La notte del Commendatore. Barrili Anton Giulio
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Qui sarebbe il caso di indagare, poichè siamo nel secolo della incredulità, se si trattasse pel signor Commendatore d'una visione drammatica o melodrammatica, letteraria o musicale. Ma siccome io credo al fatto che narro, non è mestieri di cedere a queste pretensioni degli uomini di poca fede. Dopo tutto, apparenza o realtà che fosse, fatto sta che parlarono a lungo. Ma, di grazia, rifacciamoci dalle mosse.
–E chi glielo dice?—gridò l'inatteso ospite del signor Commendatore, con una voce impressa di malizia e di buon umore.—Io son più vivo che mai. Sappia, signor Commendatore degnissimo, che non si uccidono così facilmente le vecchie forme del pensiero umano. La scienza ha un bel fare; ma, spinte o sponte, dovrà lasciarci la nostra parte di sole. Ella avrà scoperto il mito, non dico di no, e ci avrà tolto qualcosa; ma anche scemati un pochino del nostro avere, ricompariremo, torneremo a far casa. Non sa Lei quel che avviene delle vecchie lune? Le logorano i naviganti e gl'innamorati a guardarle, come i cani ad abbaiarvi dietro; senza contare che si logorano anche molto da sè, a vedere le debolezze degli uomini. Poi, quando son giunte all'ultimo quarto, buona notte, spariscono, vanno in zecca a farsi rifondere; e quindici giorni dopo, le ricompaiono più tonde di prima.—
A questa intemerata dello strano personaggio, il signor Commendatore non potè trattenersi dal ridere. Così il ghiaccio era rotto; e siccome il signor Commendatore era un uomo di garbo, si ricordò appunto allora che non aveva anche fatto i suoi convenevoli all'ospite.
–La prego,—diss'egli,—si accomodi e quantunque io non sappia con chi ho l'onore…. a che cosa io debba attribuire….
–O come?—interruppe l'altro ghignando.—Non mi conosce Ella? E non le pare di avermi veduto mai, neanco in qualche vignetta? Ah, vede?—soggiunse, come leggendo nell'animo del suo interlocutore.—Ella mi conosce benissimo, e non occorre che io le declini il mio riverito nome e cognome. Quanto all'attribuire, mi scusi; o non m'ha chiamato Lei? Non ha formato in cuor suo un certo desiderio?….
–E come sa?—chiese il vecchio gentiluomo, interdetto.
–So tutto; ed ella mi fa torto, signor Commendatore garbato, a dubitarne. Non debbo io sapere tutto ciò che avviene ogni giorno ed ogni ora nelle anime? È un ufficio noioso, spiacevole, e vorrei dire anche peggio, se me lo consentisse la buona creanza. Le basti di saper questo, e lo creda sull'onor mio, che spesso ci divento rosso dalla vergogna. E quando si pensa che il principale ha creato l'uomo coll'intenzione di fare una gran bella cosa, e quasi per castigare un ribelle par mio. Ma già, dice il proverbio che non tutte le ciambelle riescono col buco; e questa dell'uomo mi sembra una frittata. Dica, o non pare anche a Lei?
–Oh, non me ne parli, per carità! Se non fosse per la donna….
–Eh, eh!—soggiunse l'altro, con un suo risolino asciutto.—Non dico di no. C'è del buono. Ma bisogna distinguere… saper scegliere… Io me n'intendo un pochino.
–Sì, davvero, saper scegliere!—incalzò il signor Commendatore, che aveva inforcato il suo ippogrifo.—E quando si potesse, coll'esperienza che ci è venuta dagli anni…..
–Averci anche un miccino di gioventù; la capisco, non dubiti, la capisco. Ho inteso il suo desiderio poc'anzi. Stavo per l'appunto ascoltando le vibrazioni dei nervi del dodicesimo paio, al loro uscire dal foro condiloideo anteriore del suo cranio. Ella deve sapere che quando si pensa si formano parole, quantunque alla muta. Gli è come a dire che si lasciano dormire i nervi laringei, non mettendo in moto che gl'ipoglossi. Provi a pensare qualcosa; non ha Lei la coscienza di avere parole formate, quasi segni visibili delle idee? E senza questi segni che sarebbero le idee? Potenza amorfa; impotenza; un quissimile del nulla. Eccole una scoperta con cui potrà farsi onore, se pizzica di scienziato. Io gliela offro di buon grado.—
E il sarcastico personaggio, sporgendo il cavo della mano coll'indice e il mignolo stretto, fe' l'atto burlesco di offrirgli una presa.
