La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке. Данте Алигьери

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La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке - Данте Алигьери Lettura classica

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perfido assessin, che, poi ch’è fitto,

      richiama lui per che la morte cessa.

      52 Ed el gridò: «Se’ tu già costì ritto,

      se’ tu già costì ritto, Bonifazio?

      Di parecchi anni mi mentì lo scritto.

      55 Se’ tu sì tosto di quell’ aver sazio

      per lo qual non temesti tòrre a ’nganno

      la bella donna, e poi di farne strazio?».

      58 Tal mi fec’ io, quai son color che stanno,

      per non intender ciò ch’è lor risposto,

      quasi scornati, e risponder non sanno.

      61 Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:

      «Non son colui, non son colui che credi»»;

      e io rispuosi come a me fu imposto.

      64 Per che lo spirto tutti storse i piedi;

      poi, sospirando e con voce di pianto,

      mi disse: «Dunque che a me richiedi?

      67 Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto,

      che tu abbi però la ripa corsa,

      sappi ch’i’ fui vestito del gran manto;

      70 e veramente fui figliuol de l’orsa,

      cupido sì per avanzar li orsatti,

      che sù l’avere e qui me misi in borsa.

      73 Di sotto al capo mio son li altri tratti

      che precedetter me simoneggiando,

      per le fessure de la pietra piatti.

      76 Là giù cascherò io altresì quando

      verrà colui ch’i’ credea che tu fossi,

      allor ch’i’ feci ’l sùbito dimando.

      79 Ma più è ’l tempo già che i piè mi cossi

      e ch’i’ son stato così sottosopra,

      ch’el non starà piantato coi piè rossi:

      82 ché dopo lui verrà di più laida opra,

      di ver’ ponente, un pastor sanza legge,

      tal che convien che lui e me ricuopra.

      85 Nuovo Iasón sarà, di cui si legge

      ne’ Maccabei; e come a quel fu molle

      suo re, così fia lui chi Francia regge».

      88 Io non so s’i’ mi fui qui troppo folle,

      ch’i’ pur rispuosi lui a questo metro:

      «Deh, or mi dì: quanto tesoro volle

      91 Nostro Segnore in prima da san Pietro

      ch’ei ponesse le chiavi in sua balìa?

      Certo non chiese se non «Viemmi retro».

      94 Né Pier né li altri tolsero a Matia

      oro od argento, quando fu sortito

      al loco che perdé l’anima ria.

      97 Però ti sta, ché tu se’ ben punito;

      e guarda ben la mal tolta moneta

      ch’esser ti fece contra Carlo ardito.

      100 E se non fosse ch’ancor lo mi vieta

      la reverenza de le somme chiavi

      che tu tenesti ne la vita lieta,

      103 io userei parole ancor più gravi;

      ché la vostra avarizia il mondo attrista,

      calcando i buoni e sollevando i pravi.

      106 Di voi pastor s’accorse il Vangelista,

      quando colei che siede sopra l’acque

      puttaneggiar coi regi a lui fu vista;

      109 quella che con le sette teste nacque,

      e da le diece corna ebbe argomento,

      fin che virtute al suo marito piacque.

      112 Fatto v’avete dio d’oro e d’argento;

      e che altro è da voi a l’idolatre,

      se non ch’elli uno, e voi ne orate cento?

      115 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,

      non la tua conversion, ma quella dote

      che da te prese il primo ricco patre!».

      118 E mentr’ io li cantava cotai note,

      o ira o coscienza che ’l mordesse,

      forte spingava con ambo le piote.

      121 I’ credo ben ch’al mio duca piacesse,

      con sì contenta labbia sempre attese

      lo suon de le parole vere espresse.

      124 Però con ambo le braccia mi prese;

      e poi che tutto su mi s’ebbe al petto,

      rimontò per la via onde discese.

      127 Né si stancò d’avermi a sé distretto,

      sì men portò sovra ’l colmo de l’arco

      che dal quarto al quinto argine è tragetto.

      130 Quivi soavemente spuose il carco,

      soave per lo scoglio sconcio ed erto

      che sarebbe a le capre duro varco.

      133 Indi un altro vallon mi fu scoperto.

      Canto XX

      Di nova pena mi conven far versi

      e dar matera al ventesimo canto

      de la prima canzon, ch’è d’i sommersi.

      4 Io era già disposto tutto quanto

      a riguardar ne lo scoperto fondo,

      che si bagnava d’angoscioso pianto;

      7 e vidi gente per lo vallon tondo

      venir, tacendo e lagrimando, al passo

      che fanno le letane in questo mondo.

      10 Come ’l viso mi scese in lor più basso,

      mirabilmente apparve esser travolto

      ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso,

      13 ché da le reni era tornato ’l volto,

      e in dietro venir li convenia,

      perché ’l veder dinanzi era lor tolto.

      16 Forse per forza già di parlasia

      si travolse così alcun del tutto;

      ma io nol vidi, né credo che sia.

      19 Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto

      di tua lezione, or pensa per te stesso

      com’ io potea tener lo viso asciutto,

      22 quando la nostra imagine di presso

      vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi

      le natiche bagnava per lo fesso.

      25 Certo io piangea, poggiato a un de’ rocchi

      del duro scoglio, sì che la mia scorta

      mi disse: «Ancor se’ tu de li altri sciocchi?

      28 Qui vive la pietà quand’ è ben morta;

      chi è più scellerato che

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