Le novelle marinaresche di mastro Catrame. Emilio Salgari

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Le novelle marinaresche di mastro Catrame - Emilio Salgari

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i paurosi poi, ed i superstiziosi ultimi, s’avvicinarono silenziosamente al vecchio marinaio, circondandolo. Il capitano fu l’ultimo a giungere, tenendo in mano un’altra bottiglia.

      Tutti rispettavano il raccoglimento del vecchio, e certo nessuno avrebbe osato strapparlo alle sue meditazioni; ma la pazienza non era la virtù del capitano.

      – Olà, papà Catrame, sei morto? – gli chiese.

      II vecchio alzò il capo e, fissando il comandante, gli domandò a bruciapelo: – Credete al re del mare, voi?

      Il capitano scoppiò in una risata fragorosa, ma nessun marinaio lo imitò. Bensì tutti lo guardarono con stupore, come se fossero meravigliati che egli non prestasse fede a ciò che narrava papà Catrame.

      Il lupo di mare non mostrò tuttavia di offendersi, però la sua fronte si corrugò, e, battendo con quelle mani callose e irte di nodi i bordi del barile, esclamò: – Me lo direte poi!

      Ricadde nelle sue meditazioni, ma per pochi istanti, poiché ad un tratto si scosse, come se avesse trovato quello che cercava nei suoi lontani ricordi, e disse: – Oggi non si costuma più; i lodevoli usi degli antichi marinai sono messi da un lato come ferravecchi inservibili, e non si crede che valga la pena di rendere omaggio a Nettuno, il re degli abissi marini. Che importa se le navi affondano più spesso che una volta? Sono casi, dicono gli scettici; sono accidenti, affermano gli spregiudicati. Al diavolo le superstizioni dei vecchi marinai! Lasciamo da parte le leggende, distruggiamo tutto, ché il mondo deve rifarsi. Non è cosi?

      Papà Catrame fece udire un riso stridulo, beffardo, che aveva un non so che di strano, e che parve si ripetesse fino in fondo alla stiva.

      – La linea! – riprese poi. – Chi oggi, passando la linea, rende omaggio al re del mare? Peuh! Hanno altro pel capo i marinai moderni, che di pensare a Nettuno! Ma quale vendetta si prende talora questo re del mare! Oh che! credete forse che gli antichi marinai abbiano inventato la cerimonia per far ridere voi, spregiudicati? O credete che un tempo pensassero a divertirsi frammezzo alle onde incalzanti e ai sibili diabolici del vento? No, no; e papà Catrame, se così vi parla, ne ha il motivo.

      – Voi siete giovani, e nulla sapete sul passaggio della linea, che oggi si celebra al più con una innaffiata del ponte; ma un tempo era una cerimonia importante, e nessun marinaio, per quanto audace, avrebbe osato passarvi sopra, poiché la vendetta di Nettuno presto o tardi lo avrebbe infallantemente colpito.

      Ora ve lo proverò.

      Papà Catrame rattizzò la pipa col suo pollice incombustibile, sorseggiò un buon bicchiere che gli offriva il capitano, reclamò con un gesto maestoso il più assoluto silenzio, e dopo di essersi accomodato sul barile, principiò la sua seconda e non meno interessante narrazione.

      – Un destino strano, incomprensibile, mi spinse sempre a prendere imbarco sulle peggiori navi della nostra marina; e io non le cercavo, veh! Quasi tutti i capitani che ho servito nella mia lunga, lunghissima carriera marinaresca, erano bestemmiatori o scredenti. Non badavano alle nostre tradizioni, non badavano ai nostri vecchi usi, non credevano né alle sirene, né alle figlie della spuma, né ai mostri marini, a nulla insomma.

      – Mi ero imbarcato in qualità di gabbiere su di una vecchia corvetta, di cui ora non ricordo il nome, poiché sono passati da quell’epoca lunghi anni. Era una gran nave però, buona veliera, un po’ vecchia, sì, ma colle costole ancora robuste, destinata ai lunghi viaggi dell’Oceano Atlantico e dell’Indiano, e perciò costretta a passare sovente la linea equatoriale.

