Tranquilla Cittadina Di Provincia. Stefano Vignaroli

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Tranquilla Cittadina Di Provincia - Stefano Vignaroli

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si dice sempre così, ma poi bisogna vedere come sta la persona che ha subito l'abbandono e che, di solito, prova dentro di sé un vuoto incolmabile, anche se cerca di far finta di niente e non far pesare la cosa all'altro. Così telefonai ad Anna e capii che stava da schifo.

      «So che non me la dovrei prendere così, Caterina. Mauro e io abbiamo sempre vissuto il nostro rapporto in piena libertà e ho sempre ritenuto normalissimo che potesse finire da un momento all'altro, ma ora ci sto male. Non ce l'ho né con lui, né con Clara, sia chiaro, ma Mauro mi manca molto.»

      Decidemmo di andare a cena insieme e mi ci volle del bello e del buono per consolarla e per cercare di portare il discorso su altri argomenti. Terminata la cena in una trattoria di Sanremo, decidemmo di dedicarci allo svago totale, sconfinando nel principato di Monaco e andando a passare la nottata al casinò di Montecarlo. Rientrai a casa all'alba, ma quella fu l'ultima follia che mi concessi, dal momento che l'aumento di circonferenza del mio girovita mi suggeriva di iniziare una fase della mia esistenza che fosse più tranquilla e regolata.

      A Novembre Clara e Mauro si trasferirono in via definitiva nell'ex casa Della Rosa e io rimasi da sola a condividere con Furia il casolare nella bassa Valle Argentina. L'inaugurazione del Centro Studi, alla presenza di importanti autorità, a metà del mese di Novembre, fu una bellissima festa. Casa Della Rosa risplendeva di nuova vita. Il salone del pentacolo, restaurato, era meraviglioso, l'incendio non aveva affatto rovinato il marmo del pavimento che, lucidato, era spettacolare. La specchiera era stata lasciata aperta, perché fosse visibile la biblioteca ricca di antichi testi e manoscritti. Un lungo tavolo in legno massiccio era stato disposto nel salone, a disposizione degli studiosi che avessero voluto consultare i testi, che venivano dispensati attraverso una scrivania disposta in corrispondenza del passaggio dal salone stesso alla biblioteca, un tempo delimitato dalla specchiera scorrevole. Quest'ultima era ancora funzionante, ma il complicato meccanismo d'apertura era stato sostituito da un comodo telecomando. Il lungo tavolo era in quel momento imbandito per il rinfresco e, dopo i discorsi del Sindaco, di un Sottosegretario del Ministero dei Beni Culturali, del Dottor Leone e della Dottoressa Honoris Causa Clara Giauni, una ditta di catering vi riversò sopra ogni ben di Dio.

      Quando, uno dopo l'altro, tutti gli illustri ospiti se ne furono andati, rimasi sola con Clara e Mauro. Ero davvero contenta di aver potuto aiutare quella ragazza, non solo le avevo salvato la vita, ma adesso lei aveva un futuro davanti a sé, e non era poco. E aveva trovato anche un ottimo compagno, anche se a scapito di un'altra donna. Ed ecco che Anna fece capolino dalla porta d'ingresso.

      «Sono venuta a farti i miei più sinceri complimenti, Clara, è tutto meraviglioso e te lo sei ampiamente meritato.»

      Baciò sia Clara che Mauro con affetto, e notai che non c'era ombra di rancore nei suoi gesti, che erano chiaramente sinceri.

      Meno male, mi dissi, La bufera forse è passata. O forse Anna è molto abile a nascondere il suo vero stato d'animo!

      «Beh, ragazzi, auguro ogni bene a tutti voi. Purtroppo fra qualche giorno vi lascerò. Ho già pronta la richiesta di congedo per maternità e credo proprio che trascorrerò l'ultima fase della gravidanza nelle Marche, vicino al mio compagno. Ma, anche se non ci vedremo, ci terremo in contatto!»

      Sia Mauro, che Clara, che Anna mi assicurarono che non sarebbe passato giorno in cui non ci saremmo sentiti per telefono, magari con un semplice SMS. Quella sera tornai a casa felice, piena di quel calore umano che di rado in vita mia avevo provato. Sarebbe stata dura andarsene da quei luoghi, meravigliosi sotto tanti aspetti. Ero convinta che comunque, dopo alcuni mesi, sarei ritornata lì, non sapendo ancora che cosa la vita e il destino mi stavano riservando.

      Quando entrai nella stanza del Dottor Perugini per consegnare la busta contenente la mia richiesta di congedo, vidi che il Questore teneva a sua volta in mano una grossa busta con sopra scritto in stampatello il mio nome a caratteri cubitali.

