Le Tessere Del Paradiso. Giovanni Mongiovì

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Le Tessere Del Paradiso - Giovanni Mongiovì страница 25

Le Tessere Del Paradiso - Giovanni Mongiovì

Скачать книгу

la nostra ricompensa. Tuttavia a noi è parso giusto onorare la legge del nostro rispettato Ammiraglio.»

      Majone finì di guardare Alessio scomparire dietro l’angolo, dunque sorrise e rispose:

      «Perché me lo dite? Non è stato forse il vostro dovere?»

      «Anche gli uomini in armi di Sua Maestà assolvono il loro dovere, tuttavia ricevono il soldo.»

      A ciò Majone, stizzito, guardò i suoi, i quali intanto si erano avvicinati al suo livello.

      «Il nostro amico chiede il soldo dei mercenari!» esclamò, rivolgendosi proprio agli uomini della sua guardia personale.

      Majone era molto nervoso… a giudizio di chi lo conosceva da vicino, più del normale.

      «Chiediamo solo l’offerta dei poverelli…» spiegò Mamiliano, volendo correggere il tiro di Vittore.

      «L’offerta dei poverelli…» ripeté Majone, sorridendo a sprezzo di quell’affermazione.

      L’Ammiraglio tirò fuori dalla tasca una manciata di monete d’oro e d’argento e le gettò oltre i suoi interlocutori, proprio nel bel mezzo dell’incrocio.

      Uno della combriccola del porto si mosse per andare a raccattare quel denaro, ma Vittore lo trattenne prontamente per un braccio e commentò serio:

      «Non mi sono mai inchinato a raccogliere l’elemosina di nessuno! Ma avete ragione… consegnare quell’uomo era nostro dovere.»

      Dunque il venditore di conchiglie concluse piegando un ginocchio e accennando un inchino.

      «Vostra Eccellenza…» salutò infine prima di congedarsi.

      «Te l’avevamo detto che non avremmo dovuto avere a che fare con l’Ammiraglio.» commentò Duccio a bassa voce non appena ebbero girato le spalle.

      Vittore intanto stringeva i pugni.

      «Pagherò vostra sorella… Vittore, venditore di conchiglie!» urlò uno di quelli che stava accanto a Majone, uno che evidentemente conosceva il mercato del porto.

      L’obiettivo dell’Ammiraglio era quello di umiliare coloro che recalcitravano alla sua imposizione di potere; ora lasciava perciò che uno dei suoi insultasse colui che si era mostrato più coriaceo. Majone si defilava e si dirigeva verso il suo cavallo, mentre alcuni del suo seguito si avvicinavano minacciosi ai compari del porto.

      «Non hai sentito, pescivendolo? Pago tua sorella!» urlò ancora quello che aveva cominciato.

      Vittore si fermò.

      «Lo ammazzo!» sentenziò a bassa voce.

      «È già tanto che ti sia andata dritta con quell’eunuco. È già tanto che non ti abbia mandato gli uomini del Re.» disse la sua Mamiliano.

      Dissuaso dai suoi amici Vittore riprese il passo.

      «Sappiamo dove abiti.»

      Udita l’ultima frase, Vittore si voltò e, comprendendo che non avrebbe risolto nulla con l’indifferenza, chiese:

      «Che cosa volete da me?»

      «Non potete rifiutare il dono di Sua Eccellenza. Raccogliete quelle monete e ringraziate la mano che ve le ha concesse.»

      Vittore sapeva che dopo quel gesto l’Ammiraglio e la sua guardia più fidata ne sarebbero usciti soddisfatti, nondimeno una forza più grande di lui gli impediva di piegarsi.

      «È davvero poca cosa.» incoraggiò qualcuno tra i pescivendoli.

      «Se la prenderanno con la tua famiglia.» aggiunse Duccio.

      Vittore emise un lungo respiro e commentò bassa voce:

      «Ammiraglio, è così che ti ingrazi il popolo?»

      «Taci Vittore… siamo solo dei poveracci! Me lo hai detto tu, ricordi?» rimproverò ancora Duccio.

      Intanto Majone e il grosso del suo seguito lasciavano quel luogo per rincasare.

      Ora una folata di vento colpì alle spalle Vittore, e questi avvertì come la sensazione che sulla piazza restasse solo lui a fronteggiare l’uomo dell’Ammiraglio.

      «Se non conoscessi la vostra natura… l’infamia di quelli che derubano chi già non ha e maltrattano chi non può difendersi… se non fossi sicuro che di fronte alla sconfitta cerchereste soddisfazione sui miei cari… allora vi proporrei un duello… Anche se non so se avreste il coraggio di accettare!» sfidò l’uomo delle conchiglie.

      «Non vi sarebbe più facile raccogliere quel denaro?» chiese perplesso il soldato che scortava il primo ministro, il quale quella sera non aveva proprio voglia di far scorrere del sangue.

      «Mi sarebbe più facile se voi mi lasciaste andare in pace. Altrimenti sarebbe più conveniente che voi non mi incontriate mai in un’altra circostanza… da solo, in altri abiti e senza la possibilità che qualcuno si rivalga sulla mia casa.» spiegò e minacciò Vittore, consapevole che in qualunque caso quella sera ne sarebbe uscito sconfitto, ma non volendo comunque far passare la cosa come una ritirata.

      «Quando potrete permettervi una spada… forse…» rispose provocatoriamente l’altro, ridacchiando per sottolineare la differenza sociale che intercorreva tra loro due.

      «Io impugno il coltello da pescivendolo; battetevi ad armi pari e vi farò vedere!»

      Mentre l’ansia saliva tra quelli del porto e tra gli uomini dell’Ammiraglio aumentava la consapevolezza che Vittore facesse sul serio, dall’angolo della via che costeggia le mura più esterne del Palazzo Reale cominciò a presentarsi un folto numero di uomini in armi e a cavallo. L’aspetto di questi era nobile e l’andatura con la quale spronavano i propri destrieri sicura. L’inconsueta presenza di quei tizi fece rimandare duelli e malumori a quelli che se ne stavano già sull’incrocio opposto.

      Una parte dei nuovi giunti si avvicinò perciò agli uomini dell’Ammiraglio ed uno disse a gran voce:

      «Dichiaro Majone di Bari decaduto! L’epoca dei tiranni è finita! Da che parte state?»

      Gli uomini dell’Ammiraglio, dal basso della loro posizione di appiedati, si guardarono l’un l’altro. Era chiaro che contro i nuovi non avrebbero prevalso.

      «Risparmiateci le vite, Signori!» implorò terrorizzato il tizio che finora si era mostrato tracotante con Vittore.

      La spada gettata sul selciato fu il segno lampante della frettolosa resa degli scagnozzi di Majone.

      «E voi, da che parte state?» chiese sempre lo stesso a Vittore.

      «Abbasso la tirannia! A morte Majone!» gridò tutto d’un fiato il venditore di conchiglie, come a volersi liberare di tutta la tensione accumulata finora.

      «Bene! Alla porta di Sant’Agata anche voi!» concluse il tipo a cavallo.

      Vittore non aveva la men che minima idea di cosa stesse succedendo, tuttavia, comprendendo che quello fosse un comodo pretesto per risolvere la questione con i tirapiedi di Majone senza cedere e umiliarsi, corse alla spada gettata dall’uomo dell’Ammiraglio e la raccolse. Gli altri dei suoi fecero lo stesso con le armi gettate dagli sconfitti.

Скачать книгу