      – Il capitano aveva sempre, fino allora, conservato l’usanza di rendere il dovuto omaggio al re del mare, quando dall’emisfero settentrionale passava nell’emisfero australe, e mai aveva avuto a pentirsene. Anzi soleva dire che, appunto per quello, la sua corvetta godeva una buona protezione; ed infatti mai una tempesta fatale l’aveva sorpresa, e quelle ordinarie le aveva facilmente vinte.

      – Ma gli uomini purtroppo cambiano, e anche il nostro capitano, seguendo l’andazzo dei tempi, a poco a poco si era mutato, diventando uno spregiudicato.

      – Avvenne or dunque che la nostra corvetta si trovò un giorno nei pressi della linea equatoriale. Voi già sapete che questa linea è puramente geografica, e perciò invisibile: è un semplice parallelo, egualmente distante dai due poli.

      – L’equipaggio, fedele alle tradizioni marinaresche, cominciò a fare i preparativi onde procedere al battesimo, e rendere quindi il dovuto omaggio a Nettuno, il quale si dice abiti in prossimità della linea.

      – Oh, allora erano bei tempi! Voi siete giovani, e non potete avere che una pallida idea di quella cerimonia che faceva battere il cuore del marinaio, perché sapeva di compiere un dovere che lo metteva al coperto dal furore degli oceani.

      – Quando echeggiava sul ponte di comando: «Ecco la linea!» una viva emozione s’impadroniva di tutti: ufficiali, marinai e mozzi, eccoli tutti in movimento per prepararsi alla festa.

      – La gran gala, formata dalle bandiere di tutti gli Stati del mondo e dalle bandiere dei segnali, saliva maestosamente in aria, distendendosi fra l’albero di mezzana e la punta del bompresso, e il vessillo nazionale s’innalzava maestosamente sul picco della randa, salutato da un colpo di cannone.

      – Si frugavano e rifrugavano le casse di tutti, si spogliavano le cabine dell’ufficialità e dei passeggeri per ornare l’opera morta, e dappertutto si stendevano tappeti, arazzi e scialli variopinti, tramutando la nave in un’immensa sala, sfolgorante pei lucenti metalli dell’attrezzatura e per le tinte vivaci di tutto quel pandemonio di bandiere svolazzanti e di stoffe spiegate al vento.

      – Il mastro d’equipaggio e una dozzina dei più robusti marinai scomparivano, mentre gli altri preparavano le pompe e i mastelli pel battesimo, tanto più gradito al re del mare quanto più era abbondante

      – Nel momento preciso che il vascello passava la linea, ecco giungere sotto l’anca di tribordo o di babordo un’imbarcazione adorna di arazzi e di bandiere, montata da una dozzina di tritoni e da un vecchio che raffigurava Nettuno. Una voce grossa grossa si alzava dal mare, chiedendo:

      «È battezzato il vascello?»

      – «No!» – rispondeva l’equipaggio.

      – «Ammainate la scala, dunque!» – comandava la voce grossa.

      – La scala d’onore veniva tosto calata: i marinai si schieravano a prua coi mastelli pieni d’acqua, dinanzi e attorno alle pompe; gli ufficiali e i passeggeri a poppa.

      – Il re del mare saliva gravemente sul ponte. Era un vecchio dalla lunga barba, adorno di conchiglie, recante in capo una corona di metallo e nella sinistra un tridente. Lo seguivano dodici marinai camuffati da tritoni, carichi di conchiglie e di alghe marine.

      – Il re, che era rappresentato dal mastro, si avanzava verso il capitano, seguito da tutto il suo stato maggiore, e dopo di aver ricevuto un lungo inchino da parte dell’intera ufficialità, chiedeva al comandante: «Hai pagato il tuo tributo al re del mare?»

      – «No», – rispondeva il capitano.

      – «Allora ti battezzo».

      – Così dicendo, prendeva una tinozza piena d’acqua e la rovesciava sul capo di lui inondandolo completamente.

      – Quello era il segnale del battesimo generale. Le pompe, energicamente manovrate, inondavano passeggeri e ufficiali, e le tinozze si vuotavano sul capo di tutti. Torrenti d’acqua correvano da prua a poppa, recando il dovuto tributo

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