La Carbonaria. Giambattista della Porta

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La Carbonaria - Giambattista della Porta

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mano il freno d’ogni mia volontá.

      Forca. Bisogna far un inganno a vostro padre.

      Pirino. Se non basta a mio padre, fallo a mia madre, fallo a me ancora.

      Forca. Conosco che sète un di quei che bisogna fargli ben per forza: bisogna aver animo per me e per voi. Vi vo’ far conoscere che vaglio tanto oro quanto peso: son rissoluto d’ingannarlo.

      Pirino. Come? dove? dimmi.

      Forca. Non so il come né il dove: levo di qua, pono di lá; sconcia di qua, poni di lá, andrò tanto girando col cervello, che qualche cosa sará. Ma ecco tuo padre, conosco negli occhi il fuoco della còlera: scostati da me, che non ci veggia insieme.

      Pirino. Starò a veder quel che fará costui: alcuna solenne astuzia gli uscirá di mano.

      SCENA V

      Filigenio vecchio. Forca. Pirino.

      Filigenio. Fu giudicata sempre la buona educazione il fonte e l’origine degli abiti virtuosi e il fondamento delle umane felicitá, e tanto necessaria al buon vivere quanto l’anima al vivere. Perché, introducendosi a poco a poco ne’ teneri intelletti il zelo della santa religione, con quella si viene a dar l’imperio alla ragione, freno agli affetti e termine alla volontá.

      Forca. (Oh, gran pedagogo sarebbe stato il mio padrone!).

      Filigenio. Cosí, al contrario, la cattiva educazione è la fucina dove si fabricano gli strumenti della ruina della misera gioventú; perché, mancando per l’immatura etá la virtú moderatrice dei temerari desidèri della strabocchevol concupiscenza, corre sfrenata ad ogni precipitoso consiglio, e le buone qualitá della natura vengono atterrate e tiranneggiate da’ vizi e difetti del tempo. Ecco l’essempio in Pirino mio figliuolo: ché bisognando per alcuni miei affari partirmi di Napoli, le mie occupazioni fur cagione del suo ozio, restando in tutela di un servo ribaldissimo, furfante della cappellina, capo de tutti i furbi del mondo.

      Forca. (Giá è entrato nelle mie lodi, racconta il catalogo delle mie virtú).

      Filigenio. Ma a che mi affatico a dir tanto? basta che è servo. Cosí tutte quelle virtú e buone qualitá che gli erano state largamente dotate dalla natura, da cosí cattiva educazione sono state spente e atterrate. Onde poco stima Dio, manco il padre, sprezza ogni buon ricordo; e fattosi idol quel suo servo, corre precipitoso dietro a quello che gli vien additato da costui. Onde appena sono in piazza, che le genti mi sono adosso, dicendomi che Pirino sta innamorato di una puttana; e che quelle ricchezze che con tanto risparmio e lunghe fatiche sono state raunate in casa mia, vanno in essilio in casa di un ruffiano e si consumano in un viver lussurioso; e che allettato dagli artefici di costei, cerca rubbarmi cinquecento ducati per riscattarla.

      Forca. (Fa’ e di’ quanto sai, ché con i tuoi dinari la riscattaremo).

      Filigenio. E se non fusse che veggio persone di maggior etá e condizione, anzi di quei che governano al mondo, inviluppati in simili materie, mi dispererei; ma con l’essempio di persone cosí degne allevio gli affanni miei. Ma eccolo: Forca, Forca; mi son accorto di te ben, sí!

      Forca. Vengo, padrone.

      Filigenio. Come serpe all’incanto. Giá sleghi lo sacco delle bugie per vomitarmele adosso. Fa’ che a quanto ti dimando mi risponda subito, accioché non abbi tempo a pensare e colorir menzogne.

      Forca. Se stimate che quanto dico sia bugia, a voi soverchio il dimandare, a me il rispondere.

      Filigenio. Ben, che si fa?

      Forca. Si sta in piedi, con la beretta in mano, aspettando se mi comandate alcuna cosa.

      Filigenio. Dove è Pirino?

      Forca. Stando qua, non posso saper dove sia.

      Filigenio. Dove l’hai condotto?

      Forca. Egli conduce me dietro a lui, perché li son servo.

      Filigenio. Dove l’hai lasciato?

      Forca. Egli ha lasciato me.

      Filigenio. Parli cosí poco, come avessi a pagar la gabella delle parole. Furfante, furfante, ben sai che ci conosciamo insieme: se non mi dici il vero, farò che muti nome, e da Forca che sei diventerai un appiccato.

      Forca. Se dicessi la bugia, voi lo conosceresti in aprir la bocca.

      Filigenio. Quanto tempo è che mio figlio non ha visto la…?

      Forca. La che?

      Filigenio. Quella.

      Forca. Chi quella?

      Filigenio. Quella vostra…

      Forca. Chi quella vostra?

      Filigenio. Quella cosa vostra che voi sapete.

      Forca. Ah, ah, ah: sí, sí.

      Filigenio. Vedi pur che la conscienza accusatrice dell’animo tuo ti fa accertar il vero, ancorché non vogli?

      Forca. La vede ogni ora, ogni momento.

      Filigenio. Come ne sta innamorato?

      Forca. Innamoratissimo.

      Pirino. (Questo forfante par che discuopra i miei secreti).

      Filigenio. E segue tuttavia la prattica?

      Forca. La segue con tutto il suo studio.

      Filigenio. Quando pensa lasciarla?

      Forca. Quando lasciará la vita.

      Filigenio. Come lo sai?

      Forca. Ce l’ho inteso dir mille volte.

      Filigenio. Tanto è ostinato?

      Forca. Ostinatissimo.

      Filigenio. Perché tu non lo togli da questo proposito?

      Forca. Se non ubbidisce a voi, perché vuol ubbidir me?

      Filigenio. Quando va a casa sua, che fa?

      Forca. Gionto in casa sua, si butta sul letto supino, se la toglie in braccio e se la squinterna sul ventre e se l’accomoda innanzi: volta di qua, volta di lá, non la fa star mai ferma per tre o quattro ore, finché stracco non va tutto in acqua.

      Pirino. (Oh, che ti cadano i denti e quella lingua traditora!).

      Filigenio.

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