Gli Esclusi. Owen Jones
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“Dove sono i ragazzi? Non dovrebbero essere qui e prendere parte alla discussione?”
“Non penso proprio. Dopotutto, non sappiamo ancora niente, giusto? O ti sei fatto qualche idea?”
“No, penso che dovrei farmi fare un massaggio da quella ragazza cinese … quello potrebbe aiutarmi se le chiedessi di andarci piano. Ha acquisito le sue competenze nel nord della Thailandia, perciò può essere abbastanza brusca … o almeno così dicono. Sai, con i miei malanni, potrebbe giovarmi un bel massaggio delicato … che cosa ne pensi, mia cara?”
“Sì, so cosa vuoi dire con ‘massaggio delicato’. Se è questo il problema, perché non chiedi a tuo zio di fartelo? Perché scegliere una ragazza?”
“Lo sai il perché, non mi piace avere le mani di un uomo addosso, te l’ho spiegato altre volte, ma va bene, se ti dà fastidio, non farò il massaggio”.
“Guarda che non ti sto dicendo che non puoi andare! Santo cielo, non posso mica fermarti! Comunque sia, come dici tu, dicono che sia piuttosto brusca e potrebbe fare più male che bene. Penso che sarebbe più saggio non andarci finché non avremo avuto notizie da tua zia, tutto qui”.
“Sì, d’accordo, probabilmente hai ragione. Non mi hai ancora detto dove sono i ragazzi”.
“In realtà, non ne sono sicura, pensavo che a quest’ora sarebbero tornati … Sono usciti insieme per vedere qualcosa per una festa di compleanno che hanno questo fine settimana, o qualcosa del genere”.
I Lee avevano due figli, un maschio e una femmina, e si ritenevano fortunati, perché ci avevano provato per dieci anni prima che venisse concepito il maschio. Ora avevano rispettivamente venti e sedici anni, quindi il Signore e la Signora Lee avevano rinunciato da un pezzo ad averne altri.
Avevano smesso di provarci anni fa.
I due erano bravi ragazzi, ubbidienti e rispettosi, e rendevano orgogliosi i genitori, o, per lo meno, quello che sapevano di loro li rendeva orgogliosi, perché erano esattamente come qualsiasi altro adolescente che si rispetti: novanta percento buoni, ma con qualche dispetto e pensiero segreto che i loro genitori non avrebbero approvato.
Il Signorino Lee, il figlio, di nome Den, o conosciuto anche come Giovane Lee, aveva appena compiuto vent’anni e aveva finito la scuola da quasi due. Lui, così come la sorella, aveva avuto un’infanzia felice, ma aveva iniziato a rendersi conto che suo padre aveva pianificato una vita molto dura per lui, benché avesse sempre lavorato sia prima che dopo la scuola. Però, prima c’era anche tempo per il calcio, il ping pong e le ragazze al ballo della scuola.
Ora era tutto finito, così come era finita la sua prospettiva di avere una vita sessuale, non che ci fosse mai stato molto di cui vantarsi, a parte qualche raro bacio e qualche toccatina. Da circa due anni, però, non era più riuscito a ottenere nulla. Den sarebbe partito per una città in un batter d’occhio, se solo avesse saputo cosa fare quando sarebbe arrivato là, ma non aveva alcuna aspirazione, tranne che avere un mucchio di donne. I suoi ormoni lo stavano scombussolando a tal punto che persino qualche capra gli sembrava molto attraente, cosa che lo preoccupava da morire.
In fondo, ma non troppo, sapeva che avrebbe dovuto sposarsi se avesse voluto avere rapporti regolari con una donna.
L’idea del matrimonio cominciava a sembrare decisamente seducente, anche se gli sarebbe costato qualche figlio.
