Tre storie di santità femminile tra parole e immagini. Mattia Zangari

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Tre storie di santità femminile tra parole e immagini - Mattia Zangari страница 2

Tre storie di santità femminile tra parole e immagini - Mattia Zangari Orbis Romanicus

Скачать книгу

fenomeni a sé stanti perché fra immagini, vetrate e affreschi intercorrono relazioni strutturali e bilaterali, affinità iconiche, così come pure sorprendenti e talvolta drammatiche trasformazioni, che creano forme e «schemi» culturali. Per esempio l’iconografia delle culle spinge Lutgarda a custodire il cuore di Gesù come se fosse un bimbo in una cuna, un bimbo da sventolare con un ventaglio; oppure, per fare un altro esempio, rimirare il corpo nudo di Cristo fa sì che Angela denudi sé stessa, come il Cristo che le sta davanti.

      Queste prospettive danno luogo a un libro che rivela una capacità critica e interpretativa di alto livello, che mette in luce risultati sfuggiti, fino ad ora, alle maglie della critica. I risultati qui presentati possono essere considerati originali scoperte e interpretazioni innovative, frutto di un approccio euristico e di una prassi di ricerca che permetteranno alla comunità scientifica di approfondire ulteriormente l’indagine sui fenomeni mistici.

      Monaco di Baviera, 16 luglio 2019 Bernhard Teuber

      Introduzione

      Per i boschi della Spagna del siglo de oro, una donna cattolica, ma con origini ebraiche, viaggiava raminga, spostandosi da un convento all’altro, animata da un ideale, ossia la riforma dei monasteri carmelitani: era Teresa d’Ávila, che da lì a poco sarebbe diventata, nell’immaginario cattolico, la santa fundadora, la mistica escritora. L’obiettivo di Teresa era sì il rinnovamento dei monasteri, ma pure la messa in forma di un ideale di monaca che prendesse le distanze dalle rilassatezze che dilagavano al monastero dell’Encarnación di Ávila. Tre secoli prima, come vedremo nel primo capitolo di questo libro, un frate domenicano brabantino – Tommaso di Cantimpré – si poneva il medesimo problema, ovvero la ricerca di un modello comportamentale che ispirasse le monache del suo tempo; per la messa a punto del suo progetto, il frate illustrò in un testo la vita esemplare di una monaca morta due anni prima in odore di santità: Lutgarda d’Aywières (1182-1246). È con la biografia di Lutgarda che si chiude la raccolta di vite di donne – le Vitae matrum – scritta da Tommaso di Cantimpré, il quale si era specializzato nell’arte di biografare donne sante, donne mistiche molto diverse dalle sante regine che altri agiografi, prima di lui, avevano profilato con dei ritratti a penna. Il testo che Tommaso dedica a Lutgarda è molto ricco di spunti d’indagine. L’analisi delle visioni della mistica, infatti, rivela un delicatissimo rapporto – talvolta molto stringente – fra parole e immagini. In questo libro vedremo innanzitutto il modo in cui Tommaso informa il suo prototipo di monaca, il suo specchio di donna pensato per le monache sì, ma pure per le tutte quelle religiose – come le beghine, le cellanae, le reclusae, le eremitesse – senza un’identità istituzionale precisa. Il testo deve rispondere a esigenze di veridicità, esso deve cioè convincere che la santa Lutgarda – mistica, profetessa, taumaturga – è realmente esistita. Per assolvere a questo compito il frate compie un’indagine, «intervista» una serie di testimoni fededegni; fra questi vi sono le consorelle di Lutgarda e una in particolare – Elisabetta de Wans – non solo rappresenta una straordinaria «teste», ma mostra pure di aver avuto esperienze mistiche molto simili a quelle di Lutgarda, diventando quindi una specie di doppio di lei.

      Come anni fa ha mostrato Chiara Frugoni, le mistiche medievali sembrano sublimare il proprio desiderio di vita coniugale nelle loro esperienze di indiamento1 e, parimenti, il desiderio di maternage poteva manifestarsi nella voglia di cullare Gesù Bambino, come ben si vede nel caso di santa Gertrude di Helfta. Dato che nei monasteri del Nord Europa di allora è documentata la presenza di culle portatili e di corredi infantili, proveremo a vedere come si declinava il culto di Gesù Bambino all’interno del monastero di Lutgarda, con un’analisi che prende le mosse dal rapporto testo-immagine, ma che si allarga anche all’analisi dei cerimoniali delle monache. Come abbiamo detto all’inizio, l’agiografia oggetto del nostro commento è un testo estremamente ricco di spunti di riflessione e questo anche per via dell’ibrido genere di appartenenza; esso sembra cioè rispondere non solo allo «schema» della biografia mistica, ma pure a quello del romanzo cortese e si vedrà via via su che livello i due generi si intersecano.

