Cantico di Natale (Illustrato). Charles Dickens

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Cantico di Natale (Illustrato) - Charles Dickens

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del suo palazzo, impartiva ordini ai suoi cinquanta cuochi e canovai perché si festeggiasse il Natale come s’addice alla casa di un lord Mayor. E perfino il sartuccio, da lui multato di cinque scellini il lunedì avanti per essere andato attorno ubriaco e assetato di sangue, si dava da fare nella sua soffitta per preparare il pranzetto del giorno appresso, mentre la moglie magrina con in collo la bimba andavano fuori a comprare il pezzo di carne che ci voleva.

      E cresceano la nebbia ed il freddo! Un freddo pungente, tagliente, mordente. Se il buon San Dustano, lasciando le solite sue armi, avesse un po’ carezzato il naso dello Spirito maligno con un tempo di quella fatta, è certo che lo avrebbe fatto strillare come un’aquila. Il proprietario di un miserabile nasetto, rosicchiato dal freddo famelico come un osso dai cani, si fermò davanti allo studio di Scrooge per allietarne l’inquilino con una canzonetta natalizia; ma alle prime parole:

      Dio vi tenga, o buon signore,

      Sano il corpo e allegro il core...

      Scrooge die’ di piglio alla riga con tanta furia che il cantore scappò atterrito, lasciando libera la porta alla nebbia e alla gelata, meglio adatte al luogo che il canto non fosse.

      Arrivò l’ora finalmente di chiudere il banco. A malincuore Scrooge smontò dal suo sgabello, dando così un tacito segno al commesso, il quale soffiò subito sulla candela e si pose il cappello.

      - Mi figuro - disse Scrooge - che la giornata di domani la vorrete tutta, eh?

      - Se vi piace, signore.

      - Non mi piace punto e non è giusto. Se vi risecassi per questo un mezza corona, scommetto che vi riterreste trattato male, non è così? -

      Il commesso sbozzò un debole sorriso.

      - Eppure - proseguì Scrooge - a voi non vi pare che io sia trattato male, quando sborso il salario di una giornata per niente. -

      Il commesso notò che si trattava di una volta all’anno.

      - Bella scusa per cacciar le mani nelle tasche d’un galantuomo ogni 25 di dicembre! - esclamò Scrooge abbottonandosi il pastrano fin sotto il mento. - Vada per tutta la giornata, poiché così ha da essere. E badate almeno a trovarvi qui più presto del solito doman l’altro! -

      Il commesso promise, e Scrooge se n’uscì grugnendo. Detto fatto, il banco fu chiuso, e il commesso, co’ capi del fazzoletto bianco che gli pendevano fin sotto al farsettino (pastrano non ne sfoggiava) se n’andò a fare una sdrucciolata sul ghiaccio dietro una brigata di monelli, in onore della vigilia di Natale, e poi diritto a casa a Camden Town per giuocare a mosca cieca.

      Scrooge fece il suo malinconico desinare nell’usata malinconica osteria. Dié una scorsa a tutti i giornali e si sprofondò nel suo squarcetto, ammazzò la serata e si avviò a casa per mettersi a letto. Abitava un quartiere, o meglio una sfilata di stanze, già un tempo proprietà del socio defunto, in un vecchio e bieco caseggiato che si nascondeva in fondo ad un chiassuolo. Davvero, quel caseggiato in quel posto non si sapeva che vi stesse a fare: si pensava, mal proprio grado, che da bambino, facendo a rimpietterelli con altre case, si fosse rincattucciato lì e non avesse più saputo venirne fuori. Oramai s’era fatto vecchio ed arcigno. Non ci abitava che Scrooge: tutte le altre stanze erano date via in fitto per studi di commercio. Era così buio il chiassuolo, che lo stesso Scrooge, pur conoscendolo pietra per pietra, vi brancolava.. La nebbia incombeva così spessa davanti alla porta scura della casa, da far credere che il Genio dell’inverno stesse lì a sedere sulla soglia, assorto in una lugubre meditazione.

      Ora, certo è che il picchiotto della porta, oltre ad essere massiccio, non aveva in sé niente di speciale. È anche certo che Scrooge, da che abitava lì, l’aveva visto mattina e sera; E lo stesso Scrooge, inoltre, era dotato di così temperata fantasia quanto alcun’altra persona nella City di Londra, compresi, con rispetto parlando, tutti i membri del corpo municipale. Si badi altresì a questo che Scrooge non aveva pensato un sol momento a Marley, dopo averne ricordato la morte, quel giorno stesso avvenuta sette anni addietro. E dopo di ciò, mi spieghi chi vuole come seguisse che Scrooge, ficcata che ebbe la chiave nella toppa, vide nel picchiotto, da un momento all’altro, non più un picchiotto, ma il viso di Marley.

