Il Corsaro Nero. Emilio Salgari
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Oltre a quei cibi, aveva scovato, in fondo ad un armadio, alcune bottiglie assai polverose, che portavano le marche dei migliori vini di Spagna: Xéres, Porto, Alicante e anche Madera.
– Signore, – disse Carmaux, colla sua piú bella voce, rivolgendosi verso il Corsaro, – mentre gli spagnuoli corrono dietro alle nostre ombre, date un colpo di dente a questo pesce, una tinca superba di lago, ed assaggiate questo pezzo d’anitra selvatica. Ho poi scoperto certe bottiglie che il nostro notaio teneva forse per le grandi occasioni, che vi metteranno un po’ di buon umore addosso. Ah! Si vede che l’amico era amante dei liquidi d’oltre Atlantico! Sentiremo se era di buon gusto.
– Grazie, – rispose il Corsaro, il quale però era ridiventato tetro.
Si sedette, ma fece poco onore al pasto. Era ritornato silenzioso e triste come già lo avevano quasi sempre visto i filibustieri. Assaggiò il pesce, bevette alcuni bicchieri, poi si alzò bruscamente, mettendosi a passeggiare per la stanza.
Il filibustiere invece non solo divorò il resto, ma vuotò anche un paio di bottiglie con grande disperazione del povero notaio, il quale non finiva di lagnarsi, vedendo consumare cosí presto quei vini che aveva fatto venire, con grandi spese, dalla lontana patria. Il marinaio però, messo di buon umore da quella bevuta, fu tanto gentile da offrirgliene un bicchiere, per fargli passare la paura provata e la rabbia che lo rodeva.
– Tuoni! – esclamò. – Non credevo che la notte dovesse passare cosí allegramente. Trovarsi fra due fuochi e colla minaccia di terminare la vita con una solida corda al collo, e finire invece in mezzo a queste deliziose bottiglie, non era cosa da sperarsi.
– Il pericolo non è però ancora passato, mio caro, – disse il Corsaro. – Chi ci assicura che domani gli spagnuoli, non avendoci piú trovati, non vengano a scovarci? Si sta bene qui, ma amerei meglio trovarmi a bordo della mia Folgore.
– Con voi io non ho alcun timore, mio capitano; voi solo valete cento uomini.
– Tu forse hai dimenticato che il Governatore di Maracaybo è una vecchia volpe e che tutto oserebbe pure di avermi in sua mano. Sai che fra me e lui si è impegnata una guerra a morte.
– Nessuno sa che voi siete qui.
– Si potrebbe sospettarlo e poi, hai dimenticato i biscaglini? Io credo che hanno saputo che l’uccisore di quello spaccone di conte era il fratello del povero Corsaro Rosso e del Verde.
– Forse avete ragione, signore. Credete che Morgan ci manderà dei soccorsi?
– Il luogotenente non è uomo da abbandonare il suo comandante nelle mani degli spagnuoli. È un audace, un valoroso e non sarei sorpreso se tentasse di forzare il passo, per far piovere sulla città una tempesta di palle.
– Sarebbe una pazzia che potrebbe pagare cara, signore.
– Eh!.. Quante non ne abbiamo commesse noi, e sempre o quasi sempre con esito fortunato.!
– Questo è vero.
Il Corsaro si sedette sorseggiando un bicchiere, poi si alzò e si diresse verso una finestra che s’apriva sul pianerottolo e che dominava l’intera viuzza. Si era messo in osservazione da una mezz’ora, quando Carmaux lo vide entrare precipitosamente nella stanza, dicendo:
– È sicuro il negro?
– È un uomo fidato, comandante.
– Incapace di tradirci?…
– Metterei una mano sul fuoco per lui.
– Egli è qui…
– L’avete veduto?
– Ronza nella viuzza.
– Bisogna farlo salire, comandante.
– E del cadavere di mio fratello, che cosa ne avrà fatto? – chiese il Corsaro, aggrottando la fronte.
– Quando sarà qui lo sapremo.
– Và a chiamarlo, ma sii prudente. Se ti scorgono non risponderei piú della nostra vita.
– Lasciate pensare a me, signore, – disse Carmaux, con un sorriso. – Vi domando solamente dieci minuti di tempo per diventare il notaio di Maracaybo.
CAPITOLO VI. LA SITUAZIONE DEI FILIBUSTIERI SI AGGRAVA
I dieci minuti non erano ancora trascorsi, quando Carmaux lasciava la casa del notaio per mettersi in cerca del negro che il Corsaro aveva veduto ronzare nella viuzza.
In quel brevissimo tempo, il bravo e coraggioso filibustiere si era cosí completamente trasformato, da diventare irriconoscibile. Con pochi colpi di forbice si era accorciata l’incolta barba ed i lunghi capelli arruffati, poi aveva indossato lestamente un costume spagnuolo che il notaio doveva aver serbato per le grandi occasioni e che gli si adattava benissimo, essendo entrambi della medesima statura.
Cosí vestito, il terribile scorridore del mare poteva passare per un tranquillo ed onesto borghese di Gibraltar, se non per il notaio stesso. Da uomo prudente però, nelle profonde e comodissime tasche, si era nascosto le pistole, non fidandosi nemmeno di quel costume.
Cosí trasformato, lasciò l’abitazione come un pacifico cittadino che va a respirare una boccata d’aria mattutina, guardando in alto per vedere se l’alba, già non lontana, si decideva a fugare le tenebre.
La viuzza era deserta, ma se il comandante aveva poco prima scorto il negro, questi non doveva essere andato molto lontano.
– In qualche luogo lo scoverò, – mormorò il filibustiere. – Se compare sacco di carbone s’è deciso a ritornare, vuol dire che dei gravi motivi gli hanno impedito di abbandonare Maracaybo. Che quel dannato di Wan Guld abbia saputo che è stato il Corsaro Nero a fare il colpo? Che sia proprio destino che i tre valorosi fratelli debbano cadere tutti nelle mani di quel sinistro vecchio?… Ma vivaddio!… Noi usciremo di qui per rendergli un giorno dente per dente, occhio per occhio, vita per vita!…
Cosí monologando era uscito dalla viuzza e si preparava a voltare l’angolo d’una casa, quando un soldato armato d’un archibugio e che erasi tenuto nascosto sotto l’arcata d’un portone, gli sbarrò improvvisamente il passo, dicendogli con voce minacciosa:
– Alto là!…
– Morte e dannazione! – brontolò Carmaux, cacciando una mano in tasca ed impugnando una delle pistole. – Ci siamo già!…
Poi assumendo l’aspetto d’un buon borghese, disse:
– Che cosa desiderate, signor soldato?
– Sapere chi siete.
– Come!… Non mi conoscete?… Io sono il notaio del quartiere, signor soldato.
– Scusate, sono giunto da poco a Maracaybo, signor notaio. Dove andate, si può saperlo?
– C’è