Ettore Fieramosca: ossia, La disfida di Barletta. Massimo d' Azeglio

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Ettore Fieramosca: ossia, La disfida di Barletta - Massimo d' Azeglio

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accorto; sai chi sono, e più non ti dico. —

      Michele intese benissimo la forza di queste poche sillabe; accennò col capo che farebbe, e s'avviarono all'osteria.

      Davanti alla porta principale di questa, sei pilastri sottili di mattoni rozzi sostenevano un pergolato, sotto il quale erano parecchie tavole disposte all'uso degli avventori. L'oste (il cui nome era Baccio da Rieti, ma che per certi sospetti aveva dal popolo il soprannome di Veleno, e così veniva chiamato da tutti) avea fatto dipingere fra due finestre un gran Sole in rosso, al quale il pittore, secondo nozioni astronomiche che non sono perdute ancora, aveva attribuito occhi, naso e bocca, con certi raggi color d'oro, fatti a coda di rondine, che di giorno si vedevano un miglio lontano. L'interno della casa era diviso in due piani: uno stanzone terreno serviva di cucina e di camera da mangiare; per una scala di legno si saliva al secondo, ove l'oste abitava colla famiglia, e con qualche disgraziato quando capitava a passar ivi la malanotte. L'uso comune d'Italia era in quei tempi di cenare alle ventitrè: a quest'ora pertanto non si trovavano colà che pochi soldati o capisquadra seduti sulla porta al fresco, della compagnia del signor Prospero Colonna, che seguiva la fortuna di Spagna: tutti giovani arditi, che quivi cogli altri bravi dell'esercito avean costume di ripararsi. L'oste, che sapeva il suo mestiere, non lasciava mancar loro nè carte nè vino; ed essendo uomo sollazzevole e pieno di grilli, sempre piacevolmente ad ognuno diceva la sua; e così intrattenendoli spillava loro i danari. Stava appunto Veleno ritto sull'uscio, facendosi vento colla berretta, il grembiule alzato sul fianco; e le parole, le risa e il romore andavano alle stelle.

      Giunsero i due forestieri, e per non parer tali camminavano passo passo, fermandosi spesso e cicalando fra loro; quando furono rimpetto all'uscio, e 'l chiarore del focolare di dentro percosse loro nel volto, apparvero vestiti nè più nè meno come ogni altro che fosse quivi. Poco badò loro la brigata quando entraron dentro; se non che uno, che era seduto più lontano, e stando all'oscuro aveva meglio veduto costoro, non potè far che non desse in un oh! di grandissima maraviglia, e dicesse mezzo rizzandosi: il duca!… Il suono col quale fu pronunziata questa parola mostrava dovesse esser seguita da un nome; ma un leggiero volger d'occhio di colui che entrava, bastò a rimandare questo nome in gola al soldato. Nessuno avea posto mente a questo suo sbigottimento: un solo compagno che gli era presso gli disse:

      – Boscherino! Che duca ti vai sognando? Pure non t'ho visto bere oggi. Ti par egli luogo da duchi codesto? – Non parve vero a Boscherino di non trovar fede, e d'esser tenuto pazzo o briaco; e senza entrar in altro, volse destramente le parole, ritornando ai discorsi di prima.

      Dietro i due entrati nell'osteria s'avviò Veleno colla sua rotonda e bisunta persona e con una cera olivastra, barbuta e maliziosa, nella quale si vedea un miscuglio che teneva del coviello e dell'assassino. Senza molto scomporsi fece l'atto di far di berretta, e disse:

      – Comandate, signori. —

      Quegli che già sappiamo chiamarsi Michele, fattosi avanti, disse:

      – Si vorrebbe cenare. —

      L'oste si scontorse, e rispose con tuono afflitto, che si sforzò di far apparire sincero, – Cenare? Vorrete dire mangiar un boccone alla meglio, se pure si potrà metter insieme… Dio sa che cosa v'è rimasto in casa in questa stretta d'assedio! Che prima un pane valeva un cortonese, ed ora sta mezzo fiorino, e tanto lo pago io al forno… A ogni modo per signori pari vostri si ripiegherà… m'ingegnerò… – E con quest'esordio destinato, secondo l'usanza degli osti, a far pagar dieci quel che val due, aperse un armadio, e trattone un tegame lo pose sul fornello; e coll'ajuto del vento fatto col grembiule, e che alzava la cenere sino al soffitto, fu presto riscaldato uno spezzato di capretto, che al dir dell'oste era la sola vivanda che fosse a quell'ora in Barletta, e dovea servir di cena ad un caporale che veniva per essa a momenti; ma signori pari loro non si potevano mandar a letto a digiuno.

