Neulateinische Metrik. Группа авторов

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“proavo” del poeta, sarebbe stato persino imparentato con gli Sforza, in qualità di secondo marito della sorella di Muzio, Margherita Attendolo. Il poeta stesso peraltro, sempre secondo il Carrari, parlando della propria discendenza in alcuni suoi “versi latini manuscritti”, avrebbe confuso la moglie Margherita con la sorella Chiara, dimostrando così “di non aver saputo anco bene la sua origine”. Pur non essendo il carmen anguineum identificabile con i versi in questione, certamente può essere considerato parte di un filone tematico caro al poeta per motivi che vanno al di là del rapporto poeta-protettore.

      Tornando alla struttura del carmen, nello schema sopra proposto il serpente è ben visibile lungo i vettori che uniscono i segmenti. Il Fulin lo colse nel suo movimento attorno alla colonna centrale, ma questa non dev’essere considerata una condizione sine qua non: nell’altro carmen anguineum contenuto negli Opuscula, ossia quello del Processus, il meccanismo testé descritto funziona nel medesimo modo senza alcuna colonna centrale. Quest’ultimo peraltro, se fatto risalire alla data del finto processo (1487), dev’essere considerato addirittura precedente al carmen sforzesco, databile invece all’anno 1500.

      Un’altra suggestione che può trovare conferma guardando la ricostruzione grafica è il raffinato accostamento del tema prescelto al metro sperimentale. Gli Sforza infatti, assumendo il controllo del Ducato di Milano, ereditarono dai loro predecessori lo stemma del biscione. Elementi quali il nome del carmen, il suo soggetto, la forma suggerita dai vettori e l’uso ambiguo di anguis nella Constructio, convergono tutti nella perfetta specularità tra forma e materia, tra esperimento e contenuto. Se l’ipotesi fosse corretta, saremmo in presenza di un inusuale carmen figuratumFigurengedicht, in cui la figura riflette regolarmente il contenuto rimanendo però nascosta, in una specie di gioco enigmistico la cui chiave è fornita dalla Constructio.

      La questione della paternità

      L’orgoglio del Catti per la sua creazione è decisamente palese. Nel Processus degli Opuscula, per esempio, laddove il ravennate fa pronunciare all’amata Lidia il proprio breve manifesto poetico, tra le composizioni menzionate compaiono anche i carmina quae anguineo cernis migrantia cursu.1 Il luogo però in cui si manifesta maggiormente l’orgoglio del poeta è proprio lo stesso in cui compare il carmen.

      Si è già accennato al tema del primus egoErfinder nella Constructio a c. Bviv, ma ancora più importante è la lettera che il cremonese Gianfrancesco Bindi avrebbe scritto l’11 settembre 1500 al nostro poeta, non a caso riprodotta per intero alle cc. Bviv– Bviir, subito di seguito al carmen anguineum. In questa lettera, il poeta è paragonato agli antichi ed è considerato supra omnem priscorum […] et neothericorum ingeniorum facultatem per le sue invenzioni. Su queste capeggiano proprio gli anguinei […] versus […] quos nuper excogitasti supra omnem priscorum. Prescindendo per ora dall’identità dei versi cui il Bindi si riferisce, è qui senza dubbio attribuita al Catti la paternità della loro invenzione.

      Tali rivendicazioni trovano conferma anche presso Tommaso Tomai e, tramite costui, in Serafino Pasolini e Pietro Paolo Ginanni, eruditi tra i più informati sul Catti.Favonio, Mario2 Ciononostante, l’ambiguità terminologica del mondo della “poesia per gioco” ha fatto sì che anche ad altri poeti fossero attribuiti alcuni carmina anguinea, in particolare ai coevi Mario FavonioErfinderCurti, Lancino3 e Lancino Curti.