      L’agiografia – e non soltanto quella tardo-medievale – si configura dunque come un pensatissimo progetto «letterario» dalle finalità soteriologiche – e non solo – messo a punto nelle officine agiografiche dei vari Ordini religiosi, che sponsorizzano le proprie Sante per ragioni diverse, il che presuppone uno studio attento, un lavoro ricercatissimo da parte dei biografi, i quali «confezionano» le vitae delle religiose ricorrendo a dei motivi comuni, a dei tòpoi talvolta molto antichi, talaltra meno. L’analisi della Vita Lutgardis ha rivelato risvolti inattesi perché si può ragionevolmente pensare che essa sia una delle prime biografie in cui confluiscono alcuni fra i topòi più ricorrenti delle agio-biografie delle mistiche europee. Del resto quella di istituire dei confronti sistematici fra le mistiche italiane e quelle del Nord Europa, allo scopo di rinvenirvi dei punti di contatto, era una pista di indagine suggerita da Romana Guarnieri che si è voluta qui applicare, come mostreremo. «Sarebbe estremamente istruttivo» – affermava Romana Guarnieri più di vent’anni fa a proposito della mistica italiana Angela da Foligno – «compiere un raffronto serrato tra le esperienze – mistiche e paramistiche – tipiche di tutte queste donne estatiche e quelle corrispettive, narrate nel Liber di Angela da Foligno. Più fruttuoso ancora risulterebbe un raffronto sistematico tra le loro dottrine».2 Ad esempio il tema della maternità sublimata – come si vedrà – consente di raffrontare Lutgarda con le mistiche del monastero di Helfta, mentre il tema del sangue consente un «controllo incrociato» fra Lutgarda da un lato e santa Caterina da Siena dall’altro.

      Appuntando l’attenzione sulle mistiche più sensibili alle immagini e segnatamente all’iconografia, incontreremo in questo percorso una visionaria straordinaria cui abbiamo accennato: Angela da Foligno (1248-1309). Nel ricco ventaglio delle mistiche francescane, Angela da Foligno rappresenta un esempio mirabile e affatto singolare nella sua ricerca dell’Assoluto. Di grande interesse è il testo che la mistica detta a un frate francescano: il Memoriale. Si tratta di un testo estremamente complesso non soltanto per la fase di redazione – durante la quale Angela interviene continuamente e corregge il suo scriptor – ma anche per la storia della tradizione. L’analisi del Memoriale, in questo libro, è rivolta al rapporto del testo con l’iconografia della basilica di San Francesco di Assisi, ove Angela pellegrina. Le maestranze che avevano lavorato nella basilica inferiore di Assisi avevano affrescato le pareti rappresentando la Gerusalemme celeste, con la quale culminava tutto un ciclo di immagini pensate per i pellegrini. Ora, le immagini lì affrescate – è noto – non avevano, ai tempi di Angela, una funzione puramente decorativa, elogiativa e documentale; alla stregua di Biblia pauperum, esse stimolavano l’intelletto dei pellegrini in maniera da far assimilare le cose viste. Inoltre le rappresentazioni pittoriche non erano lì «da sole» perché altre dimensioni, quali la predicazione e la presenza di tituli abbinati agli affreschi si sovrapponevano alla «voce» delle immagini. Dato che Angela pellegrina e nella basilica inferiore e nella basilica superiore, la folignate – ci siamo chiesti noi – trasferisce nel suo Memoriale queste immagini? Se è sì, in che modo e con quali risultati? Angela sembra effettivamente assimilare i concetti rappresentati nella basilica a seguito di una catechesi che procede proprio per immagini. Inoltre la mistica è colpita da una vetrata della basilica superiore – la Vetrata degli angeli – i personaggi della quale si animano fino a determinare in lei una reazione particolarmente violenta, che ricorda la stessa teatralità di san Francesco:

      «Appena mi inginocchiai alla porta della chiesa e vidi san Francesco dipinto in braccio a Cristo, mi disse: “Ti abbraccerò così e molto di più di quanto si possa desiderare con gli occhi del corpo. […]”. […] poi si allontanò lentamente, indugiando. Fu allora, dopo la sua partenza, che incominciai a gemere a voce alta e a gridare. E senza nessuna vergogna davo gemiti e urli […]. E io gridavo che volevo morire […]».3

      Incentrata sulla dimensione miracolistica della protagonista piuttosto che su quella «teatrale» è l’agiografia di sant’Agnese da Montepulciano (1268?-1317),

Скачать книгу