      Comunque ella fosse, la vivanda fu gradita, e venne recata in istoviglie di terra a fiori, insieme con un boccale dell'istessa materia a larga pancia, e con un mezzo cacio pecorino duro come un sasso, nel quale eran impressi i colpi di coltello degli avventori antecedenti che avean già fatte le loro prove contro di lui. Il desco al quale sedevano era in fondo alla sala, se si può dar un tal nome a questa spelonca affumicata. Al capo opposto un gran cammino, con una cappa da dodici persone, avea dalle due parti tre o quattro fornelli: davanti era la tavola del cuoco; e dal mezzo di questa, a guisa di un T, un tavolone stretto s'estendeva quant'era lungo il luogo, quasi fino al muro dirimpetto, ove i due stavano cenando. Dal trave maestro pendeva nel mezzo una lucerna d'ottone a quattro bocchini quasi spenta, bastante appunto perchè altri non si rompesse gli stinchi nelle panche e negli scabelli che attorniavano il desco.

      L'oste, com'ebbe ammannita ogni cosa pel bisogno de' cenanti, fischiando, com'era suo costume, se ne tornò sull'uscio, in quella appunto che giungeva correndo sopra un muletto un uomo, il quale balzato a terra senza toccare staffa, gridava:

      – Su, giovanotti, allegri e coraggio, chè c'è buona novella: e tu Veleno fatti in venti pezzi, e ci sarà da far per tutti. È tornato Diego Garcia, e scavalcato a casa; ed or ora sarà qui per cenare: saranno venti o venticinque buone spade, ed egli solo ne val quattro; onde fa di trovarti all'ordine, e presto… Ebbene che fai? Sei morto?.. Muoviti. —

      L'oste era rimasto a bocca aperta. Quei bravi rizzatisi attorniavano e punzecchiavano il messo per sapere com'era andata la cavalcata.

      – M'avrete morto – disse spingendoli e togliendosi loro di mezzo – e non saprete niente. Parlate voi, o parlo io?

      – Di' su, di' su – gridarono tutti insieme – che nuove abbiamo?

      – Abbiamo la nuova, che torniamo stracchi morti ora proprio, che siamo stati quattordici ore a cavallo senza un sorso d'acqua… (Ohè! Veleno, una mezzetta da tre, fresco… ho la gola asciutta com'un pezzo d'esca…) Ma quaranta capi di bestiame grosso, e settanta decine di minuto già stanno in Barletta; e tre uomini d'arme prigioni, che, se Dio vuole, sputeranno tanti bei ducati d'oro, come siamo cristiani battezzati, se voglion riveder l'uscio di casa loro. Vi so dire che c'è voluto del buono a scavalcarli ed averne le spade… (E questo vino lo porterai prima di cascar morto?..) Menavano a due mani come saette: uno, in ispecie, era in terra, e 'l cavallo ferito l'avea messo sotto, e se gli gridava tutti: renditi, o sei morto; egli dava imbroccate con un suo spadone, e se non gli si rompeva in un colpo che tirò al cavallo d'Inigo, e che invece colse l'arcione ferrato, o ci bisognava finirlo colle lance, o ci veniva ritolto. Pure al fine ha data a Diego Garcia la mezza spada che gli era rimasta. —

      Veleno in questa giunse col vino e versò da bere al narratore, il quale gli disse: – Pur beato che sei venuto una volta!

      – E come si chiama questo demonio? – domandò Boscherino.

      – Non saprei… dicevano ch'è un gran barone franzese: un nome come la Crotte… la… la Motta. Ora mi ricordo, sì, La Motta: un pezzo di bestione, se vedi, che fa tremar la terra. Basta, la cosa è finita bene, e sguazzeremo se Dio vuole. – Voltando poi l'occhio all'interno dell'osteria: – E che fai? – gridava – traditore poltrone, che ancora non metti al fuoco; vuoi che ti misuri le spalle con questa zagaglia? —

      Ed entrava difatti per eseguir la minaccia, ma si fermò vedendo che un gran pajuolo era già stato messo sopra una bracciata di quercioli, e la fiamma andava prendendo, e s'innalzava crepitando, mentre l'oste sudato e rosso, senza pensar più nè alla carestia nè all'assedio, e sapendo che con Paredes ed i suoi compagni non era da scherzare, correva per casa per dar ordine al tutto. In un lampo ebbe trovato quanto gli faceva mestieri, e scotennando un agnello, parte ne mise a bollire, e parte ne infilzò in due lunghi spiedi che pose a girare sugli uncini de' capifuochi. La faccenda prendeva buona piega.

      – Or bene – disse l'ordinator della cena – buon per te Veleno. Se costoro giungevano, e non eri

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