L'olmo e l'edera. Barrili Anton Giulio

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L'olmo e l'edera - Barrili Anton Giulio

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di animali e piante fossili.

      Imperocchè, già lo sapete, studio prediletto e passatempo di Guido Laurenti era la storia naturale. Egli aveva incominciato colla botanica e colla entomologia, scienze vicine di casa, come è vicino l'insetto al fiore, ma era presto salito per tutti gli altri rami delle scienze naturali. Non si è appassionati cultori della flora, senza darsi anche allo studio della fauna, nè dell'una e dell'altra, viventi, senza correre alle estinte, le cui forme sono eternate nel grembo della terra. Gli è uno studio che affascina, e accade allo studioso come a quel tale cacciatore della leggenda, che fu condotto dai voli di un merlo fantastico da un capo all'altro d'Europa. Dalla osservazione della natura in tutti i suoi grandi periodi, nasce il desiderio di approfondire le origini. L'antichità della terra, scritta in vaste pagine stratiformi, conduce difilati al problema della costituzione della materia, a quella sostanza vaporosa che turbinò un giorno nello spazio, agitando e rassodando in sè medesima tutti i germi delle cose. Per tal guisa, di naturalisti si diventa astronomi; si corre di analogia in analogia, di ipotesi in ipotesi, a bisdosso delle comete; si naviga da Marte ai pianeti telescopici, da Giove a Saturno, a Urano, a Nettuno, e si è balestrati fuori del sistema solare a investigare i segreti della Via lattea. La scienza è una grande catena; la cellula che forma il tessuto organico del microscopico infusorio e le sterminate migliaia di mondi che si riflettono in un cantuccio di lente del vostro telescopio, sotto la pallida forma di una nebulosa, sono i due capi della catena, che ambedue si saldano nell'infinito, nello infinito dove l'anima, sbigottita dapprima, vacilla e dubita di sè stessa, poi confidente si addorme.

      Guido Laurenti era tutto a questi studi geniali, alternando le materie, e la teorica colla pratica. Mattiniero come le lodole, dava le prime ore alla botanica del suo giardino, volonterosamente inchinandosi a tutti gli uffici del perfetto giardiniere. Sarchiava, innaffiava le sue aiuole, potava i rami, curava le margotte, maritava le viole e i garofani, creava nuove famiglie di tulipani, fantasticava le camelie azzurre. Poi ordinava in battaglia sempre nuove legioni di scarabei, di farfalle e d'altre minute bestiuole, a complemento delle sue collezioni; perdeva le ore intorno alle antenne di un grillo, alle alucce di una libellula, con una sollecitudine, con una pazienza da scienziato tedesco.

      E adesso i lettori benevoli non me l'abbiano in conto di un arido professore, di un pedante noioso. Già, le scienze naturali sono lo studio di chi ha cuore, e giovano a serbargliene la nativa freschezza. Nell'involucro dell'entomologo e del botanico, come dell'astronomo, c'è sempre il poeta, giusta il più profondo significato della parola. So bene che cotesto sembrerà un paradosso a molti, pei quali il sentimento, fior di poesia, sta tutto e si mostra nel passeggiare a caso, colla testa in aria e gli occhi svagati, nel contorcersi a teatro per un gorgheggio di soprano, nel far la cera languida ad una donna e susurrarle settenarii, e sopratutto poi nello aver ribrezzo d'ogni cosa materiale. Un uomo il quale applichi l'algebra a quelle stelle lucenti che piovono una luce sì tepida sui nostri amori, o dia un nome semibarbaro e latino, per amore di classificazione, a que' bei fiori che noi offriamo, insieme coi rilievi del nostro cuore, alle dive della ribalta, non può essere che un pedante, un arnese da museo, un tomo in folio che manda odore di rinchiuso, cinquanta passi discosto.

      A costoro basterebbe rispondere che il più gran poeta del secolo, Goethe, è stato uno scienziato di vaglia, e lo studiare di chimica non parve disdicevole al creatore di Margherita e di Werther. Uno scrittore francese, e dei più originali, fa ancora, io credo, il giardiniere a Nizza, ed è tanto superbo di aver dato il nome ad una nuova varietà di camelie, come di averlo stampato, a molte migliaia di copie, nelle storie di Sous les tilleuls e di Fort en thème. Non gli è dunque vero che lo studio della natura inaridisca la mente. Egli è per l'appunto nello indagare la vita dei minimi che si aguzza lo ingegno alle più sottili analogie, e si fa la mano a tutte le varietà degli umani sentimenti. Gli amori misteriosi delle piante, le simpatie che governano il mutamento dei colori nei petali della viola del pensiero, o della camelia, iniziano meglio d'ogni altra cosa al segreto lavorìo delle passioni. La scienza non apparta dalla umanità, e da nessuna delle sue ineffabili consolazioni. Chi sa come sia formato il microscopico rotifero, che vive in una goccia d'acqua, che si dissecca e muore con lei, pronto a rinascere alla prima stilla che inumidisca la inerte materia, può spesso divinare gli arcani patimenti del cuore, e la potenza dei rimedii infinitamente piccoli sulle piaghe più grandi.