      Il viso di Marley. Non avvolgevasi già, come ogni altra cosa intorno, nell’ombra fitta; anzi raggiava un certo bagliore livido come un gambero andato a male in un oscuro ripostiglio. Non era crucciato o feroce; fissava Scrooge come Marley soleva fare, e lo fissava con occhiali da spettro alzati sopra una fronte da spettro. I capelli sollevavansi stranamente quasi mossi da un soffio o da un’aria calda; gli occhi, benché sbarrati, erano immobili; la faccia livida. Una cosa orrenda: se non che l’orrore era estraneo all’espressione di quel viso e in certo modo gli era imposto.

      Scrooge si fermò e stette a guardare il fenomeno. Il picchiotto tornò ad esser picchiotto.

      Non si può dire ch’egli non trasalisse e che il sangue non gli desse un tuffo, come non gli era mai avvenuto. Nondimeno riafferrò la chiave, che aveva lasciato un momento, la girò con forza, entrò e accese la candela.

      Sì; prima di chiudere la porta, stette un po’ irresoluto, ed anzi si piegò cautamente a guardare dall’altra parte, quasi temesse di veder scodinzolare fino nella corte il codino di Marley. Ma niente c’era, altro che le capocchie delle viti che reggevano il picchiotto. "Via, via!" disse Scrooge, e sbatacchiò la porta.

      Rimbombò il rumore per tutta la casa come un tuono. Ogni stanza di sopra, ogni botte nella cantina del vinaio di sotto, echeggiò per suo conto. Scrooge non era uomo da aver paura degli echi. Menò il paletto alla porta, traversò la corte, prese a salir le scale a tutto suo comodo e smoccolando la candela.

      Voi mi parlerete di quelle brave gradinate d’una volta su per le quali ci si poteva andare con un tiro a sei; ma io vi so dire che per questa scalinata di Scrooge ci poteva anche salire un carro mortuario, portato di traverso, col timone verso il muro e lo sportello verso la ringhiera; e senza fatica, anche. Del posto ce n’era più del bisogno. E dovette essere per questo che Scrooge si figurò di vedersi davanti uno di cotesti carri che lo precedeva nel buio. Una mezza dozzina di fiammelle di gas non avrebbero bastato a far lume in quel forno; pensate dunque che bel chiarore notturno spandesse intorno la misera candela di Scrooge.

      Scrooge andava su, senza curarsene un fico secco: l’oscurità costa poco, e a Scrooge gli piaceva. Se non che, prima di tirarsi dietro la porta massiccia, visitò una per una tutte le stanze per vedere se ogni cosa era in regola. Può darsi che un certo ricordo confuso della faccia con gli occhiali lo spingesse a far questo.

      Salotto, camera, stanzone, tutto in ordine. Nessuno sotto la tavola, nessuno sotto il canapè; un fuocherello nel caminetto; pronti il cucchiaio e la tazza; il ramino con l’orzo sulla fornacetta (Scrooge aveva una infreddatura di testa). Nessuno sotto il letto; nessuno nel gabinetto; nessuno nella veste da camera, pendente dalla parete in attitudine sospetta. Lo stanzone come al solito: un vecchio parafuoco, un vecchio par di scarpe, due ceste da pesce, un lavamani a tre gambe e un par di molle.

      Rassicurato, tirò a sé la porta e si chiuse, contro il solito, a doppia mandata. Si tolse la cravatta, si cacciò nella veste da camera, nelle pantofole e nel berretto da notte; sedette davanti al fuoco per prendere il suo decotto.

      Era un fuoco meschino; meno di niente in una notte come quella. Dovette accostarvisi dappresso e quasi covarlo, prima di spremerne il menomo calore. Il caminetto decrepito era stato costruito tanti anni fa da qualche mercante olandese con intorno un ammattonato fiammingo tutto pieno de’ fatti della Storia Sacra. Ci erano de’ Caini e degli Abeli; figlie de’ Faraoni, regine di Saba, messi celesti calanti per l’aria sopra nuvole a foggia di piumini, Abrami, Baldassarri, Apostoli che salpavano in

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