Le meraiglie del Duemila. Emilio Salgari

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Le meraiglie del Duemila - Emilio Salgari

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che tu cominci a credere al buon risultato della strana operazione» gli disse il dottore. «È vero, James?»

      «Non ancora» rispose il giovine.

      «Eppure sento che la testa del coniglio comincia a diventar calda.»

      «Effetto del calore dell’acqua.»

      «E che la carne freme.»

      «Non vedo muoversi le gambe.»

      Ad un tratto mandò un grido di stupore; il coniglio aveva aperti gli occhi e fissava il dottore colle pupille dilatate.

      «Ti sembra morto ora?» disse Toby, con accento beffardo.

      «Ti guarda!» esclamò il giovine.

      «Lo vedo.»

      «Agita le zampe!»

      «E respira anche.»

      «Miracolo!… Miracolo!…»

      «Zitto, James, non gridar tanto forte.»

      «È meravigliosa questa risurrezione!»

      «Non dico di no.»

      «Una scoperta che metterà sossopra il mondo.»

      «Niente affatto, perché io mi guarderò bene dal divulgarla. Non siamo che in tre sole persone a conoscerla: io, tu ed il notaio del borgo, quell’eccellente signor Max.»

      «Perché la conosce anche il notaio?» chiese Brandok.

      «Lo saprai più tardi: guarda il risultato per ora.»

      Aveva levato dalla vaschetta il coniglio e l’aveva messo sul tavolino, avvolgendolo in un pezzo di stoffa di lana.

      L’animale aveva gli occhi aperti, respirava liberamente raggrinzando il naso, però si vedeva che era debolissimo, non riuscendo a reggersi sulle zampe, né cercava di fuggire. Doveva essere istupidito.

      «Non morrà?» chiese Brandok.

      «Stasera lo vedrai mangiare e correre assieme ai suoi compagni che tengo giù nel mio giardino. Non è il primo che io faccio risuscitare; la settimana scorsa ne ho fatto rivivere un altro dinanzi al notaio ed anche quello dormiva da quattordici anni. Ora mangia, saltella e dorme come gli altri, e tutti i suoi organi funzionano perfettamente bene.»

      «Toby,» esclamò Brandok, con profonda ammirazione «tu sei un grand’uomo; tu sei il più grande scienziato del secolo.»

      «Di questo, o dell’altro?» chiese il dottore.

      «Che domanda è questa?»

      «Mio caro James, tu devi aver fame ed il pranzo è pronto. L’aria di mare mette appetito e la mia vecchia Magge mi ha promesso un superbo piatto di pesce. Lasciamo qui il coniglio e andiamo a riempirci lo stomaco: la cuoca sarà già arrabbiata per il ritardo. Avremo anche il notaio al pudding.»

      «Perché il notaio?…»

      Il dottore, invece di rispondere, si affacciò alla finestra, e vedendo un garzone che stava innaffiando le zolle del giardino, gli gridò:

      «Tom, avverti Magge che siamo pronti per assaggiare le sue triglie e le sue dorate, e per le due attacca il poney. Dobbiamo fare una gita allo scoglio di Retz».

      Cinque minuti dopo, il dottore e il signor Brandok seduti in una elegante saletta da pranzo, dinanzi ad una tavola bene imbandita, gustavano con molto appetito le grosse ostriche di New Jersey, le più deliziose che si trovino sulle coste orientali dell’America settentrionale, le dorate e le triglie preparate dalla brava Magge, innaffiando le une e le altre con dell’eccellente vino bianco dei vigneti della Florida.

      Il dottore non parlava; pareva tutto intento a divorarsi quei deliziosi pesci, i migliori forse che possegga l’Atlantico settentrionale.

      Brandok invece, cosa assolutamente nuova, sembrava che non fosse più tormentato dallo spleen; chiacchierava per due, tempestando il compagno di domande su quella meravigliosa scoperta che doveva, a sentir lui, portare la rivoluzione nel mondo. Con tutto ciò non riusciva che a strappare qualche sorriso allo scienziato.

      «Dunque queste triglie e queste dorate ti hanno reso muto» gridò ad un tratto Brandok, che cominciava ad arrabbiarsi. «Sono venti minuti che i tuoi denti continuano a masticare e che invece la tua lingua rimane immobile.»

      «No, mio caro James, io penso» rispose il dottore, ridendo.

      «Pare che tu abbia dimenticato la tua scoperta.»

      «Tutt’altro.»

      «Allora parliamone.»

      «Al pudding.»

      «Che cosa c’entra quel pasticcio?»

      «Ti ho detto che verrà ad assaggiarlo anche il notaio della borgata, quel bravo signor Max.»

      «Ma insomma che cosa c’entra lui?»

      «Perdinci, se c’entra! Se dopo cent’anni nessuno più si ricordasse di me e mi lasciassero dormire per sempre? Tanto varrebbe morire.»

      «Toby!» esclamò Brandok «Che cosa hai intenzione di fare?»

      «Vedere come camminerà il mondo fra cent’anni e null’altro.»

      «Come! Tu vorresti…»

      «Fare un sonno di venti lustri.»

      «Sei pazzo?»

      «Non lo credo» rispose il dottore con voce tranquilla.

      Brandok aveva picchiato sulla tavola un pugno così violento, da far traballare i bicchieri e rovesciare una bottiglia.

      «Tu vorresti?…» gridò.

      «Farmi rinchiudere nel rifugio che mi son fatto preparare sulla cima dello scoglio di Retz, per risvegliarmi fra cento anni, mio caro. Si incaricheranno i discendenti del notaio e il futuro sindaco di Nantucket o i suoi successori, a farmi ritornare in vita. Lascio ventimila dollari appunto per farmi risuscitare, unitamente alla fiala contenente il misterioso liquido che mi dovranno iniettare nei punti indicati nel mio testamento.»

      «Ti ucciderai!»

      «Allora vuol dire che tu non hai alcuna fiducia nella mia grande scoperta.»

      «Sì, piena fiducia; però tu non sei un coniglio e poi cento anni non sono quattordici» disse Brandok.

      «Abbiamo sangue e muscoli al pari delle bestie e un cuore che funziona egualmente. Volevo farti la proposta di addormentarti con me; ora vi rinunzio.»

      «Tu hai pensato a me?»

      «Sì, sperando che con un riposo di cento anni il tuo spleen finirebbe per andarsene.»

      «Se l’altro giorno volevo gettarmi dal faro della Libertà! Vedi in quale conto ormai tengo la mia vita. Mi vuoi per compagno, Toby? Sono pronto. Anche se morissi, non perderei nulla.»

      «Dunque, ti piace la mia idea?»

      «Sì,

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