      La casa di Laurenti, il giardino e il terrazzo (loggiato al pian terreno e terrazzo di sopra) erano dunque un tempio della scienza. Egli era sempre lassù; salvo qualche visita al Museo dell'Università, dove andava a studiare con Lessona, e le gite autunnali dei monti, egli usciva di rado dal suo nido. Faceva pochissime visite, e non avea altra distrazione che il teatro Carlo Felice, perchè amantissimo della musica.

      E il cuore?—chiederanno le lettrici.—Giovane, come voi dite, non amava egli? Tutto quel piccolo mondo di intelligenza e di gentilezza non era avvivato, riscaldato dalla presenza di una donna?

      III

      No, la donna non c'era; ma, poichè racconto ogni cosa, non posso negare che c'era stata. Laurenti aveva ventott'anni, come mi pare d'avervi detto, e se non ve l'ho detto, sappiatelo adesso; ora e' non si giunge a quell'età senza aver sentito almeno una volta le trafitture dell'arciero bendato.

      Quello di Laurenti era stato uno di quegli amori poggiati sul falso, tormentosi come un cattivo sogno, che toccano talfiata, acerbo tirocinio del cuore, ai giovinetti inesperti. Egli s'era a diciott'anni invaghito di una donna, non bella davvero, ma che pareva ed era celebrata bellissima, come tutte quelle che sanno far risaltare qualche fisico pregio con arte maravigliosa, lo circondano di svenevolezze, parlano al cuore dei riguardanti coi sogni che lasciano concepire, colle speranze che lasciano nascere, o che coltivano quotidianamente, colle vaporose malinconie, coi sorrisi, tenendo gli adoratori in un'aria impregnata d'acque nanfe e di arabici profumi. Le quali cose, accortamente vestite di seta o di velluto, accomodate con vezzi di perle e diamanti, vi creano di punto in bianco la regina delle donne, in quel regno effimero, che dura molto, solo perchè si mutano e si rinnovano i sudditi.

      Costei, ch'io ho conosciuto al pari di Guido Laurenti, aveva sudditi molti, seguitata, corteggiata, adulata, e perciò senza un micino di cuore. La donna che è centro di molte adorazioni è stata paragonata al sole in mezzo ai pianeti; ma in verità io non conosco immagine più falsa di questa, sebbene tutti l'adoperiamo sovente. Quella apparenza estrinseca che ha giovato a rendere accetto il paragone, anche qui è fallace come in altre cose moltissime. Sta bene che una di cosiffatte regine da salotto e da teatro dia l'immagine del sole, e i suoi adoratori appariscano altrettanti pianeti, i quali fanno la loro brava rivoluzione intorno a lei, sempre attratti nella sua orbita e tenuti in riga del pari. Ma guardate per bene oltre la scorza dell'apparenza e vedrete che il paragone non corre più. Il sole attira i pianeti, dà loro la luce e il calore, fa germogliare le piante, produce la temperatura, che è condizione di vita ad ogni organismo, fa godere, amare, vivere insomma. Che fa, in quella vece, una delle donne di cui si ragiona? Dà luce, calore e vita ai suoi pianeti? No certo; ella non spande nè luce, nè calore, nè vita; tutto riceve da essi, e non rende mai nulla. Gli adoratori sono altrettanti fuochi che l'hanno tolta per centro, che la irradiano, la riscaldano, o tentano riscaldarla. Tentano, notate bene, tentano! Invero quella levigata superficie si riscalda un tratto; la prima crosta, l'epidermide, sente il frizzare di quelle lingue fiammanti; ma il centro, il nocciolo dell'astro maggiore, è un gelo eterno, e ogni alito infocato che giunge fin là, si converte in ghiacciuolo. Quei pianeti che danzano intorno a lei, come le mitologiche Ore intorno al Tempo, le dicono che essa è bella, che è adorata, che il suo regno è felice; raggiano verso di lei con tutta la potenza della gioventù e della passione; essa non riverbera nulla, è un corpo opaco, e le rare fosforescenze che a volte ella sprigiona, simulando la luce e il calore, non giungono neppure ai poveri pianeti; le gode qualche cometa, che viene turbinosa dalle profondità dello spazio a descrivere la sua curva violenta vicino a lei, per dileguarsi da capo.

      Ad una di cotai donne aveva dato il mio Guido le primizie de' suoi affetti soavi. Novellino agli inganni, aveva fatto la sua scuola, e bisogna soggiungere, ad onor suo, che mai scuola tornò più profittevole di quella. Egli è dato cadere in

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