      Per quanto riguarda il primo, la questione è facilmente risolvibile. Al FavonioFavonio, Mario infatti, vissuto sotto papa Paolo III (1468–1549), è stato attribuito un presunto epitaffio per la morte del Bembo “in versi latini da lui inventati e chiamati anguinei”.4 Questo elogio funebre è andato perduto, quindi non è dato sapere se fosse strutturato come i carmina del Catti. Inoltre, la morte del Bembo sopraggiunse quarantasette anni dopo la lettera del Bindi e diciassette dopo la morte del Catti, pertanto la precedenza di quest’ultimo resta indiscutibile.

      Parlando di Lancino CurtiCurti, Lancino, poeta sperimentale coevo a Lidio e attivo a Milano,Curti, Lancino5 si devono sottolineare due aspetti importanti: in primis non è attestato alcun contatto tra il milanese e il ravennate, ancorché le loro stravaganze siano quasi omologhe; in secundis le raccolte degli esperimenti del Curti sono state edite solo nel 1521 (Sylvarum libri decem, Epigrammaton libri decem e Epigrammaton libri decem. Decados secundae), ma in queste non ricorrono carmina che seguano la costruzione dell’anguineum del Catti.6

      Eppure, già nel XVI secolo prima Paolo GiovioFigurengedicht7 e poi Lilio Gregorio Giraldi,8 che cita il primo, parlando di Lancino scrivono di certi suoi anguinei versi. Alle parole del Giovio inoltre, il Giraldi aggiunge una descrizione più specifica dei versi anguinei e fa riferimento ai celebri carmina figurata di Rabano MauroMaurus, Rabanus come modello del poeta milanese. Nelle raccolte del Curti difatti, e in particolare nella seconda decade degli Epigrammaton libriCurti, LancinoEpigrammaton libri, esistono calligrammiFigurengedicht, acrosticiAkrostichon peculiari e altri carmi del genere. Nonostante queste affinità, bisogna da una parte ribadire l’assenza nel CurtiCurti, Lancino di ciò che il Catti definisce anguineum e, dall’altra, la confusione terminologica che spesso regna in questi ambiti letterari poco studiati.

      Per comprendere la facilità con cui è possibile cadere in ambiguità e incomprensioni, basta leggere la definizione di carmen anguineum data dal Ginanni nella sua scheda sul Catti: “composto di sei parole, che formano un verso esametro, il primo verso si legge pure nelle prime parole degli altri sei, e ad ogni altra parola corrispondono l’altre, che pure formano un verso”.9 A questa già sibillina affermazione, il Ginanni non fa seguire a mo’ d’esempio il carmen sugli Sforza, bensì un altro esperimento, cioè il primo dei versi reticolati a f. Bviiv,10 per poi citare i complimenti contenuti nella lettera del Bindi. In sostanza, il termine anguineum è qui attribuito ai versi reticolati.

      D’altronde anche il Giovio, parlando dei versus anguinei del CurtiCurti, Lancino, menziona un quadratum epigramma che ricorda molto anche visivamente la disposizione dei carmina reticolati del Catti. Se a ciò si aggiunge che questo tipo di “poesia per gioco”, a differenza del carmen anguineum, è presente in entrambi gli autori,Erfinder11 si può forse giungere a una conclusione: la tradizione letteraria identifica come anguinei diversi tipi di carmina, quali i sotadici e i reticolati,12 mentre il Catti, dal canto suo, definisce anguineum solo quello che segue lo schema di cui vanta l’invenzione.

      Quest’ultima ipotesi è supportata da una certa evidenza terminologica: nelle rubriche che introducono puntualmente i vari componimenti degli Opuscula, i termini anguineum e anguis ricorrono solamente per il carmen sugli Sforza e per il Summarium processus, tanto negli Opuscula quanto nei manoscritti. Così avviene anche nel Marc. It. IX, 365 (=7168), dove più carmina anguinea si susseguono a formare un poema insieme ad altri metri più convenzionali. Al contrario, i versi reticolati sono rubricati con espressioni quali Et legas utroque tramite. Infine, la stessa posizione della lettera del Bindi è di per sé significativa, in quanto segue subito il carmen sugli Sforza, separandolo nettamente dai successivi componimenti reticolati.

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