Il Colpo. Kate Rudolph
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Aveva del lavoro da fare.
C’era qualcosa che non andava all’Eagle Creek. Luke lo percepì nell’istante stesso in cui varcava la soglia. A prima vista, tutto sembrava normale. Quasi tutti i presenti vivevano in città, anche se notò la famigliola che aveva fatto tappa al Sid’s Motel mentre attraversava le montagne. Ma loro non erano un problema, erano completamente umani e ignari del fatto che ci fossero persone che non lo erano.
Si avvicinò al bancone, che Sinclair stava tirando a lucido. “Qualche novità?”
La barba dell’uomo gli copriva metà del viso ed era lunga diversi centimetri. Celava un brutto groviglio di cicatrici, e oscurava la linea della mascella abbastanza da nascondere il fatto che tempo prima era stato violentemente colpito in pieno volto. Lo faceva anche sembrare più vicino ai sessanta che ai trenta, ma quelli erano affari suoi. “Vince e gli altri sono fuori sul retro a fumare. Hanno preso un tavolo. Non hanno fatto niente da quando sono arrivati.”
Proprio il gruppo che Luke aveva necessità di incontrare. Vince Hardy e i suoi compari erano esattamente il tipo di stronzetti con cui non avrebbe voluto avere a che fare in quel momento. “E i nostri ospiti?”
La barba di Sinclair si mosse mentre lui sorrideva. “Quali?”
La domanda lasciò Luke interdetto. Qualcuno doveva essere arrivato in città dopo aver ricevuto il suo aggiornamento. Per quanto sembrasse assurdo, con il summit in programma entro due settimane aveva bisogno di un sistema di sicurezza blindato. Nessun estraneo in città di cui non fosse a conoscenza, nessuna sorpresa. “Della famiglia so già tutto.”
Sinclair indicò con un cenno della testa il tavolo in fondo al locale. “Tre persone. Credo che siano umani ma non sono riuscito a vedere bene. Devono essere di passaggio. Nessuna stanza affittata.”
Luke guardò verso il tavolo indicato dal barista. Una ragazza minuta sedeva accanto ad un uomo imponente, ed entrambi avevano di fronte una donna dai capelli rossi. L’unica cosa che Luke riusciva a vedere di lei era la sua massa di ciocche ricciolute. Anche così, il solo guardarla fu come un pugno nello stomaco. Serrò i pugni e trasse un profondo respiro. Certo, era passato un po’ di tempo dall’ultima volta con una donna, ma la sola vista di quei capelli non avrebbe dovuto metterlo in agitazione.
Gli amici della donna si alzarono e se ne andarono prima che lui potesse anche solo considerare di ascoltare quello che stavano dicendo. Lei rimase lì. Luke guardò gli altri due uscire dalla porta principale, e sembrò che la donna dai capelli rossi non avesse intenzione di seguirli. Si rivolse di nuovo a Sinclair. “Quando sono arrivati?”
Il barista scrollò le spalle. “Mezz’ora, un’ora fa forse? Hanno ordinato da bere ma non da mangiare. Stavano solo parlando. Ho mandato Lucy al loro tavolo, ma lei mi ha riferito che non stavano dicendo niente di sospetto. Terrò gli occhi aperti.”
“Ci conto.”
Vince e i suoi amici rientrarono e Luke ebbe quasi un conato di vomito a causa dell’odore di tabacco. Non sarebbe mai riuscito a capire come un mutaforma felino potesse fumare sigarette. Anche il più piccolo sbuffo di fumo a lui dava l’impressione che le narici andassero a fuoco. Ma quel ragazzino era nato idiota, e idiota sarebbe sempre rimasto. Vince Hardy era uno di quei piccoli sbandati che avevano avuto tutto, scegliendo di non farci niente. Si era sputtanato il fondo fiduciario in alcolici e stronzate costose e non era capace di combinare nulla che gli permettesse di riprendere in mano la sua vita. Ma Luke non poteva cacciarlo dal branco solo perché era un ragazzino stupido. Tuttavia punirlo gli avrebbe dato un po’ più di soddisfazione del dovuto.
