Sola di fronte al Leone. Simone Arnold-Liebster
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Per il credente vi era una coerenza intima tra scelta interiore e condotta quotidiana, derivantegli dal dire un no chiaro e netto all’involuzione, non solo politica ma anche e soprattutto morale, in corso. Tale coerenza legava i rischi ai quali si esponeva al ricordo del sacrificio dei primi cristiani. Anche qui l’autore di queste note introduttive invita il lettore a tralasciare qualsivoglia giudizio di merito, tanto più se vincolato dai propri, alternativi convincimenti spirituali. E tuttavia si sente in diritto di richiamare alla comune attenzione il senso di questo legame che i testimoni di Geova stabilivano tra il passato delle Scritture, del martilologio cristiano, e il tempo da loro concretamente vissuto. Poiché in ciò sta il senso che essi hanno maturato della storia, il modo in cui la percepiscono e la elaborano e il tipo di linguaggio che adottano per trasfonderla in una dimensione collettiva.
Non è sempre agevole per chi non aderisce al credo da essi praticato, identificare i costrutti che stanno dietro o accanto le parole da loro pronunciate. E non tutti i passaggi del libro di Simone Arnold Liebster posso risultare di facile comprensione e di immediata identificazione, se non si adotta questa consapevolezza che è anche costume intellettuale, modo di porsi nei confronti di una comunità spirituale che ha una sua implicita logica. E tuttavia per andare oltre la fattualità stessa, che pur ci dice già molto, e per raggiungere la cognizione del significato che ha l’altui esperienza, non ci si può esimere da tale sforzo di lettura prospettica. Che implica un calarsi nei quotidiani panni e nella intima logica di quanti possono differire dal lettore, se non altro in virtù di una scelta fatta e mantenuta. Ovvero in ragione di un patto stabilito con se stessi, in fondo.
Va detto, a questo punto, che ciò che accomuna i diversi vuoti di memoria, al di là delle specifiche ragioni che li hanno ingenerati, è la loro non occasionalità. Ovvero, le “vittime dimenticate”, così come da certuni sono stati definiti quanti, tra gli appartenenti a questa denominazione, subirono i rigori delle violenze e la tracotanza di un regime criminale, sono tali poiché la rimozione è, nella sua radice, il modo più facile per affrontare il disagio che l’altrui storia provoca in chi non si dispone alla sua comprensione, se non con le abituali e deformanti lenti di lettura. L’oblio è, in ultima istanza, un modo per difendersi dinanzi a qualcosa che non si può razionalizzare. E il modo in cui i testimoni di Geova vissero e condivisero la deportazione, le soggettività e le peculiarità del loro internamento, l’accettazione di un destino al quale avrebbero potuto sfuggire, negando però la propria identità, mal si accordano con schemi di interpretazione precostituiti. Per capire il pluralismo di quelle vicende e la forza di chi si trovò molto spesso, se non troppe volte, da solo ad affrontarle, bisogna quindi aprire la propria mente alla pluralità dei convincimenti che sono alla base delle nostre società. Nei tempi trascorsi come, soprattutto, oggi.
Capire il senso delle violenze contro questo gruppo religioso, allora assolutamente minoritario, implica comprendere le sue ragioni. Che sono spirituali, morali ma anche emotive e culturali. Ed è quindi così che Simone è chiamata a testimoniare, letteralmente: non solo del proprio credo, non solo dei modi, tra i più ingegnosi e disparati, con i quali sopravvivesse al “leone”, al felino che la fiutava e cercava di azzannarla così come alla diaspora che subì la sua famiglia. Ma anche di quella serenità che la accompagnò, malgrado tutto, in un’epoca calamitosa e violenta, dove l’angoscia e la paura regnavano sovrane. A modo suo un viatico, che ci dice quali possono essere le strategie non solo per sopravvivere ma anche e soprattutto per vivere consapevolmente e con dignità.
Claudio Vercelli
Istituto di studi storici Salvemini, Torino
Autunno 2003
PREFAZIONE
“Le vedi quelle quattro [stelle] disposte in quadrato con le altre tre che formano una coda?”
“Oh, sì! È una pentola”.
“Si chiamano Orsa Maggiore”.
“Non riesco a vedere l’orsa!”
“Non riesci, perché non puoi vedere tutte le stelle che la formano”.
“Oh! Adesso ho capito, l’orsa è nella pentola!”
Da quella sera continuai a scrutare il cielo stellato per cercare di trovare l’Orsa Maggiore, ma la pentola rimaneva disperatamente vuota”.
Questo dialogo dell’estate del 1936 tra la piccola Simone di sei anni e suo padre riflette bene lo spirito di questo libro: un omaggio all’amato padre che sa spiegare le stelle e che, “tornato dal regno dei morti”, rivedrà sua figlia nel 1945. È anche un simbolo di ciò che, benché già esista, resta ancora invisibile, ma è essenzialmente un esempio di umorismo, che nel libro emerge di frequente, nonostante le avversità narrate da Simone Arnold Liebster.
A poco a poco le voci in grado di trasmetterci una narrazione autentica di quanto è accaduto sotto il nazismo si stanno spegnendo. Solamente quando, in occasione dei racconti sulla persecuzione, ci capita di guardare in faccia questi testimoni oculari di un’epoca e di cogliere dall’espressione dei loro volti le profonde motivazioni, prendiamo più pienamente coscienza di cosa significasse per loro paura, disperazione, fame, morte e speranza. Per il periodo nazista questo metodo di impartire una “lezione di storia”, probabilmente tanto vecchio quanto il mondo, va inesorabilmente verso la sua fine. È quindi essenziale che i testimoni oculari ci trasmettano il loro racconto in forma scritta per salvaguardare così un frammento di memoria.
Il titolo del libro, Sola di fronte al Leone, è anche una metafora: i testimoni di Geova di Mulhouse designavano la Gestapo col nome in codice di “leone”; il rapporto con la storia di Daniele nella fossa dei leoni non può essere ignorato e – come mi ha spiegato una volta Simone in occasione di un’esposizione – evoca la persecuzione dei primi cristiani.
Questo libro documenta il mondo interiore di una piccola testimone di Geova perseguitata dai nazisti. È la chiave per comprendere la sua posizione, premessa a qualsiasi tipo di ricerca storica sull’argomento.
Hans Hesse
Storico tedesco
Primavera 2002
RINGRAZIAMENTI
Per quanto la memoria mi abbia permesso, ho raccontato la mia vita ricostruendo fedelmente i fatti. Nondimeno mi sento di ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutata a dare forma alla narrazione. Tra questi Germaine Villard, Françoise Milde, Adolphe Sperry, sua nipote Virginie ed Esther Martinez, che hanno effettuato ricerche a conferma dell’esattezza storica dei luoghi e degli avvenimenti rimasti nei miei ricordi. Ho anche confrontato le mie memorie con quelle, ancora molto vivide, di due altre testimoni oculari, Rose Gassmann e Maria Koehl. La signora Bautenbacher