Il Corsaro Nero. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Il Corsaro Nero - Emilio Salgari страница 20
– Lo collocherai nel corridoio, dietro la porta e vi metterai una miccia.
– Lampi!… Faremo saltare la casa?
– Sí, se sarà necessario.
– Ed i prigionieri?
– Peggio per loro se i soldati vorranno prenderci. Noi abbiamo il diritto di difenderci e lo faremo senza esitare.
– Ah!… Eccoli… – esclamò Carmaux che teneva gli occhi fissi sulla viuzza.
– Chi?
– I soldati, comandante.
– Va’ a prendere il barile, poi verrai a raggiungermi assieme a Wan Stiller. Non dimenticare l’archibugio.
Alla estremità della viuzza era comparso un drappello di archibugieri comandati da un tenente e seguito da un codazzo di curiosi. Erano due dozzine di soldati, perfettamente equipaggiati come se si recassero alla guerra, con fucili, spade e misericordie alla cintura.
Accanto al tenente, il Corsaro scorse un vecchio signore, dalla barba bianca, armato di spada, e sospettò che fosse qualche parente del conte o del giovanotto. Il drappello si fece largo fra i borghesi che ingombravano la viuzza e fece alt a dieci passi dalla casa del notaio, disponendosi su una triplice linea e preparando i fucili come se dovessero aprire senz’altro il fuoco.
Il tenente osservò per alcuni istanti le finestre, scambiò alcune parole col vecchio che gli stava vicino, poi si avvicinò risolutamente alla porta e lasciò cadere il pesante martello, gridando:
– In nome del Governatore, aprite!…
– Siete pronti, miei prodi? – chiese il Corsaro.
– Siamo pronti, signore, – risposero Carmaux, Wan Stiller ed il negro.
– Voi rimarrete con me e tu, mio bravo africano, sali al piano superiore e guarda se puoi scoprire qualche abbaino che ci permetta di fuggire sui tetti.
Ciò detto aprí le imposte e curvandosi sul davanzale, chiese:
– Che cosa desiderate, signore?…
Il tenente vedendo comparire, in luogo del notaio, quell’uomo dai lineamenti arditi, con quell’ampio cappello nero adorno della lunga piuma nera, era rimasto immobile guardandolo con stupore.
– Chi siete voi? – gli chiese, dopo qualche istante. – Io domando del notaio.
– Per lui rispondo io, non potendo egli muoversi, per il momento.
– Allora apritemi: ordine del Governatore.
– E se io non volessi?
– In tal caso non risponderei delle conseguenze. Sono accadute delle cose assai strane in questa casa, mio gentiluomo, ed ho avuto l’ordine di sapere che cosa è avvenuto del Signor Pedro Conxevio, del suo servo, e di suo zio, il conte di Lerma.
– Se vi preme di saperlo, vi dirò che sono in questa casa vivi tutti, anzi di buon umore.
– Fateli scendere.
– È impossibile, signore, – rispose il Corsaro.
– Vi intimo di obbedire o farò sfasciare la porta.
– Fatelo, vi avverto però che dietro la porta ho fatto collocare un barilotto di polvere e che al primo vostro tentativo di forzarla, io darò fuoco alla miccia e farò saltare la casa assieme al notaio, al signor Conxevio al servo ed al conte di Lerma. Ora provatevi, se l’osate!…
Udendo quelle parole pronunciate con voce calma, fredda, recisa e con tono da non ammettere alcun dubbio sulla terribile minaccia, un fremito di terrore aveva scossi i soldati ed i curiosi che li avevano seguiti, anzi parecchi di questi si erano affrettati a prendere il largo, temendo che la casa fosse lí lí per saltare in aria. Perfino il tenente aveva fatto involontariamente alcuni passi indietro.
Il Corsaro era rimasto tranquillamente alla finestra come se fosse un semplice spettatore, non perdendo però di vista gli archibugi dei soldati mentre Carmaux e Wan Stiller, che si trovavano dietro di lui, spiavano le mosse dei vicini, i quali erano accorsi in massa sulle terrazze e sui poggiuoli.
– Ma chi siete voi? – chiese finalmente il tenente.
– Un uomo che non vuol essere disturbato da chicchessia, nemmeno dagli ufficiali del governatore, – rispose il Corsaro.
– Vi intimo di dirmi il vostro nome.
– A me non garba affatto.
– Vi costringerò.
– Ed io farò saltare la casa.
– Ma voi siete pazzo.
– Quanto lo siete voi.
– Ah! Insultate?
– Niente affatto, signor mio, rispondo.
– Finitela!… Lo scherzo è durato troppo.
– Lo volete? Ehi, Carmaux… Và a mettere fuoco al barile di polvere!…
CAPITOLO VIII. UNA FUGA PRODIGIOSA
Udendo quel comando un immenso urlo di terrore si era alzato non solo fra la folla dei curiosi, ma anche fra i soldati. Soprattutto i vicini e non a torto, poiché saltando la casa del notaio sarebbero di certo crollate anche quelle occupate da loro, urlavano a squarciagola, come già si sentissero mandare in aria dallo scoppio.
Borghesi e soldati si erano affrettati a sgombrare mettendosi in salvo all’estremità della viuzza, mentre i vicini si precipitavano all’impazzata giú dalle scale, cercando di portare con loro almeno gli oggetti piú preziosi. Tutti ormai erano certi che quell’uomo, qualche pazzo secondo alcuni, dovesse davvero mettere in esecuzione la terribile minaccia.
Solo il tenente era rimasto coraggiosamente al suo posto, ma dagli sguardi ansiosi che lanciava verso la casa, si poteva comprendere che se fosse stato solo, o non avesse avuti quei galloni di comandante, non si sarebbe di certo fermato colà.
– No!… Fermatevi, signore!… – aveva gridato. – Siete pazzo?
– Desiderate qualche cosa? – gli chiese il Corsaro, colla sua solita voce tranquilla.
– Vi dico di non mettere in esecuzione il vostro triste progetto.
– Volentieri, purché mi lasciate tranquillo.
– Lasciate in libertà il conte di Lerma e gli altri e vi prometto di non seccarvi.
– Lo farei volentieri se voleste accettare prima le mie condizioni.
– Quali sarebbero?
– Di fare ritirare le truppe, innanzi tutto.
– Poi?
– Procurare, a me ed ai miei compagni, un salvacondotto firmato dal Governatore, per poter