Luke rimase al bancone e aspettò che Vince si accorgesse di lui. Il ragazzo stava occupando più spazio possibile. Quasi si appoggiò al tavolo della donna dai capelli rossi per guardarle nella scollatura. Il verde lime della sua polo feriva gli occhi di Luke, e doveva aver passato almeno mezz’ora a sistemarsi i capelli biondi in modo da ottenere uno studiato effetto spettinato. Vince appariva esattamente come di solito appare un idiota con i soldi, e ciò non non faceva altro che renderlo più popolare.
Dopo aver passato più di due minuti a fare il cretino, Vince finalmente cominciò a prestare attenzione a ciò che lo circondava e vide il suo alfa appoggiato con noncuranza al bancone. Mentre le sue guance si coloravano di rosso, il resto del viso impallidiva. Luke dovette trattenere un sorriso. Il ragazzo sapeva di aver fatto una cazzata, se l’alfa aveva intenzione di parlargli il giorno stesso dell’incidente.
Luke mantenne il contatto visivo per diversi secondi prima di girarsi e uscire dal bar. Vince e i suoi amici lo avrebbero seguito. Conoscevano le regole.
Non aspettò nel parcheggio. C’erano troppe persone normali in città che non avevano idea dei mostri che vivevano fra loro. Girò intorno al piccolo edificio di mattoni e attese appena oltre l’alta staccionata di legno che separava il retro del ristorante dalla strada. Durante l’estate avevano messo fuori tavoli e sedie in modo che i vacanzieri potessero godersi il magnifico clima del Colorado. Ma ora che l’autunno si stava avvicinando, i tavoli erano impilati di lato e potevano essere utilizzati solo su specifica richiesta. Era il posto perfetto per quel genere di incontri.
Vince fu il primo a sgattaiolare fuori, a testa bassa e con le spalle curve. Si appoggiò alla staccionata senza dire una parola. Luke si limitò ad aspettare. Passò quasi un minuto prima che Henry e Mick li raggiungessero. Tutti e tre i ragazzi attesero che l’alfa parlasse. Luke li lasciò cuocere nel loro brodo in silenzio per diversi minuti. Gli stavano incasinando la vita e non era interessato a render loro le cose più facili.
Solo dopo aver visto una goccia di sudore imperlare la fronte di Vince, si decise a parlare. “Hai una spiegazione?”
Se possibile, le spalle di Vince si incurvarono ancora di più. Bastava davvero poco perché fosse completamente piegato in avanti. “Non la stava usando,” bofonchiò.
Luke fece un ampio movimento con la mano. “Vedi della neve per terra?” Non alzò la voce. Non ce n’era bisogno.
Vince deglutì e i suoi amici sembrarono imbarazzati. “No, signore.”
“Hai sentito lamenti o rumori preoccupanti provenire dal garage di Rinna? Magari un cucciolo spaventato?” Si avvicinò, fino a trovarsi a pochi centimetri dal viso del ragazzo.
“No, signore.”
“Allora ti dispiacerebbe spiegarmi perché hai rubato la motoslitta di una donna e tentato di guidarla lungo la strada, causando danni per migliaia di dollari?” Accompagnò le ultime parole con un leggero ringhio e fu soddisfatto quando Vince mugolò, lasciandosi sfuggire dalla gola un flebile lamento.
Sia Henry che Mick tenevano la testa bassa, rifiutandosi di alzare gli occhi o di difendere il loro amico. Anche Vince non disse nulla in sua difesa.
“Da ora in avanti andate tutti a scuola e tornate subito a casa. Se avete dei lavori, sbrigateli. Ognuno di voi deve a Rinna cinquecento dollari per coprire i danni e lavorerete nella sua proprietà ogni fine settimana fino a Natale. Se volete fare qualcos’altro, chiedete prima a me. Se vi becco a disobbedire sarete confinati a casa mia in ogni momento in cui non siete al lavoro, a scuola o a dormire. Chiaro?” Quei tre potevano anche essere vicini all’età adulta, ma nel branco contavano ancora come bambini. Ed