La Signorina Lee, meglio conosciuta come Din, era una bella ragazza di sedici anni, la quale aveva lasciato la scuola durante l’estate, studiando, perciò, due anni in meno del fratello, cosa abbastanza comune da quelle parti. Non perché fosse meno brillante, ma perché i genitori e le ragazze stesse ritenevano che prima si creavano una famiglia, meglio era. Inoltre, era più facile trovare marito quando una ragazza aveva meno di vent’anni piuttosto che qualche anno in più. Din aveva accettato questo ‘sapere’ tradizionale senza troppe domande, malgrado i dubbi della madre.
Anche lei aveva sempre lavorato sia prima che dopo la scuola e, con tutta probabilità, più duramente del fratello, anche se lui non se n’era mai accorto, dato che, praticamente, le ragazze da quelle parti venivano indirettamente viste come schiave.
Tuttavia, Din a volte fantasticava: sognava un romantico intrico, nel quale il suo innamorato l’avrebbe rapita e portata a Bangkok, dove lui sarebbe diventato un medico e lei avrebbe fatto shopping tutto il giorno con le sue amiche. Anche i suoi ormoni non le davano pace, ma la cultura locale le vietava di ammetterlo, soprattutto a se stessa. Suo padre, suo fratello e persino sua madre, probabilmente l’avrebbero rinchiusa se l’avessero beccata anche solo sorridere a un ragazzo che non fosse appartenente alla famiglia.
Lei lo sapeva e accettava anche questo senza troppe domande.
Era suo il piano di cominciare a cercare marito immediatamente, un compito al quale sua madre si era offerta di aiutare, perché entrambe sapevano che prima veniva portato a termine, meglio era, anche per evitare di portare vergogna alla propria gente.
In fin dei conti, i Lee erano una famiglia tipica del posto ed erano contenti di esserlo. Andavano avanti con le proprie vite tra i vincoli dei costumi locali e il pensiero di ciò che fosse giusto e corretto, anche se i figli covavano il sogno di scappare e raggiungere la grande città. Il problema era che la mancanza di ambizione che era stata coltivata dalla popolazione delle montagne per secoli e secoli li tratteneva, e questa era una buona cosa per il governo, altrimenti tutti i giovani sarebbero scomparsi dalle campagne molti anni prima per poter raggiungere Bangkok e da lì paesi stranieri come Taiwan e Oman, dove gli stipendi erano migliori. Ad ogni modo, la libertà dal rigido condizionamento dei pari era affascinante.
Molte ragazze erano partite alla volta di Bangkok. Alcune avevano trovato un lavoro decente, ma la maggior parte era finita nel giro della prostituzione delle grandi città; altre si erano trasferite all’estero, addirittura anche fuori dall’Asia. C’erano parecchie storie orribili per poter dissuadere le ragazzine e avevano funzionato sia su Din sia su sua madre anni prima.
Al Signor Lee piaceva la sua vita e amava la sua famiglia, anche se non lo avrebbe mai ammesso fuori dai confini della sua abitazione. Non voleva perderli a causa di qualche malattia che poteva aver cominciato a crescere dentro di lui quando era ancora un ragazzo.
Il Vecchio Signor Lee, sebbene sapesse che qualche ragazzetto del villaggio poco rispettoso lo chiamasse Lee il Vecchio Caprone, fu un idealista in giovane età e si era arruolato per combattere con il Vietnam del Nord non appena aveva finito la scuola. Vivevano vicinissimo al confine con il Laos, perciò il Vietnam non era così lontano; inoltre, sapeva delle bombe che gli americani avevano lanciato in quei territori e lui voleva dare il proprio contributo per porre fine alla guerra.
Aveva sposato la causa comunista ed era partito per l’addestramento militare in Vietnam non appena glielo permisero. Molte delle persone con cui si esercitava erano esattamente come lui, in parte cinesi, ma stanchi di potenze straniere che si immischiavano nel futuro dei propri compatrioti. Non riusciva a capire il motivo per cui agli americani, che vivevano a migliaia di chilometri di distanza, importasse chi fosse al governo nella sua piccola parte di mondo. Non si era mai preoccupato di chi fosse il presidente che avevano eletto.
In ogni caso, il destino volle che Heng non avesse mai l’opportunità di sparare un colpo per sfogare la sua