Promette Di Amarti. Shanae Johnson
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I suoi respiri contro la sua pelle nuda avrebbe dovuto riscaldarlo da parte a parte. La sua guancia soffice sul suo cuore martellante avrebbe dovuto fomentare il suo desiderio. Invece, Jeff riusciva solo a sentire la rabbia rovente trapassargli le vene.
Avrebbe ucciso Nick.
Sì, Nick e non Coso. Jeff stava usando il nome di quell’uomo. La maggior parte delle vittime di guerra erano corpi senza nome abbandonati come spoglie della battaglia. Ma non quella volta. Jeff avrebbe guardato quell’infame traditore dritto negli occhi poco prima di torcergli il collo.
Il desiderio di essere violento fece contrarre il suo mignolo sinistro. Neanche i suoi sentimenti per Saylor gli avevano provocato tutte quelle sensazioni. Ma il pensiero di far del male a Nick sì. Con quel pensiero, l’ira di Jeff si calmò all’istante.
Per gran parte della sua vita era stato un ragazzino arrabbiato. Col bisogno di piantare un pugno contro qualsiasi cosa e chiunque agisse contro di lui. Perché non era riuscito a proteggere se stesso o sua madre a casa.
Solo quando entrò nell’Esercito imparò a sfruttare quella rabbia, quel dolore. Il generale Abe Silver l’aveva addestrato come soldato, pronto e disposto a ricevere ordini per combattere il nemico contro cui puntava il comandante. Jeff imparò a non alzare mai le mani quando era arrabbiato, ma solo in un piano calcolato approvato dai suoi superiori.
Non aveva ordini di attaccare Coso. Il generale l’aveva mandato lì per uno scopo. Assicurarsi che alle sue figlie non mancasse nulla. Le lacrime di Saylor gli dissero che stava male per qualcosa che non aveva. Jeff aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per soddisfare quel bisogno.
L’angoscia nei singhiozzi di Saylor rattristò Jeff. Voleva poter avvolgere le sue braccia attorno a lei e tenerla al sicuro. Il suo braccio sinistro penzolava da un lato, addormentato per l’esplosione che aveva portato via suo padre a entrambi.
A poco a poco, i singhiozzi di Saylor si affievolirono fin quando non rimase solo il suo respiro regolare. Mentre si calmava, Jeff non la lasciò andare. A un certo punto, le sue dita non formavano più dei pugni. In quel momento avvolgevano la sua schiena. Le sue mani erano serrate in fondo alla schiena di lui.
Jeff sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa di confortante. Ma non aveva modo di sapere cosa avrebbe dovuto dire. Non era bravo con le parole. Con una mappa e delle coordinate di sicuro. Ma con le linee e le curve che formavano parole invece che topografia, rimaneva disorientato. E così fece la domanda più stupida sulla faccia della terra.
"Stai bene?"
Di certo non stava bene. Jeff aveva visto quel perdente ignorarla per tutta la notte. Aveva visto Coso ballare non con una ma con due donne, avvicinandosi in modo inappropriato per uno che stava in una relazione seria. Per tutto il tempo Saylor era stata seduta da un lato così smarrita.
Jeff avrebbe voluto andare da lei, ma lui non aveva quel diritto. E sapeva che qualsiasi parola le avesse detto, non sarebbe stata appropriata. Parole come: devi lasciarlo o ti meriti di meglio.
Lei meritava di più. Ma sapeva che non gli avrebbe creduto. Sua madre non lo credeva mai. Ma Jeff non sapeva se avrebbe mai potuto avere abbastanza forza di allontanarsi da un’altra vittima di abuso.
Al suono della sua voce, Saylor sembrava riprendersi dal suo stato di incoscienza.
"Va tutto bene," disse lei. "Sto bene."
Tolse le mani dalla sua schiena. Le sue braccia girarono attorno a lui e ritornarono sui suoi fianchi.
"Mi dispiace," disse lei, strofinandosi gli occhi. "Starai pensando che sono un caso disperato."
Jeff voleva dirle che pensava fosse perfetta. Lui voleva riprenderla tra le sue braccia. Lui voleva baciare quelle borse scure sotto gli occhi e stringerla mentre dormiva, facendole dimenticare tutto ciò che aveva passato.
"È solo che il matrimonio era così bello... È per questo che piangevo. Mi sono emozionata."
Jeff annuì alla sua palese bugia.
"Volevo dare a Scout e Linc la loro intimità, quindi sono venuta alla mia casetta. Mi sono dimenticata che alloggiavi qui."
"Non fa niente," disse Jeff. "Puoi stare qui. Io vado alla casetta di Scout qui accanto."
Fece un passo e poi si bloccò. Saylor sembrava così smarrita in piedi nel bel mezzo della stanza. Jeff voleva allungare il braccio verso di lei, per attirarla di nuovo a sé. Ma non aveva nessuna ragione valida. Lei stava cercando disperatamente di nascondere il suo dolore.
Voleva che sapesse che non avrebbe mai potuto tenerlo nascosto a lui. Conosceva troppo bene quel dolore. Ma proprio perché ne conosceva il gusto e la consistenza, sapeva che non voleva essere visto. E così si girò, ma non in direzione della porta.
"In realtà stavo per preparare una tazza di tè caldo con del latte. Non ti dispiace? Potrei farne una anche a te."
Nella sua visione periferica, Jeff vide le spalle di Saylor rilassarsi. Solo un po’. Non alzò proprio lo sguardo su di lui. Ma annuì. E così Jeff accese il bollitore.
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