sugo? a quella fatica di raccogliere cognizioni precise, di formarsi giudizî proprî, di combattere, ragionando, i giudizî altrui, che dissentano da' tuoi? Tu con la mente non lavori, ti balocchi.

       * * *

      A vent'anni quante ragioni si trovano da opporre a questi consigli! I libri, i libri! O che si vive pei libri? Io ho del sangue nelle vene, io ho bisogno d'aria e di luce, io voglio leggere il gran libro della vita. Prima di studiare bisogna vivere. Perchè legarmi a questo strumento di tortura ch'è il tavolino? La vita è moto; chi si muove è sano, chi è sano è allegro, chi è allegro è buono, e chi è buono è più caro a Dio e più utile agli uomini che questi eremiti della società che si sono logorati sui libri, pieni di vanità, gonfi d'orgoglio e svogliati d'ogni cosa.

       * * *

      Le prime lotte son dure. Voi avete preso la risoluzione di studiare, date un addio agli amici, correte a casa, aprite un libro. A un tratto sentite non so che dentro di voi che dà indietro, che si raggomitola, che si scontorce. Voi ravvicinate la seggiola, e vi ripiegate sul libro, e vi sentite sbalzato indietro daccapo. V'è qualcuno dentro di voi, un nemico sordo, muto, cocciuto, che s'impenna, s'ostina, non vuole intendere ragione; un poltrone che si dibatte come se lo trascinassero al supplizio. E la lotta dura molto tempo e diventa accanita fino a farvi morder le dita e picchiare il pugno nel muro senza quasi sentirne dolore, come se veramente quelle offese non fossero fatte a voi, ma all'altro; e voi foste intimamente persuaso che siete in due: un capitano animoso e un soldato vigliacco.

       * * *

      Poi si provano le prime gioie della vittoria. Vien sempre il momento in cui l'io che vuole, traendo dall'ira la forza che non aveva potuto trarre dal proposito, grida un voglio così imperioso, che l'altro non osa più di ribellarsi, si acquatta, si annichilisce. Allora vi sentite in cuore una soddisfazione piena di alterezza e assaporate la voluttà del comando; provate un sentimento quasi di rispetto per voi medesimo, come se in voi ci fosse qualcuno più valoroso e più forte di voi.

       * * *

      Dopo le prime lotte e le prime gioie, vengono i primi sconforti. Come nella mente del dotto una nozione chiama l'altra, e per poco che rimugini ne mette sottosopra una folla, ch'egli si fa sfilare dinanzi colla compiacenza d'un generale che passa in rassegna un esercito, o d'un avaro che conta le sue ricchezze; così nella mente di chi comincia a studiare una lacuna mette in un'altra lacuna, e il povero esaminatore di sè stesso, dopo aver molto errato nel vuoto, prova un sentimento di solitudine, che gli precide il coraggio e le forze. Da un dubbio di lingua a un dubbio di storia, da un dubbio di storia a uno di geografia, da uno di geografia a uno di fisica, e son tutte cose elementari, essenziali, necessarie, tali che, sebbene dalla maggior parte si ignorino, pare nondimeno così vergognoso l'ignorarle che s'è convenuto fra tutti di fingere reciprocamente di saperle. E allora, in quell'affollamento di stupori e di vergogne, lo assale una smania dolorosa di colmare quei vuoti; e tira giù libri, e rovista dizionari, e piega pagine, e appunta; e mentre una nozione s'appiccica, l'altra si stacca, e mentre questa riaderisce, quell'altre due si confondono, fin che gli si fa buio fitto nella testa, le braccia gli cadono, ed egli esclama sconfortato: È inutile, è tardi, torniamo alla vita di prima.

       * * *

      Il giorno dopo, a mente fresca, si ripiglia speranza e vigore. Si studia fino a sera e la sera si coglie il premio. In quel breve riposo che ci si concede dopo un sobrio desinare, tutte le cose imparate, come se si fossero data la posta, balzan tutte insieme dai ripostigli della mente, vengono a galla, non cercate, con una specie di gara a chi giunga la prima, e fanno nella testa un tumulto che non si può esprimere. Sentenze di filosofi e regole di grammatica, versi e date, immagini e pensieri lucidissimi; e poi bagliori, barlumi lontani d'altri pensieri e d'altre immagini così fitti e rapidi che non lascian vedere le lacune oscure che poc'anzi ci prostravano nello sgomento. Quelli son momenti di gioia viva.

       * * *

      Il sacrifizio più duro è quello della sera nella bella stagione. L'aria è odorosa, la città è splendida, udite giù per le scale il passo affrettato dei vicini, e risa di ragazze e di fanciulli; poi il rumore nella strada; poi la casa rimane silenziosa. Tutti sono usciti, rimanete solo. Allora vi tocca combattere contro le immagini seduttrici. Avete la fantasia eccitata dalla lettura, siete giovane, la lotta è fiera. È appena credibile quello che segue allo studioso in quei momenti. A volte vi sentite veramente soffiare nel viso un alito di donna che vi rimescola; vedete passare a traverso il vostro libro una treccia di capelli; udite dei passi leggeri, dei respiri, qualcosa che s'agita nell'aria. Allora vi piglia quella maledetta tentazione di dar una pedata al tavolino e di buttar a terra ogni cosa, gridando con un accento di trionfo e di disprezzo: — Alla cassetta della spazzatura, cartaccie! Io voglio vivere!

       * * *

      Sono belle e feconde queste battaglie combattute nel silenzio d'una cameretta tra l'immensa avidità del sapere e la foga prepotente della giovinezza; questo divincolarsi sotto un giogo che ci siamo imposti noi stessi. Il sudore che ci esce dalla fronte in questa fatica è un sudore salutare, la stanchezza che ne segue è madre di nuove forze. Allora si comprende che son sapienti certi consigli che ci parevan degni di riso. Allora si vede la necessità di combattere acerbamente questo corpo ribelle che ci vuole imporre una disciplina codarda; d'infliggergli dei patimenti che lo prostrino, non tanto da renderlo inetto a servire, ma abbastanza perchè non possa più comandare. Allora si piglia l'abitudine della colazione alla Franklin: pane, frutta, acqua, e di rigore in rigore, si è condotti logicamente fino a fare uno sforzo per non appoggiarsi alla spalliera della seggiola; concessione pericolosa, che per una serie d'altre concessioni conduce insensibilmente a ricominciar la battaglia.

       * * *

      L'arte di comandare a sè stessi consiste in gran parte nel trovar argomenti e parole efficaci per movere in noi la vergogna. Ci vuol immaginazione ed eloquenza. Una mattina ch'ero svogliato mi costrinsi a studiare con questo discorso. Supponi che le pareti, i solai, le scale della casa diventino ad un tratto trasparenti. Guarda in alto, in basso, intorno. Tu vedi da ogni parte menar scope, smover sacconi, spolverar mobili; la casa è tutta in moto e in faccende. Ebbene, giurami che se tutte quelle donne colle maniche rimboccate e il viso luccicante di sudore si voltassero tutt'insieme a guardar te sdraiato sulla poltrona colle braccia in croce, giurami che, in quel

Скачать книгу