Il processo Bartelloni. Jarro
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Il presidente fece un lieve movimento d’impazienza, ma uomo di tatto squisito, di educazione eletta, si rattenne.
– Lei auditore, – rispose con calma il presidente, gingillandosi con la catena dell’orologio, e mezzo rovesciato sulla spalliera della poltrona, – insiste tanto sulle prove materiali, mentre fa assoluta astrazione dall’origine, dalla sostanza del delitto…
Il più grande scoglio, – aggiunse il presidente – quando si tratta di scoprire un delitto misterioso, è un errore sul movente di esso… Se le prime ricerche prendono una falsa direzione, più uno si avventura in queste, più si allontana dal vero… Mi pare, scusi, che Lei segua un poco la strada che pur troppo è stata tenuta dagli attuarii nel formare il processo. Essi hanno dimenticato l’assioma: prius de re quam de reo inquirendum! Quanti innocenti, in casi consimili, sarebbero stati condannati, se il magistrato non si fosse elevato a considerazioni, che sono imprescindibili nel nostro ufficio, e si fosse fermato ai soli indizii, per quanto gravi?… Tutti loro conoscono ciò che ha detto uno dei nostri più grandi dottori sulla importanza delle prove congetturali: «Etiam si mille conjecturas Fiscus cumularet, tamen illae nihil prorsus efficerent non data… ascoltino bene… non data… probatione præcedenti in qua præsumptiones et adminicula fundari possint!....
– Bella dottrina! – interruppe con certo sdegno l’auditore Pantellini. – Dottrina da avvocato! E in fatti è roba del Farinaccio… Le prove necessarie alla convinzione legale abbondano negli atti del processo, per me ce n’è anche troppe. E la Rota.... mi par superfluo ricordarlo… deve giudicare secondo la convinzione legale, non già ingolfarsi in ipotesi scientifiche, morali…
Il presidente combattè anche questa obiezione.
La discussione divenne sempre più irritante.
– Va bene, – disse alla fine il presidente. – Veniamo ai voti. -
Succedette allora un grande silenzio.
Que’ giudici, tutti noti per la loro severità, alcuni proverbiali per il carattere bisbetico, per una certa ferocia nel condannare, vero spavento dei delinquenti e disperazione dei difensori, che sapevano bene come erano composti i turni; que’ giudici, gelosi della loro indipendenza, rigidissimi, alieni dalle facili indulgenze, si preparavano a dir alto la loro opinione.
– Al voto! al voto! – mormorava, tutto rubicondo l’auditore Pantellini girando attorno gli occhi, che dardeggiavano sotto le folte sopracciglia grigie.
Gli pareva di esser certo di aver guadagnato il Collegio, di averli tirati quasi tutti dalla sua.
Sul primo quesito in genere non ci furono negative.
Naturalmente nessuno degli auditori poteva pensare a negare che il pittore Gandi fosse stato ferito.
Al presidente tremava la voce, formulando il quesito in specie:
«È provato, che colui che produsse la ferita fu l’inquisito Nello Bartelloni?
Il magistrato era divenuto pallido.
Egli si trovava in una grande angoscia.
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