Ariion XXIII. Charley Brindley

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Ariion XXIII - Charley Brindley

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Si mise le mani sui fianchi.

      La signora Sanders puntò un dito tremante su Cameron. “Lui è—”

      “Chi è quest’uomo? Hai licenziato Cameron e hai assunto quest’uomo mentre Felicia ed io stavamo guardando il film?” Ariion si spostò e guardò sua madre. “Ne ho abbastanza dei tuoi stupidi capricci. Se Cameron se n’è andato, potresti salutarmi, perché mi trasferisco a Central Park.”

      Capitolo Quattro

      Cameron sorrise mentre guardava Ariion arrabbiarsi. Non l’aveva mai vista così infervorata.

      “Vacci piano con tua madre, agnellina. Può essere capricciosa, ma non la definirei stupida.”

      Ad Ariion cadde la mascella. Lo fissò, piena di dubbi. “Santo cielo!”

      “Esatto,” disse sua madre.

      “Vi comportate come se non aveste mai visto un giardiniere prima.”

      “La tua barba…” disse Ariion.

      “Già.” Si strofinò il mento. “Sparita.”

      “E i tuoi capelli.”

      Passò una mano sui capelli e si mise di lato per mostrare il suo profilo. “Cosa ne pensate? Troppi corti?”

      “Non posso…” cominciò sua madre.

      “…crederci,” finì Ariion.

      “Se non vi piace, posso farmeli ricrescere.” Finse un’espressione ferita.

      “Ha un aspetto quasi rispettabile,” disse la signora Sanders.

      Ariion guardò sua madre. “Ha un bellissimo aspetto, intendi dire.”

      “Bè, non andrei così lontano.” La signora Sanders sorrise. “Ma lui lo farà.”

      “Venendo da lei,” disse Cameron, “lo prenderò come un complimento.”

* * * * *

      Cameron era salito su una scala a pioliper applicare uno strato fresco di vernice bianca sulle colonne del portico anteriore.

      Ariion uscì dalla porta d’ingresso. “Hai iniziato a lavorare presto, stamani.”

      “Mi piace iniziare presto e inoltre mi sembrava giusto fare qualcosa di utile.” Immerse il pennello nel barattolo e tolse la vernice in eccesso.

      Ariion si guardò intorno. “Hai un altro pennello?”

      Indicò i gradini con il pennello.

      La ragazza prese un pennellino, lo intinse nella latta della vernice, e iniziò con la ringhiera tra le colonne. “Cosa facevi prima di…”

      Cameron sorrise. “Prima di diventare un barbone?”

      La ragazza annuì.

      “Ero…uhm…” Scese dalla scala. “…nella corte.”

      “Eri un giudice?”

      “Non proprio.”

      “Un avvocato, allora?”

      “No.”

      “Cosa?”

      “Ci sono cose molto più interessanti di cui parlare. Come sta la tua amica Felicia? Come va a scuola? Com’era il film? Dov’è l’ufficio di tua madre? Come…”

      “Voglio sapere cosa facevi nella corte.”

      Cameron sospirò. “Sul campo; non in tribunale.”

      “Okay,cosa facevi sul campo?” Si inginocchiò per dipingere sotto la ringhiera.

      “Giocavo a tennis.”

      “Tutto qui?” Sgocciolò il pennello nella latta. “Giocavi a tennis e poi sei diventato un barbone?”

      “All’epoca, ero il terzo giocatore più forte del mondo, e facevo la bella vita. Ho viaggiato per i tornei in Europa, Australia, e in estremo oriente. Avevo uno stile di vita piuttosto alto per un po’.” Aprì un’altra latta di vernice. “Cosa ne pensi di questo beige per le finiture attorno alla porta?”

      “Perfetto. Cos’è successo?”

      “Mi sono capitati due disastri in un giorno. Mi hanno praticamente gettato nell’oblio. Non ne ho mai parlato con nessuno. Sei sicura di voler sapere tutta questa vecchia storia?”

      “Certo,” disse la ragazza. “Quanto tempo fa è successo?”

      “Dieci anni. Ero in semifinale a Wimbledon. Fu una partita dura e lunga, quasi quattro ore. Ho giocato bene fino al quinto set. Ancora oggi non so cosa mi è successo, ho semplicemente perso la concentrazione per qualche minuto, ho perso due partite in rapida successione, poi da lì c’è stato il tracollo.” Cameron sedette sul secondo gradino del portico, e lei lo raggiunse. Lui si appoggiò il gomito sul ginocchio e si tolse della vernice dal polso. “Dopo che la partita finì, strinsi la mano al mio avversario, ma ero distrutto, devastato. Non vedevo l’ora di uscire dal campo e andare lontano dalla gente, soprattutto dai giornalisti che volevano sapere cosa era andato storto.”

      “Nessuno può vincere sempre. Devi aver perso un sacco di partite prima di quella,” disse Ariion.

      “E’ vero, ma questa era una partita importante. Pochissimi giocatori di tennis arrivano a Wimbledon, per non parlare delle semifinali. Ma perdere quella partita non è stata la parte peggiore della giornata.”

      “Cosa ci può essere peggio di questo?”

      Cameron Prese un profondo respiro e guardò il prato davanti a sè. Gli irrigatori automatici si erano accesi, e facevano un bel rumore come di pioggia mentre l’acqua picchiettava sull’erba e i fiori.

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