Solo chi è coraggioso. Морган Райс

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Solo chi è coraggioso - Морган Райс

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lo sai?” le chiese. Si portò a sedere vicino al fuoco, in un punto dove c’era una pietra bassa che faceva da sedile. Royce aveva la sensazione di percepirla e allo stesso tempo no. Era come se esistesse e non esistesse allo stesso tempo.

      “No,” rispose Lory e Royce vide quanto sembrasse preoccupata. “È questo il problema.” Gettò qualcosa nel fuoco e il colore delle fiamme cambiò di nuovo, ora con le tonalità arancioni di una forgia. “Guarda il fuoco, Royce, e dimmi quello che vedi.”

      Royce fissò obbediente le fiamme, guardando sempre più a fondo, immaginando che più profondamente fosse riuscito a osservare, più probabile sarebbe stato trovare visioni di ciò che riservava il futuro. Confronto alle molte possibilità dello specchio, era un metodo più rozzo, ma Royce avrebbe accolto ogni aiuto possibile.

      “Vedo… solo fiamme,” ammise dopo qualche minuto di osservazione.

      “È questo il problema,” disse Lori. “Anche io. Dovrei vedere di più, ho visto di più, ma dal momento in cui hai guardato in quel tuo specchio, sono riuscita solo a cogliere qualche sprazzo di cose future.”

      “Stai dicendo che lo specchio interferisce con altre forme di magia?” chiese Royce, pensando al pezzo di vetro che ancora adesso si trovava al sicuro sulla loro barca.

      “Forse,” disse Lori scrollando le spalle. “O forse il fatto che ti abbia mostrato così tanto rende in un certo senso più incerto il mio genere di predizione.”

      “Non poter vedere nulla potrebbe essere sconcertante,” disse Royce, “ma non serve che lo facciamo diventare un problema. Ho guardato nello specchio. Ho visto…” Anche lì, in quelle condizioni, sapeva di non poter ammettere con esattezza ciò che aveva visto, e Lori stava già tendendo una mano per interromperlo.

      “No,” disse. “Il futuro è troppo fragile. Lo stai trattando come una specie di fune d’acciaio, quando invece è un filo delicatissimo. Stai più attento, Royce.”

      Ora la preoccupazione nella sua voce sembrava essersi trasformata in netta paura.

      “Lori,” disse Royce. “So che non puoi vedere nulla, ma questo non significa che tutto vada storto.”

      “Non ho detto che non posso vedere niente,” disse Lori. “Ti ho spiegato che colgo ancora degli sprazzi, e quegli sprazzi sono cose di ombre e sangue. Vedo violenza, Royce, ovunque io guardi.”

      Royce scosse la testa. “È una possibilità, ma non l’unica. Ho trovato mio padre. Torneremo, e la gente lo seguirà. Vedranno il ritorno del vero re, e tutti capiranno che le cose sono cambiate. Se siamo fortunati, addirittura re Carris si ritirerà e scapperà.”

      Lori rise a quelle parole. “A volte dimentico quanto tu sia giovane, Royce, o forse quanto io sia vecchia. Non tutti hanno visto… quello che hai visto tu. Non tutti hanno la saggezza che deriva direttamente dallo specchio, o la tua certezza del fatto che tuo padre sia il re perfetto. La gente non si inchinerà in automatico solo perché lui torna.”

      “Spero che ti sbagli,” disse Royce.

      Lori sorrise, ma era un sorriso amaro. “Lo spero anche io, Royce. Lo spero anche io.”

      L’immagine della strega accanto al fuoco sbiadì e Royce si ritrovò sulla barca insieme agli altri. Con sua sorpresa, il sole aveva attraversato il cielo nel tempo che lui aveva speso a conversare con Lori, spostandosi molto più di quanto pensava fosse realmente il tempo trascorso.

      “Sei sveglio,” disse Matilde. “Bene. Mi sa che ci stiamo avvicinando alla costa, e dovremo metterci a remare quando saremo più vicini.”

      “Non vuoi essere tu a farlo, eh?” ipotizzò Royce.

      “Dopo tutto il tempo che ho passato a remare nelle Sette Isole?” chiese Matilde scuotendo la testa. “Te lo lascio volentieri.”

      Royce era felice che lei e Neave apparentemente avessero smesso di discutere per il momento. Andò verso suo padre, che era ancora seduto a prua, intento a lavorare sulla spada ossidiana.

      Royce quasi non la riconobbe. Suo padre aveva lavorato la lama, trasformando l’arma in qualcosa di liscio, affilato e letale. Aveva ricoperto l’elsa con una striscia di cuoio e vi aveva applicato sopra un’asta di legno per formare una guardia a croce. Ora sembrava occupato a sistemare qualcosa su quest’ultima, e Royce ci mise un attimo a riconoscere…

      “Il tuo anello con sigillo?” gli chiese.

      Suo padre annuì, finendo di premere il simbolo all’interno di un intaglio creato appositamente per contenerlo.

      “Non è molto, ma volevo che questa spada fosse qualcosa di personale, qualcosa che potesse essere solo tuo,” gli spiegò.

      “È perfetta,” disse Royce, prendendo la spada dalle sue mani. Provò la lama e sentì le regolazioni che erano state fatte. Ora era più leggera e la lama fischiò fendendo l’aria quando tirò un colpo di prova a vuoto. Non era la perfezione scintillante della spada di cristallo, ma era qualcos’altro con tutta una sua dignità, e si muoveva agilmente nelle mani di Royce.

      Lui rimase lì con suo padre e la mano di re Filippo gli si posò sulla spalla mentre entrambi guardavano in direzione del regno. Presto la linea scura della costa iniziò ad apparire alla vista e Royce si voltò a guardare suo padre.

      “Stiamo andando a casa,” gli disse.

      “Sì,” rispose lui. “E poi comincerà la lotta per riconquistarla.”

      CAPITOLO OTTO

      Olivia non era certa del motivo per cui la necessità di trovare Genevieve la stesse spingendo così fortemente verso sud. La logica diceva di restare con gli eserciti di suo padre, al sicuro in mezzo a migliaia di uomini, piuttosto che trovarsi in viaggio a cavallo là fuori, protetta solo da tre di loro.

      Haam, Wells e William sembravano nervosi là fuori in quelle condizioni, in spazi che erano ancora sotto il controllo del re Carris, ma parte del motivo per cui Olivia aveva scelto loro per il compito di proteggerle era che non avrebbero tentato di andare contro la sua volontà, contro ciò che lei doveva fare.

      Doveva trovare Genevieve. Olivia non sapeva perché, ma doveva farlo.

      “Siete certa di trovarti al sicuro così distante dall’esercito di vostro padre, mia signora?” chiese Haam. Olivia sapeva che stava solo dando voce alle preoccupazioni degli altri. E certo non lo biasimava per questo. Quello dopotutto era un posto pericoloso per tutti loro.

      “Ho voi a proteggermi,” rispose.

      Questo li portò a mettersi subito ben dritti in sella, gonfi di orgoglio. Quelli non erano cavalieri, e la differenza era ovvia. Le loro armature erano ammaccate e probabilmente messe insieme alla meno peggio con pezzi che provenivano da decine di posti diversi. I cavalli che avevano erano più adatti ad arare i campi che alla guerra. Le loro armi erano semplici e funzionali, ed era evidente che erano nervosi, guardandosi attorno a ogni rumore che proveniva dal lato della strada mentre continuavano ad avanzare verso sud.

      “Quanto manca ancora?” chiese William quando raggiunsero un crocevia. Si fermarono e cercarono di capire da che parte andare.

      “Dovremmo

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