      «Sapevo che i suoi contatti con le streghe di Triora l'avevano dotata di poteri soprannaturali, ma questa è telepatia pura, mia cara Dottoressa. Stavo giusto per convocarla!»

      «Bene. Prima Lei o prima io?» dissi, alternando lo sguardo dalla mia busta alla sua.

      «Credo che dopo che avrà letto il contenuto di questa, non ci sarà più alcun bisogno che Lei presenti più niente a me, richieste di ferie, congedi o altro...», disse, porgendomi la busta sigillata, ma di cui, a giudicare dal sorriso complice che aveva stampato sul viso, conosceva benissimo il contenuto. Aprii il plico, che giungeva dal Ministero dell'Interno, e iniziai a scorrere con lo sguardo quanto vi era scritto.

      Viste le notevoli capacità investigative, nonché lo sprezzo del pericolo, l'abnegazione e l'attenzione nei confronti delle persone coinvolte nelle indagini... La Dottoressa Caterina Ruggeri, attualmente di stanza alla Questura di Imperia con il grado di Commissario, per decisione di questo Ministro, viene promossa Vice Questore Aggiunto e destinata alla Questura di Ancona, dove dovrà prendere servizio entro il 15 Dicembre p.v. Il Questore disporrà la sua sede di servizio, in base alle esigenze, tenendo conto delle ottime qualità della Dottoressa Ruggeri...

      Non riuscivo neanche a credere a quanto stessi leggendo. Nel giro di un brevissimo lasso di tempo ero avanzata nella carriera in maniera inaspettata, direi incredibile. Lo stesso Ministro dell'Interno dispensava elogi nei miei confronti e, per di più, dopo solo pochi mesi trascorsi lontana dai miei luoghi di origine, potevo tornare a pieno titolo a lavorare vicino casa, e proprio in concomitanza con la mia maternità. Salutai il Dottor Perugini, ringraziandolo per tutto quanto aveva fatto per me in quel breve periodo e uscii dalla Questura, con la testa che scoppiava per i pensieri che si accavallavano, uno dietro l'altro, dentro di essa. Salii in auto e neanche mi accorsi della strada che avevo fatto per giungere a casa, tanto ero assorta nelle mie elucubrazioni mentali. Non c'erano decisioni da prendere, come era accaduto qualche mese prima. In quel momento le decisioni erano state già prese per me, e di certo non mi sarei potuta opporre. Eppure adoravo quei luoghi, anche se ci avevo vissuto per un brevissimo periodo, e non sopportavo l'idea di staccarmi, forse per sempre, dalle mie nuove amicizie. In vita mia non avevo mai avuto rapporti umani così intensi, di amicizia, di solidarietà, come quelli che avevo vissuto in quell'ultimo periodo. Non avevo neanche il coraggio di dire addio a Mauro, o a Clara, o ad Anna, ma neanche a Laura, a D'Aloia e persino all'Ispettore Gramaglia o all'ultimo Agente che lavorava al Distretto. Ma, d'altra parte, sarei tornata nei miei amati luoghi d'origine, sarei stata vicina al mio amore, al padre della mia bambina. E la piccola sarebbe potuta vivere in un clima familiare normale e avrebbe goduto della presenza di un affettuoso papà. Sapevo che il mio lavoro mi avrebbe tenuto parecchio fuori di casa e che, se mia figlia fosse dovuta crescere sola con me, avrei dovuto affidarla di continuo ad asili nido e baby-sitter. In questo modo, invece, sarebbe stato tutto più semplice.

      Rimanevano ben pochi giorni da passare in Liguria. L'inverno era ormai alle porte e il freddo, anche per la vicinanza delle montagne ormai già innevate sui cocuzzoli, cominciava a farsi sentire. Furia sempre più di frequente cercava di entrare in casa per accucciarsi di fronte al caminetto acceso. Io, non senza una punta di malinconia, cominciavo a racimolare le mie cose, preparando alcuni scatoloni da caricare in auto assieme alle valige.

      Chissà perché! mi chiesi. Anche in poco tempo una persona è in grado di accumulare dentro casa una quantità incredibile di oggetti da cui non si vuol separare per nessun motivo.

      Ritrovai, tra le altre cose, il prezioso libro scritto in Ebraico con traduzione a fronte in Latino, che mi era rimasto fra le mani il giorno dell'incendio di casa Della Rosa. Lo avevo sempre tenuto come ricordo dell'indagine e dello scampato pericolo, ma in quel momento decisi che era giusto riconsegnarlo a Clara. Così colsi l'occasione per andarla a trovare e salutare lei e Mauro.

      «Grazie, Caterina. Pensavo che questo libro fosse andato perduto per sempre

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