Il Corsaro Nero. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Il Corsaro Nero - Emilio Salgari страница 21
– Allora non vi necessita alcun salvacondotto per lasciare la città.
– Al contrario.
– Ma allora voi avete qualche delitto sulla coscienza. Ditemi il vostro nome, signore.
In quell’istante un uomo che portava attorno al capo una pezzuola macchiata in piú luoghi di sangue e che si avanzava penosamente, come se avesse una gamba storpiata, giunse presso il tenente.
Carmaux, che si teneva sempre dietro il Corsaro, spiando i soldati, lo vide ed un grido gli sfuggí.
– Lampi!… – esclamò.
– Che cos’hai, mio bravo? – chiese il Corsaro volgendosi vivamente.
– Noi stiamo per venire traditi, comandante. Quell’uomo è uno dei biscaglini che ci hanno assaliti colle navaje.
– Ah!… – fece il Corsaro, alzando le spalle.
Il biscaglino, poiché era proprio uno di quelli che avevano assistito al duello della taverna e che poi avevano aggredito i filibustieri coi loro smisurati coltelli, si volse verso il tenente, dicendogli:
– Voi volete sapere chi è quel gentiluomo dal feltro nero, è vero?
– Sí, – rispose il tenente. – Lo conosci tu?
– Carrai!… È stato uno dei suoi uomini che mi ha conciato in questo modo. Signor tenente, badate che non vi sfugga!… Egli è uno dei filibustieri!…
Un urlo, ma questa volta non piú di spavento, bensí di furore, scoppiò da tutte le parti, seguito da uno sparo e da un grido di dolore. Carmaux, ad un cenno del Corsaro, aveva alzato rapidamente il moschettone, e con una palla ben aggiustata aveva abbattuto il biscaglino.
Era troppo!… Venti archibugi si alzarono verso la finestra occupata dal Corsaro, mentre la folla urlava a squarciagola:
– Accoppate quelle canaglie!…
– No, prendeteli ed appiccateli sulla plaza.
– Arrostiteli vivi!…
– A morte!… A morte!…
Il tenente con un rapido gesto aveva fatto abbassare i fucili, e spintosi sotto la finestra, disse al Corsaro, che non si era mosso dal suo posto, come se tutte quelle minacce non lo riguardassero:
– Mio gentiluomo, la commedia è finita: arrendetevi!
Il Corsaro rispose con un’alzata di spalle.
– Mi avete capito? – gridò il tenente, rosso di collera.
– Perfettamente, signore.
– Arrendetevi o farò abbattere la porta.
– Fatelo, – rispose freddamente il Corsaro. – Vi avverto solo che il barile di polvere è pronto e che farò saltare la casa assieme ai prigionieri.
– Ma salterete anche voi!
– Bah!… Morire in mezzo al rimbombo delle fumanti rovine è da preferirsi alla morte ignominiosa, che voi mi fareste subire dopo la mia resa.
– Vi prometto salva la vita.
– Delle vostre promesse non so che cosa farne, poiché so che cosa valgono. Signore, sono le sei pomeridiane ed io non ho ancora fatta colazione. Mentre decidete sul da farsi, andrò a mangiare un boccone assieme al conte di Lerma ed a suo nipote e faremo il possibile per vuotare un bicchiere alla sua salute, se la casa non salterà in aria prima.
Ciò detto il Corsaro si levò il cappello, salutandolo con perfetta cortesia e rientrò lasciando il tenente, i soldati e la folla piú stupiti e piú imbarazzati che mai.
– Venite, miei bravi, – disse il Corsaro a Carmaux e a Wan Stiller. – Credo che avremo il tempo necessario per scambiare due chiacchiere.
– E quei soldati? – chiese Carmaux, che non era meno stupito degli spagnuoli per il sangue freddo e l’audacia, assolutamente fenomenali del comandante.
– Lasciamoli gridare se lo vogliono.
– Andiamo a fare la cena della morte adunque, mio capitano.
– Bah!… L’ultima nostra ora è piú lontana di quello che tu credi, – rispose il Corsaro. – Aspetta che calino le tenebre e tu vedrai quel barilotto di polvere fare dei miracoli.
Entrò nella stanza senza spiegarsi di piú, andò a tagliare le corde che imprigionavano il conte di Lerma ed il giovanotto e li invitò a sedersi al desco improvvisato, dicendo loro:
– Tenetemi compagnia, conte, ed anche voi, giovanotto; conto però sulla vostra parola di nulla tentare contro di noi.
– Sarebbe impossibile intraprendere qualche cosa, cavaliere, – rispose il conte sorridendo. – Mio nipote è inerme e poi so ormai quanto sia pericolosa la vostra spada. E cosí, che cosa fanno i miei compatrioti?… Ho udito un baccano assordante.
– Per ora si limitano ad assediarci.
– Mi rincresce dirvelo, ma temo, cavaliere, che finiranno coll’abbattere la porta.
– Io credo il contrario, conte.
– Allora vi assedieranno e presto o tardi vi costringeranno alla resa. Vivaddio! Vi assicuro che mi dispiacerebbe di vedere un uomo cosí valoroso ed amabile come siete voi, nelle mani del Governatore. Quell’uomo non perdona ai filibustieri.
– Wan Guld non mi avrà. È necessario che io viva per saldare un vecchio conto che ho da regolare con quel fiammingo.
– Lo conoscete?
– L’ho conosciuto per mia sventura, – disse il Corsaro, con un sospiro. – E stato un uomo fatale per la mia famiglia e se sono diventato filibustiere lo devo a lui. Orsú, non parliamo piú di ciò; tutte le volte che penso a lui io mi sento il sangue saturarsi d’odio implacabile, e divento triste come un funerale. Bevete, conte. Carmaux, che cosa fanno gli spagnuoli?
– Stanno confabulando tra di loro, comandante, – rispose il filibustiere che tornava allora dalla finestra. – Pare che non sappiano decidersi ad assalirci.
– Lo faranno piú tardi, ma forse noi allora non saremo piú qui. Veglia sempre il negro?
– È sul solaio.
– Wan Stiller, porta da bere a quell’uomo.
Ciò detto il Corsaro parve s’immergesse in profondi pensieri, pur continuando a mangiare. Era diventato piú triste che mai, e preoccupato, tanto da non udire nemmeno piú le parole che gli rivolgeva il conte.
La cena terminò in silenzio, senza che venisse interrotta. Pareva che i soldati, malgrado la loro rabbia ed il vivissimo desiderio che avevano di appiccare e di bruciare vivi i filibustieri, non sapessero prendere alcuna decisione. Non già che difettassero di coraggio, anzi, tutt’altro, o che paventassero lo scoppio del barile, poco importava loro