–No, grazie non ne uso.
–Ah, tanto meglio! La scienza è un certo albero, che, suda suda, è un miracolo se ne cavi fuori le tavole d'una cassa da morto. Ma torniamo a noi. Vogliamo dunque levarcela, questa vecchia zimarra e questa barba di stoppa? Eh eh! Il concetto è antico, ma è bello. Il signor Volfango Goethe l'ha tirata fuori da una leggenda popolare del quattrocento; ma, di leggenda in leggenda, e d'un ringiovanito in un altro, si potrebbe risalire fino al decrepito Jolao, restituito, per le preghiere d'Ercole, alla prima giovinezza. Sarebbe un dotto lavoro; ma già, fatica erudita, fatica da cani; non mi dà l'animo di proporgliela. Finirebbe, io ne son certo, col trovare il prodigio operato già mill'anni addietro nella terra dei Vedi; e allora le toccherebbe andarsi a perdere tra gli Arii, ed altri siffatti lunarii.
–Che il… destino me ne scampi!—gridò il Commendatore, trattenendo per delicato riguardo al suo ospite, un cielo che già aveva sulla lingua.—Ma, quel che più importa, il prodigio è possibile?
–Possibilissimo; solo che Vossignoria dica appuntino quel che domanda.
–Rivivere, ricominciare, ecco tutto;—rispose il signor Commendatore, sospirando.—Ho fallito la strada; ho perso il mio tempo; ho studiato quando abbisognava amare; amato quando bisognava studiare; ceduto ai matti consigli dell'ambizione, quando si trattava, pel mio meglio, di rimanere a mezza via, all'insegna della felicità; creduto un gran bene di vincere il punto su Tizio e Caio, e rinunziato, per sciocchi trionfi di vanità, alle più care gioie della vita; fatte le volte del leone su pochi metri di terra, quando avevo davanti a me il mondo dischiuso; infine, che Le dirò? buttato via cinquant'anni, dei cinquantacinque che ho spesi. E vorrei tornare indietro, rimettermi a nuovo; sicuro, per mettere a frutto la mia esperienza, anche a patto di darle poi l'anima.
L'ospite, a quelle parole, diede una scrollatina di spalle.
–Eh via!—diss'egli,—per chi mi piglia? Il patto è largo; ma io non sono già uno strozzino. So bene che loro signori dànno l'anima al diavolo per molto meno. Anzi, a dirla schietta, l'offerta ha fatto calar la domanda. Io del resto non vo' farmi altro da quel che sono, e ammetto quel che si deve. Sì, certo, c'è delle anime che le vorrei, anche a doverle cambiare con tutte l'altre che ci ho, e farei patto di non tenermene pur una di mostra. Ah, quelle là, le so dir io che mi fanno gola; perchè quelle là consolerebbero le mie tenebre ed io potrei formare una brigata di persone a modo. Ella vede, signor Commendatore; io non sono poi brutto come mi dipingono e vado anzi girando maledettamente nel tenero. Una donna è andata lì lì che non m'indovinasse; ed è santa Teresa, la quale ha scritto di me: «un disgraziato, che non può amare». Ma già, si diventa vecchi, ed io non potrei giurarle che un giorno o l'altro non mi farò cappuccino. Via, lasciamola lì; che non vorrei sbottonarmi troppo. Queste anime che so io, vere anime pulite, dubitano spesso, perchè spesso hanno ragione di affliggersi; ma egli vien sempre un giorno che si fermano in qualche loro concetto, vi s'appigliano, come a sterpi o radici d'albero sull'orlo del precipizio, e non sono più mie, vanno lungi da me, dove vanno tutti coloro che hanno bene amato e bene creduto. A me restano gli altri, imbroglioni d'ogni risma, colpevoli d'aver fatto ritornare la maggior parte dei nati di Adamo nel limbo dei bambini. Scusi, sa; parlo per metafora; ma «se' savio e intendi me' ch'io non ragioni». Dunque, tornando al fatto nostro, non vo' contratti, io; le fo servizio e mi basta il piacere di farglielo. Quando sarà vecchio, via, mi darà un ricordo, la sua fotografia, con due righe di dedica. A questo non ci rinunzio, lo tenga a mente. Fo un albo di duecento ritratti, di persone rispettabili, da Noè fino a noi (fra ugioli e barugioli si può ancora metterle insieme) e godrò di avercela Lei, se prima di quel tempo non mi gira nel manico.
–Grazie infinite;—rispose il signor Commendatore inchinandosi; che non gli pareva di poter fare di meno, in risposta a tanta cortesia