Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari

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Gli ultimi flibustieri - Emilio Salgari

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ritirò lentamente la lama, la cui punta si era arrossata contro la scapola dell’avversario e fece un gesto di malumore.

      – Troppo alto – disse. – Avrei dovuto attraversargli il cuore.

      In quel momento il preteso figlio del grande di Spagna, vinto dal dolore intenso causatogli da quel terribile colpo, rovinò al suolo, rimanendo inerte.

      – Morto? – chiese Buttafuoco.

      – Oh, no, – rispose Mendoza. – La ferita però deve essere dolorosissima.

      In quell’istante la porta della posada ed un uomo di alta statura, che rassomigliava stranamente a Buttafuoco, pure molto barbuto e molto abbronzato, comparve, portando in una mano una lanterna e nell’altra un lungo archibugio.

      – Che cosa succede qui, amici? – chiese, avvicinando premurosamente al bucaniere ed al filibustiere, il quale stava asciugando tranquillamente la punta della lama.

      – Non ne sappiamo piú di te, Wandoe, – rispose Buttafuoco. – Questo mascalzone ci ha provocati e Mendoza ha approfittato dell’occasione per dargli una buona lezione di scherma.

      – Non ci vedo chiaro in tutto questo, – rispose il proprietario della posada. – Questo furfante deve essere stato pagato dal marchese per assassinarvi. Vediamo un po’: ne conosco molti di questi sicari. Si avvicinò al ferito, il quale pareva che fosse svenuto e gli proiettò in pieno viso i raggi della lanterna.

      Ad un tratto un grido gli sfuggí e fece due o tre passi indietro, esclamando:

      – Ah!… Disgraziato!… Disgraziato!… L’avevo sospettato.

      – Che cosa? – chiesero ad una voce Mendoza e Buttafuoco.

      – Aiutatemi a portare a coperto quest’uomo, – rispose Wandoe. – Non bisogna lasciarlo morire.

      – Questi birbanti hanno la pelle dura e poi la sua ferita è piú dolorosa che pericolosa. Ah!… Se l’avessi côlto un po’ piú sotto, allora non risponderei piú di lui.

      I tre uomini sollevarono il ferito ed entrarono nella posada, arrestandosi in una vasta camera a pianterreno che era ancora illuminata, la quale conteneva solamente sei amache che in quel momento erano vuote.

      Il ferito fu sollevato con molte precauzioni e deposto su uno di quei comodi e freschi giacigli.

      Subito Mendoza, con una navaja datagli da Wandoe, gli tagliò la casacca, il giustacuore e la camicia e mise allo scoperto la ferita.

      – Niente di grave, – disse, arrestando con un fazzoletto il sangue che sgorgava in abbondanza.

      La fasciò alla meglio, aggiungendo:

      – Ci occuperemo poi meglio di quest’uomo. Spiegaci ora, Wandoe, il tuo sgomento che per noi è inesplicabile.

      “L’hai veduto altre volte questo avventuriero?”

      Wandoe, il quale aveva un viso assolutamente sconvolto, guardò il bucaniere ed il filibustiere quasi con terrore, poi chiese con voce strozzata:

      – Non ve l’ha condotta?

      – Chi? – domandarono ad un tempo Buttafuoco e Mendoza.

      – La señorita.

      – La señorita Ines di Ventimiglia?…

      – Sí!… Sí!… – balbettò Wandoe.

      – Tu sei impazzito? – gridò Buttafuoco. – Che cosa vuoi dire?

      – Non ho il coraggio di dirvelo. Ora comprendo che noi siamo stati giuocati.

      – Suvvia, – disse il bucaniere, il quale cominciava a perdere la pazienza. – Spiegati una buona volta.

      – Vi chiedo se ve l’ha condotta.

      – Ma chi?

      – La señorita di Ventimiglia, – ripeté Wandoe, con angoscia.

      – Quell’uomo lí è venuto oggi, dopo il mezzodí, con un biglietto firmato “Buttafuoco” con cui la si avvertiva di lasciare immediatamente la mia posada, essendo ormai stato scoperto il mio rifugio dal marchese di Montelimar.

      Buttafuoco e Mendoza, udendo quelle parole, erano rimasti come fulminati.

      – La señorita scomparsa!… – esclamò finalmente Buttafuoco, mentre Mendoza si strappava un ciuffo di capelli. – L’hai veduta tu questa lettera?

      – La señorita me l’ha fatta leggere, prima di decidersi a lasciare la mia posada.

      – Ah!… Cane d’un marchese!… – urlò Mendoza, con accento feroce. – Ce l’ha fatta!…

      – Dimmi, Wandoe, – disse Buttafuoco, il quale aveva riacquistato prontamente il suo sangue freddo. – La señorita non ha avuto alcun sospetto?

      – Nessuno, perché quel biglietto portava la tua firma e già sapeva che qualche cosa c’era in aria. Glielo avevi già detto tu che il marchese era ormai sulle vostre tracce.

      – A che ora ha lasciato la posada?

      – Verso le tre pomeridiane.

      – Ed è uscita con quell’uomo lí?

      – Si.

      – Ne sei ben certo?

      – Non posso ingannarmi, perché avevo già oggi osservato sul viso di quell’avventuriero una profonda cicatrice che pare prodotta da un colpo di draghinassa.

      – Mi stupisce però come la señorita non avesse intuito che si trattava d’un tradimento.

      – Nessuno poteva sapere in Panama che Buttafuoco era qui, – rispose Wandoe.

      – È vero anche questo. Che polizia ammirabile ha quel marchese! Ci ha portato un colpo mortale, tuttavia noi non siamo uomini da perderci di coraggio.

      “Occupati del ferito e curalo piú che puoi. Da lui sapremo dove ha condotto la contessina di Ventimiglia.

      “C’è il lume nel tuo gabinetto?”

      – Sí, amico.

      – Vieni Mendoza, – disse Buttafuoco.

      Aprirono una porta ed entrarono in una stanzina attigua, che serviva come di segreteria della posada, e come la prima camera era pure illuminata.

      Buttafuoco gettò via con dispetto il feltro ed il mantello e si sedette dinanzi ad un tavolo, prendendosi il capo fra le mani.

      Mendoza, che aveva scoperta sullo scrittoio una bottiglia, si era affrettato ad impadronirsene, per rimettersi meglio da tante emozioni passate.

      – Orsú, signor Buttafuoco, – disse il filibustiere empiendo due bicchieri. – Schiarite un po’ le idee con questo Porto, che Wandoe ha certamente serbato per noi. Verranno subito a galla come le sardine del

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